Giacomo Mancini e gli anni Novanta: luci e ombre

Ieri la città di Cosenza ha tributato il suo ennesimo omaggio a Giacomo Mancini, unico e ultimo sindaco di tutti i cosentini, nel ventennale della sua scomparsa. Vent’anni nel corso dei quali la città dei Bruzi è sprofondata nella melma tra la ex “pupilla” di Mancini – Eva Catizone – sedotta, abbandonata e “scaricata” da uno dei politici più corrotti d’Italia – Nicola Adamo -, 5 anni di nulla con lo stesso Adamo “travestito” da Perugini al ponte di comando, 10 anni di mafia e sfregi continui alla città con alla guida un truffatore conclamato e prescritto come Mario Occhiuto e oggi il ritorno di Adamo ma stavolta “travestito” da Franz Caruso, noto esponente della peggiore massoneria cosentina. Ma torniamo a Giacomo Mancini e a quegli anni Novanta, che pur tra le loro luci e ombre, restano l’ultimo periodo “felice” della nostra povera città. 

L’Altra Cosenza non era solo il Centro Sociale Autogestito Gramna (https://www.iacchite.blog/il-centro-sociale-gramna/). C’era stata Alta Tensione, dal 1990 Radio Ciroma, l’emittente comunitaria ispirata da Franco Piperno, ma anche luoghi di accoglienza per migranti ed emarginati, come la Mensa dei Poveri di Padre Fedele Bisceglia alla quale gli ultrà aderirono entusiasticamente animandola e gestendola, libri, riviste, idee e poi il centro sociale Filo Rosso all’Unical.

Il tifo calcistico e le Curve dello Stadio San Vito poi erano un valore aggregante che teneva unito l’avanzare di un movimento che aveva contagiato tutta la città.

Una sana mescolanza mette in relazione mondi diversi. E’ l’idea giusta. Qualcosa che segnerà profondamente l’identità culturale della città. Lo stare insieme produce politica. Conoscere parole nuove, diventa sinonimo di libertà. Nasce il vocabolario della libertà. La politica è il sangue che ti scorre nelle vene. E la verità diventa un risveglio mortale. Formi le tue convinzioni, e come nella fase dell’innamoramento, non hai occhi che per lei. E gli amori politici si moltiplicano. Ognuno costruisce il suo mondo ideale. E la politica diventa anche scontro. Contrapposizione anche fisica. Tesi, analisi, previsioni, anticipazioni sociali, producono un proliferare di discussioni, che rendono unica Cosenza, nell’intero mezzogiorno.

Il primo incontro con il “ras” dell’epoca, l’ormai vecchio Giacomo Mancini, che aveva conquistato Cosenza nel 1993 andando oltre i partiti, non solo procede nella stessa direzione ma segna tappe forse altrettanto importanti. Nascono le cooperative sociali, la Casa delle Culture, le ludoteche, la Città e la Biblioteca dei Ragazzi, il Dopolavoro Ferroviario. Nasce il Festival delle Invasioni, al quale sono legati memorabili esempi di integrazione e aggregazione.

Le cooperative sociali sprigionano un vento totalmente nuovo. C’è l’aspetto legato all’emergenza dei ragazzi “difficili” ma c’è soprattutto quello dell’esplosione delle realtà del movimento cosentino.

Partono alla grande gli anni Novanta. Sono ormai alle spalle gli anni di “malavita e palluni”. Cresce sempre più un laboratorio politico, che attraverserà, tutti gli anni Novanta, con alti e bassi, e che ci porterà diritti a Genova.

La città conosce un’altra informazione. Si delinea da subito un sentimento palese di denuncia. Radio Ciroma, le fanzine, i cortei, la musica, il teatro, la creatività l’estemporaneità, diventano linguaggio diffuso, recepito, condiviso, vivono nella città. E l’arte di quei ragazzi, la loro genialità, la voglia di verità, che li rende unici. Un nuovo giornalismo scuote una sonnacchiosa editoria locale, fatta di cronaca, e veline della questura. Si formano competenze, conoscenza, saperi.

Si rompe finalmente il monopolio della Gazzetta del Sud. E i nuovi editori sono alla ricerca di brave penne. E quei ragazzi, da sempre impegnati, sono la miglior risorsa della città. Nel campo dell’inchiesta, della denuncia, della cultura, non si battono. E l’occasione diventa lavoro. Alcuni definiranno quegli anni il “rinascimento cosentino”.

Ma le riunioni di redazione non sono assemblee di movimento. E la notizia tradita diventa oggetto di scontro. In molti leggono questo come un tradimento.

Il lavoro prima di tutto. La necessità di un reddito smorza gli angoli, lima le punte. Ma vi chiediamo, sapendo di essere criticati: si può esprimere un giudizio di valore su questo? Pensiamo proprio di no. Ad una condizione però: avere l’onestà intellettuale di non nascondersi dietro la legittimità di cambiare idea.

Accettare consapevolmente il compromesso lavorativo, al quale, purtroppo, nessuno sfugge. Nessuno può accusare nessuno di derive su questo. Adeguarsi non vuol dire necessariamente assoggettarsi. Ma l’equilibrio diventa d’obbligo. Tant’è, che all’interno delle affollate redazioni, scoppiano i primi conflitti. Amicizie lunghe una vita si spezzano e la rotativa dell’ingiuria, dell’odio, del rancore non si ferma più.

Va in crisi anche l’anima più pura del movimento, quella delle assemblee.

(… In tutto ciò che fai, in ogni azione politica, bisogna sempre avere la capacità di distinguere tra rigidità e rigore… Prospero Gallinari)

Purtroppo, dopo una decina d’anni, la forza propulsiva del movimento si era arenata, “spaccata” in due anche dallo stesso Mancini, che comunque lo temeva, neutralizzandolo con la sua proverbiale affabulazione.

Il colpo di grazia invece arriva da magistratura e forze dell’ordine, che hanno lasciato tranquilli e impuniti i veri cancri della città e hanno perseguito i militanti del movimento oltre ogni possibile logica di buonsenso.

Il decennio di gestione manciniana (1993-2002) è stato certamente di rinascimento per la tradizione culturale della città ma presenta molti lati negativi. Si è dato il via libera a una vergognosa speculazione edilizia e sono state realizzate solo illusorie operazioni di facciata per il centro storico e i quartieri popolari.

Cosenza si dibatte (in un mare di debiti) dopo essere stata per 10 lunghi e interminabili anni in mano a un sindaco, tale Mario Occhiuto, che è stato lasciato libero di lucrare sulla pelle dei cittadini per riparare la sua disastrosa situazione finanziaria. Oggi Cosenza vive in un degrado imbarazzante e non vede, al momento, nessuna via d’uscita.

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