Droni e robot, così Leonardo sale in cattedra 

Strettamente connesso all’articolo relativo alla seconda vita di Marco Minniti con Leonardo e gli investimenti in armamenti, c’è questa disamina sulle proteste universitarie.

LA SECONDA VITA (ARMATA) DI MINNITI (https://www.iacchite.blog/la-seconda-vita-armata-di-marco-minniti/)

LA DIFESA NELLE UNIVERSITÀ – Il mestiere delle armi. Il colosso partecipato dal Mef nel 2023 ha investito 2,2 miliardi di euro in ricerca e sviluppo. Stretti accordi con decine di atenei: studenti e docenti protestano.

Droni e robot, così Leonardo sale in cattedra 

di Vincenzo Bisbiglia

Fonte: Il Fatto Quotidiano

C’è un numero, contenuto nel documento di bilancio integrato 2023 di Leonardo, che più di tutti aiuta a raccontare quanto l’industria a destinazione bellica abbia ormai permeato l’università, non solo italiana. Alla voce “modello di business”, infatti, viene indicato che l’ex Finmeccanica ha investito ben 2,2 miliardi di euro nel settore “ricerca e sviluppo” e “ingegneria di prodotto” in collaborazione “con 90 università e centri di ricerca nel mondo”. La società italiana, partecipata al 30% dal ministero dell’Economia e Finanze, non dichiara quanti di questi soldi siano stati investiti sul territorio nazionale. Ma i Paesi che in questo senso Leonardo ritiene “domestici” sono essenzialmente quattro: l’Italia ovviamente, ma anche la Polonia, il Regno Unito e gli Stati Uniti. E quando c’è da elencare gli stakeholder esterni, università e centri di ricerca contribuiscono per il 12%. Un filo diretto e sempre più strutturato che unisce Leonardo e il mondo accademico, per una società che a bilancio dichiara che il 75% del proprio fatturato dipende dal settore Difesa, riferendosi in gran parte (82%) a clienti governativi. “L’obiettivo dell’azienda è diventare un driver dell’innovazione, attraverso la creazione di un ecosistema incentrato sulla ricerca per lo sviluppo prodotto e sulla ricerca tecnologica”, si legge.

I collettivi studenteschi, spalleggiati da un nutrito gruppo di docenti e ricercatori, in questi giorni stanno protestando contro la progressiva “militarizzazione dell’università”, anche alla luce degli effetti sulle guerre in atto, su tutte l’operazione militare di Israele nella Striscia di Gaza, avviata l’8 ottobre scorso – in seguito agli attentati di Hamas sul territorio israeliano – e che secondo l’Onu ha prodotto fin qui oltre 30 mila vittime. E proprio la presenza di Leonardo in Israele si è concretizzata due anni fa con la nascita della società Drs Rada Technologies, specializzata in radar per la difesa a corto raggio e anti-droni, creata dopo l’acquisto di Rada Electronic Industries.

Quella dei droni è una delle tecnologie su cui Leonardo coinvolge di più le giovani menti. Prendiamo il drone contest, una sorta di gara tra università italiane creato “al fine di realizzare dei sistemi drone autonomi con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale”. Il secondo ciclo triennale coinvolge i politecnici di Torino, Milano e Bari, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, la Sant’Anna di Pisa, Tor Vergata di Roma e la Federico II di Napoli. L’obiettivo? Creare “un ecosistema capace di mettere in connessione grandi imprese, mondo della ricerca e della formazione, Pmi e start-up”. È il cosiddetto dual use (“duplice impiego”) di questi progetti ad alimentare il dibattito etico nel mondo universitario. Una galassia cui Leonardo punta moltissimo. Solo relativamente alle borse di dottorato, ad esempio, nel 2023 la società partecipata dal Mef ha assegnato 32 borse con 17 diversi atenei italiani su tematiche quali I.A., Robotica e Digital Technologies. Il numero totale degli assegni attualmente attivi supera le 150 unità e riguardano 30 atenei italiani e 16 del Regno Unito.

C’è poi la Fondazione Med-Or, la costola di Leonardo – presieduta dall’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti – nata “con l’obiettivo di promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica” – che nel corso del 2023 ha finanziato 346 borse di studio per studenti provenienti dai paesi partner di Africa e Medio Oriente.

Tra i principali partner accademici di Leonardo va sicuramente annoverato il Politecnico di Torino. Il libro del professor Michele Lancione, Università e Militarizzazione (Eris, 2023) cita alcuni casi tra cui il master in Operational excellence management, “pensato e gestito con Leonardo – scrive il docente e autore – in cui quest’ultima si prende l’impegno di assumere gli studenti come apprendisti già da ‘prima dell’inizio delle lezioni del master’”. E anche con Leonardo parte attiva, il Politecnico ha avviato i lavori per la realizzazione della Città dell’Aerospazio a Torino “un grande progetto di riqualificazione urbana e industriale, interamente dedicato al mondo dell’Aeronautica e dello Spazio, che coinvolgerà i maggiori player del settore”. “Leonardo a Torino piano piano, è diventato quello che era la Fiat in passato. Un partner industriale di riferimento a cui ci si lega sempre di più”, ha commentato Lancione in una recente intervista rilasciata ad Altreconomia.

Un po’ tutti i più importanti atenei italiani, pubblici e privati, collaborano attivamente con il colosso. E su vari fronti. Accordi quadro sono stati sottoscritti nel 2023 con Napoli, Bologna, Milano, Torino, Roma (Sapienza) e Genova. Federico II, Verona e Sant’Anna di Pisa partecipano a un progetto relativo al “trasferimento tecnologico della Robotica in Italia”. La Sapienza e il Cnr sono attivi insieme a Leonardo e alla Marina Militare nella realizzazione del Rapporto dedicato alla “dimensione subacquea”. In generale, i dipendenti di Leonardo nel 2023 hanno tenuto oltre 2 mila ore di docenza in università e scuole italiane, dando vita a laboratori sulla transizione digitale alle università Bocconi di Milano, a Trento e a Firenze, oppure creando corsi come all’Università di Genova, dove è stato realizzato il Leonardo-UniGe Cybersecurity Scholarship Program dove chi partecipa viene “addestrato” a temi di cyberdefence.

Leonardo non è ovviamente l’unico operatore impegnato nell’industria bellica a finanziare il mondo universitario. Basti pensare che il ministero della Difesa, nel suo “Piano nazionale della ricerca militare” ha investito 34,7 milioni di euro nel “Piano nazionale di Ricerca” gestito dal ministero dell’Istruzione. Parliamo del 25% in più, secondo il sito della Difesa, rispetto al 2004: ben 220 in progetti tecnologici “il cui sviluppo è considerato prioritario per assicurare una presenza nazionale qualificata nell’ambito dei futuri programmi di armamento”.

La tenuta dell’Università italiana dunque dipende dalla ricerca in campo militare? Un’indagine di Greenpeace aveva accertato che su 66 atenei intercettati solo dieci avevano dichiarato di non aver sottoscritto accordi con la galassia Difesa.