Crotone. Omicidio Parretta, ergastolo confermato per Gerace anche nel processo di Appello

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La Corte di Assise di Appello di Catanzaro ha confermato la condanna all’ergastolo per Salvatore Gerace, 60 anni, ritenendolo colpevole per l’omicidio di Giuseppe Parretta avvenuto il 13 gennaio 2018. Un fatto che sconvolse la città dove Giuseppe, studente del liceo artistico, era molto conosciuto.

La sentenza è stata letta dal presidente della Corte di Assise di Appello, Fabrizio Cosentino venerdì 19 novembre. Un omicidio efferato che, anche secondo i giudici della Corte di assise di Appello, è stato compiuto con l’aggravante della premeditazione come aveva già stabilito la condanna di primo grado emessa il 5 dicembre 2020.

Parretta è stato ucciso per futili motivi con tre colpi di pistola mentre si trovava all’interno della sede dell’associazione Libere Donne presieduta dalla mamma, Caterina Villirillo, ubicata nel centro storico di Crotone. L’assassino, pluripregiudicato, era ossessionato dall’idea che Giuseppe Parretta spiasse i suoi traffici per riferirne poi a fantomatici individui che avrebbero voluto assassinarlo. Per questo il 13 gennaio del 2018, dopo aver visto dalla sua abitazione arrivare il giovane alla guida di una moto, pensando che il mezzo fosse stato acquistato con i soldi che Giuseppe aveva avuto per averlo spiato, Gerace è entrato nella sede di Libere Donne ed ha sparato prima ferendo il ragazzo e poi dandogli il colpo di grazia mentre era a terra. Gerace venne arrestato nell’immediatezza dagli agenti della squadra Mobile che lo trovarono all’interno della sua abitazione che si trova accanto al luogo del delitto.

Come è emerso nel processo ai poliziotti che gli dicevano di non muoversi avrebbe risposto: “Sono calmissimo. Ho già fatto quello che dovevo fare”. Una frase che secondo le motivazioni della sentenza di primo grado emessa Corte di Assise conferma la premeditazione dell’omicidio. Fondamentale per incastrare Gerace è stato il lavoro di indagine della Squadra Mobile coordinata dall’allora sostituto procuratore della Repubblica, Alfredo Manca che ha permesso di raccogliere prove inoppugnabili.