Faida Regione-Calabria Verde: l’affare elicotteri e quegli strani viaggi a Napoli

Finalmente stanno cominciando ad uscire fuori, sia attraverso i media di regime sia attraverso i tam-tam. più o meno “segreti” degli addetti ai lavori, i verbali degli interrogatori dell’ex direttore generale di Calabria Verde Paolo Furgiuele, alias ‘O Principale, arrestato, rilasciato e recentemente destinatario di un maxisequestro beni. Ma quello che sta uscendo fuori è soltanto una minima parte della posta in gioco. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

La faida tra Regione e Calabria Verde è arrivata al suo punto più alto sul finire del 2015. Politici e dirigenti corrotti, prima perfettamente d’accordo sui loro “traffici”, hanno evidentemente avuto motivi gravi di contrasto e dal mese di giugno 2015 in poi si è aperta una guerra senza quartiere che ha portato all’apertura di una serie di inchieste.

Calabria Verde si è rivolta all’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione mentre la Regione, vistasi smascherata, ha “chiamato” la Guardia di Finanza e la procura di Catanzaro. Uno scenario assurdo, nel quale le due parti sostengono chiaramente tesi diametralmente contrapposte. Verrebbe da dire che sono colpevoli tutti ma bisogna necessariamente azionare anche il cervello e cercare di capire le fasi che hanno scatenato questa incredibile faida.

E’ da aprile 2015 che gli equilibri tra Regione e Calabria Verde vanno definitivamente a farsi benedire. In palio c’è un mega appalto da 32 milioni. E’ la gara d’appalto per l’acquisto con fondi comunitari (Por Fesr 2007/2013) di automezzi speciali e attrezzature per l’antincendio boschivo, da destinare alla Protezione Civile.

Calabria Verde è stazione appaltante, vale a dire l’ente che deve gestire la selezione per l’affidamento dell’appalto di, ripetiamo, 32 milioni. Con la sostanziale differenza (rispetto, per esempio, alla gara della depurazione cosentina) che questa volta la Regione non fa da arbitro a una faida tra fazioni di partito. E’ infatti coinvolta e impelagata fino al collo. Perché “spinge” per le sue aziende di riferimento, tra le quali quella del napoletano Luigi Matacena. 

Ma cerchiamo di capire che cosa è successo di così grave. Ad aprile 2015 ci sono da assegnare una serie di appalti, diciamo così, propedeutici al grande appalto. E su questi, a quanto pare, ci sarebbe stata l’adesione massima da parte della Giunta Oliverio.

Si trattava di acquisti di elicotteri per le funzioni istituzionali (Calabria Verde, come abbiamo già visto, tra le sue funzioni e i suoi servizi ha anche la gestione della lotta agli incendi). Questi appalti vengono aggiudicati a una grossa azienda, la Elimediterranea, e ormai anche su di essa, grazie a una serie di segnalazioni e denunce, la Dda di Catanzaro – come ha dimostrato oggi – ha capito cosa è accaduto. E’ chiaro che, in questo caso, gli esposti sono arrivati direttamente da Calabria Verde e, poichè gli organi di informazione di regime “coprono” sistematicamente le malefatte dei politici, non trovano spazio, neanche a livello di indiscrezioni, sui fogli e sulle televisioni gestiti indirettamente dalla politica corrotta.

Diversi viaggi sarebbero stati effettuati a Napoli dal direttore generale di Calabria Verde, il partenopeo Paolo Furgiuele, nominato da Trematerra all’epoca della Giunta Scopelliti e confermatissimo da Oliverio il trasversale. 

Furgiuele sarebbe stato accompagnato da un elemento di primissimo piano della Giunta regionale, che peraltro ne avrebbe addirittura approfittato per acquistare uno stock di capi di abbigliamento nel capoluogo campano. Siamo davanti ad una denuncia molto grave e sulla quale bisogna andare con i piedi di piombo ma è naturale che chi ha spifferato i fatti alla Dda di Catanzaro abbia fornito molti e delicati particolari.

Probabilmente è stata proprio questa inchiesta a far scattare all’interno della Giunta Oliverio il convincimento che bisognava affossare il management di Calabria Verde. 

Tradotto in soldoni: la Regione, per dimostrare la sua lontananza dal management di Calabria Verde, rompe gli indugi, denuncia i dirigenti dell’ente strumentale che ha sostituito l’Afor e rinuncia definitivamente al mega appalto da 32 milioni di euro.

Morale della favola: l’Autorità Anti Corruzione e la Dda si sono trovate davanti materiale “esplosivo” e hanno iniziato a gestirlo. Ormai i tempi sono maturi per arrivare a chiudere il cerchio di questa storia, i cui risvolti potrebbero essere clamorosi e determinare la chiusura di una legislatura che somiglia sempre di più a quella di Scopelliti. A buon intenditor, poche parole. Ne vedremo (ancora) delle belle.