Crisci, le inserzioni a pagamento e la Fattoria degli Animali (di Raffaele Perrelli)

Un po’ di auguri anche per me

di Raffaele Perrelli

Il magnifico rettore ha provveduto a fare gli auguri alla comunità accademica per la fine dell’anno. Ma non proprio a tutta: colpisce, infatti, che anche in una circostanza di questo tipo, per sua stessa natura ecumenica, il rettore abbia voluto introdurre all’inizio della sua concione augurale un riferimento astioso a chi non condivide il suo governo dell’università (“Viviamo in periodi e contesti difficili e penalizzanti, sarebbe inutile nasconderlo, ai quali, negli ultimi mesi, si sono aggiunte tensioni create da una minoranza di docenti, che talvolta,  hanno reso difficile lavorare in un clima sereno” – e sorvoliamo sull’uso, che appare del tutto casuale, dei segni di interpunzione). Devo dunque ritenermi escluso dall’eventuale beneficio augurale? Me ne farò una ragione, conosco lo stile dell’uomo e mai come in questo caso mi sento di dire che “lo stile è l’uomo”.

Ma due elementi trovo molto gravi e la loro gravità mi spinge a violare il silenzio influenzale in cui sono rinchiuso.

Ho il sospetto che la stessa lettera sia già uscita su uno o più quotidiani come inserzione a pagamento. Mi auguro (gli auguri ritornano) che non sia così. Usare il denaro dell’università per lanciare messaggi  a difesa del proprio operato (e soprattutto per attaccare i propri avversari politici) sarebbe ancor più grave degli auguri a tutti meno qualcuno.

Il secondo elemento è più personale. Una delle prime cose che insegno ai pochissimi tesisti che non lo sappiano è che “po’ ” è l’apocope (o troncamento) di “poco” e che come tale è segnalata dall’apostrofo. Dunque, giammai “pò ” ma sempre e solo “po’ ”. Del resto, anche il correttore automatico si accorge dell’errore. È una nozione da scuola elementare (che oggi si chiama primaria), non richiede studi ulteriori. Sopporto stoicamente l’idea di essere escluso dal moto augurale del magnifico rettore, mentre mi sento ben più turbato al pensiero che il rettore della nostra università mandi in giro un messaggio rivolto a tutta la comunità – peraltro in una circostanza cui le nostre consuetudini assegnano una scontata solennità –  e che nel testo della mail di accompagnamento si legga “spero che vogliate dedicare un pò di tempo”, proprio così. E meno male che il magnifico rettore ha appena nominato un portavoce.

In conclusione, e la faccio finita, di molte cifre ci riempie il rettore per dimostrarci che siamo felici e che le cose vanno bene e sempre meglio andranno. Mi viene in mente, e con questo vi saluto, un personaggio della Fattoria degli animali di George Orwell, Clarinetto.

“Durante tutto quell’anno gli animali lavorarono ancor più duramente di quanto avessero fatto in quello trascorso. Ricostruire il mulino, con muri due volte più spessi di prima e finirlo per la data fissata, oltre che svolgere tutto il regolare lavoro della fattoria, era una fatica tremenda. Sembrava agli animali talvolta che le ore di lavoro fossero aumentate e il nutrimento diminuito […]. Nelle mattine della domenica, Clarinetto, tenendo spiegata fra le zampe una lunga striscia di carta, leggeva loro una lista di cifre che provava come la produzione di ogni genere di cibarie fosse cresciuta del 200 per cento, del 300 per cento o del 500 per cento a seconda dei casi. Gli animali non vedevano ragione per non crederci […]. A ogni modo vi erano giorni nei quali avrebbero desiderato meno cifre e più cibo”.