CROTONE – “Un magma indigesto che mostra come questa terra abbia un deficit di legalità gravissimo anche in quei gruppi di professionisti che dovrebbero stare dalla parte della legalità”. Sono parole dure quelle pronunciate dal Procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia, nel commentare l’operazione Ikaros con la quale mercoledì 17 febbraio sono state notificate 24 ordinanze di misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Crotone, Romina Rizzo, per il reato di associazione per favoreggiamento alla permanenza illecita di immigrati in Italia con l’aggravante della transnazionalità. Un’operazione che oltre ad un nutrito gruppo di stranieri, coinvolge diversi professionisti di Crotone finiti ai domiciliari: due poliziotti, un vigile urbano ed un dipendente della Prefettura di Crotone. “La legalità – ha aggiunto il procuratore Capoccia – non è una fiaccolata. Qui bisogna ciascun gruppo che esprime legalità faccia una profonda riflessione. Questa operazione, comunque, dimostra che lo Stato ha gli anticorpi per reagire”. L’indagine Ikaros è stata coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Rho che ha spiegato: “Il motore delle due associazioni era il denaro. I numeri sono importanti. Si parla di diverse migliaia di euro a pratica. I capi di imputazione sono 209 e le persone indagate 90. In pratica queste due associazioni, che avevano dei punti in comune, fungevano da agenzie di servizi illeciti per creare documenti falsi atti per permettere di far ottenere i permessi di soggiorno e far restare in Italia persone che non ne avevano diritto”.
L’operazione Ikaros, che ha coinvolto un arco temporale che va dal 2017 al 2020 ed è partita da una segnalazione interna della Questura di Crotone, è stata condotta dalla II sezione della Squadra Mobile guidata dal vice questore Nicola Lelario. “Abbiamo fotografato quello che si può definire il sistema Crotone – ha spiegato il dirigente della Mobile, Nicola Lelario -. La nomea di Crotone era che qui si ottenevano facilmente i permessi di soggiorno. Le due associazioni organizzavano tutto: dalla falsificazione dei documenti ai viaggi in Italia per fare il colloquio. Abbiamo appurato che ci sono stati esborsi di denaro ai poliziotti per accelerare le pratiche. Quando abbiamo fermato diverse persone che avevano ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in modo illegale queste ci hanno rinunciato”.
In pratica, è stato spiegato durante la conferenza stampa, gli stranieri, alcuni dei quali lavoravano come mediatori culturali presso gli uffici di Questura e Prefettura, avrebbero svolto il ruolo di procacciatori che proponevano a loro concittadini in Iraq – in gran parte professionisti di vari settori – di ottenere i visti a fini meramente strumentali per evitare ogni volta che dovevano venire in Europa le lungaggini burocratiche; poi attraverso gli avvocati facevano preparare documenti anche se i soggetti che richiedevano il permesso si trovavano nei loro Paesi di origine. Quindi sarebbero intervenuti i poliziotti per gestire le pratiche facendole passare senza controlli; il vigile urbano, invece, secondo la Procura, avrebbe attestato la residenza mentre alla commissione territoriale il dipendente della prefettura faceva in modo di agevolare le richieste. Non sono emerse situazioni che facciano pensare che i permessi di controllo fossero richieste per altre finalità come quelle legate al terrorismo. Fonte: Il Crotonese