Ecologia Oggi e i diktat del dirigente

E’ da tempo che si sente dire in giro che negli uffici di Ecologia Oggi vige una sorta di dittatura.

Chi non si adegua a forme e formule, anche contro lo statuto dei lavoratori, finisce nel registro nero dell’impresa.

E’ il caso di Franco Porco. Un ragazzo conosciuto da tutti in città per la sua simpatia e l’essere sempre a disposizione dei cittadini durante le sue ore di lavoro, e non solo. Lavoro che svolge con coscienza e dedizione, già da oltre 15 anni.

Il suo compito è quello di tenere ordinata e pulita la zona che di volta in volta l’impresa gli assegna: il che consiste nello spazzamento di vie e marciapiedi.

Ma veniamo al fatto. Per un increscioso evento, Francesco si trova, suo malgrado, invischiato in una storia, dove, chissà per quale motivo, un suo conoscente lo accusa ingiustamente di essersi appropriato di ciò che non era suo. Un qualcosa che ad un prima valutazione, ad opera dei magistrati, risulta essere un’accusa del tutto farlocca. Tant’è che Francesco risulta essere del tutto estraneo da tale evento “criminoso”.

Ma nonostante ciò, l’azienda decide arbitrariamente di sospenderlo dalle mansioni lavorative, per quasi due anni. Provvedimento al quale Francesco si oppose, adducendo giuste motivazioni contro l’enormità dell’atto prodotto dall’azienda. E, dopo vari gradi di giudizio, il tribunale di Catanzaro reintegra nel ruolo e nelle mansioni Francesco, non ravvisando nessun illecito da lui prodotto. Ed ordina all’azienda oltre che il pagamento delle spese giudiziarie anche la ricollocazione lavorativa di Francesco. Pare tutto finito. Ma non è così.

Il ritorno al lavoro è per Francesco come ritornare alla vita. Chi vive del proprio lavoro sa comprenderne l’importanza. Ma purtroppo per lui, il suo ritorno non è ben visto dall’azienda che pensava di essersi liberato di lui per far posto, evidentemente, a qualcun altro che stava a cuore a qualche dirigente dell’azienda.

Inizia così su di lui una sorta di mobbing continuo: turni impossibili, spostamenti tutti i giorni, e altre cose del genere. Che Francesco, che ama il suo lavoro, prende con filosofia, senza lamentarsi. Ma alle angherie non c’è mai fine.

Così, convinti di non riuscire a indebolirlo sotto il profilo psicologico, decidono a distanza di un anno dal suo reintegro di ricorrere avverso la sentenza di riassunzione. Oltre al danno la beffa. Non solo le angherie, ma ora sulla testa di Francesco pende un bel provvedimento di licenziamento. Semmai la richiesta dovesse essere accolta dalla corte di Cassazione dove l’azienda è ricorsa. Roba da matti.

Invece di incentivare chi lavora con coscienza e impegno, si perde tempo ad inseguire e perseguitare chi non si adegua ai diktat di qualche dirigente che forse, più che il lavoro, ha a cuore altre cose.