Feltri, cappone sarai tu (di Enza Sirianni)

di Enza Sirianni

Le farneticazioni di Feltri nella trasmissione “Fuori dal coro” di Mario Giordano, hanno fatto indignare molti meridionali e non, suscitando reazioni varie, anche scherzose che circolano sui social.

Ma la domanda che mi faccio è questa: vi è ancora gente che in tale spaventosa tragedia, la sera ha la forza di mettersi a guardare un programma di sedicente denuncia sociale, declinata a urla stridule, smorfie facciali, primi piani da The Mask, carambole da circo ? Evidentemente sì, se tanto è stato il clamore sollevatosi da uno spettacolino di infimo livello in cui il gioco, in nome dell’audience, è scoperto. Lo stile di bassa demagogia è corrispondente ad una scelta editoriale affatto disinteressata, trattandosi di messa in onda sulla rete di un padrone con nome e cognome, nel cui libro paga stanno sia il conduttore che l’ospite.

Nel caso dell’invito a Feltri, gazzettiere sussidiato per altro dalle casse pubbliche, era quello di fare parlare a ruota libera un vecchio signore che, a ben vedere,  batte e ribatte su argomenti cari ai leghisti, fondati sul pregiudizio antimeridionale. Chi pensa che in costoro siano scomparse tracce di una presunta superiorità rispetto al resto d’Italia, dimentica due cose : in primis che la fortuna di questo partito è stata costruita individuando un nemico preciso, identificato con il centralismo romano predatorio e con l’assistenzialismo a favore delle spregevoli popolazioni meridionali ( come dimenticare i raduni rituali a Pian del Re per celebrare il dio Po, con folle travestite da guerrieri bicorni e slogan razzisti ?); in secundis che le persone non cambiano, attenendoci alla semplice osservazione che questa è una legge di natura.

Perché i leghisti sarebbero dovuti cambiare ? Sono uomini, anche se, sotto l’aspetto culturale non fanno nulla per non apparire barbari, ma pur sempre appartenenti all’umana specie. Sono convinti, arciconvinti che loro sono la locomotiva del paese, che ci mantengono visto che ,da Roma in giù, saremmo colonie di parassiti battifiacca. Ne sono così persuasi che si sono allargati a reclamare l’autonomia  regionale differenziata, progettino maturato grazie ad un governo di centrosinistra, D’Alema per l’esattezza, che nel 2001 modificò il titolo V della Costituzione. Che tra i governatori della “separazione” ci sia il Bonaccini dell’Emilia-Romagna, Pd, non stupisce affatto, se mai conferma che più che di trasversalità, in questo paese di trasformismo spinto e di depoliticizzazione endemica, sarebbe opportuno parlare di un unico guazzetto neoliberale in cui stanno bene tutti, fingendo contrapposizioni per il pubblico mazziato e pagante. Sulla questione, vi è un’autorevolissima letteratura che spiega le insidie e i pericoli nascosti nella scalata all’autonomia, per ora arenatasi nelle secche delle liti interne al Palazzo e dell’inusitato ciclone del covid 19.

Tornando alle castronerie sparate dal direttore di Libero, non perderei più altro tempo controbattendo con le solite argomentazioni di un sud ricco di storia, di cultura, di cervelli, di eccellenze. Nè ricorrerei ai primati del Regno delle Due Sicilie, aggredito violentemente dal Re Galantuomo (nella vita ci vuole fortuna!), e mantinente saccheggiato, messo a ferro e a fuoco, derubato finanche dei bulloni delle sue infrastrutture. Anche perché dovremmo chiederci come fu possibile cadere dalla padella (la monarchia dei Borbone non era il meglio possibile)  alla brace in un decennio circa, giacché gli ultimi echi del brigantaggio politico postunitario si spensero intorno al 1869. La risposta ci costringerebbe a guardare alla classe dei nostri maggiorenti di allora, venduti e saltafosso che per rafforzare le  loro posizioni nel nuovo Regno, stesero il tappeto ai conquistadores. Per essere onesti e obiettivi fino in fondo, occorrerebbe che andassimo più avanti negli anni per capire le forme della depauperazione del sud che non è stata opera solo del piemontismo, né dei successivi governi fino ad arrivare ad oggi. Un contributo decisivo è stato dato indubbiamente dai politici autoctoni, molto attivi a sperperare, a vanificare, a insaccare per sè e le loro cerchie. Andrei cauta anche riguardo ad un moto di fierezza di noi meridionali che non solo siamo incapaci di liberarci dai nostri oppressori indigeni, ma per sommo autolesionismo, in discreto numero, votiamo Lega. Quella Lega per cui simpatizza apertamente il Vittorio Feltri e che è alleata alla Meloni patriota a parole, nei fatti a braccetto con i secessionisti.

Il progetto di frantumare il paese, ad un’analisi più attenta, non è estraneo a quello della frantumazione europea. Lo “spirito guida” è il medesimo: uno spietato darwinismo social-nazionale. Nella sua piena realizzazione futura è da ipotizzare come una sorta di quarto Reich, con un gruppo di paesi o macroregioni del centro e nord Europa sotto l’egida tedesca. L’arrivo della pandemia da Covid ha offerto il piccone della demolizione ai servi dell’ordoliberismo, infiltratosi dalla Germania e ormai radicatosi nel continente. I vertici dell’Eurogruppo e del Consiglio di Europa, svoltisi in videoconferenza per affrontare la tremenda crisi economica , si sono risolti, per il momento, in rinvii, in vaghi accordi, apparenti svolte verso una  solidarietà assolutamente inesistente, subordinando ogni decisione alla fredda ragioneria dei trattati inamovibili dell’architettura Ue (fatti passare e votati dai nostri politici)  e alla preponderanza tedesca. Che non fa  sconti. Si pensi al fatto che il 5 maggio prossimo la  Corte costituzionale tedesca  dovrà esprimersi sulla conformità del Quantitative Easing della Bce, perchè, a differenza degli altri paesi, la Germania si è blindata con una serie di sentenze per impedire qualsiasi forma di mutualizzazione del debito e del rischio di credito. E’ probabile che la Corte si pronunci in forza della ragione calcolante, non certo per altruismo, onde evitare di precipitare la rottura, in questa fase delicatissima, dell’area euro.

Il pragmatismo teutonico si è portato molto avanti mentre qui in Italia si subiva, si ci piegava alle letterine firmate Draghi e, nel 2011 si scopriva lo spread, giochino in mano agli “investitori” che ha arricchito, non è un mistero, quasi esclusivamente le casse dello stato a guida Merkel. Anno horribilis il 2011, quando fu lampante che non possedevamo alcuna sovranità con l’arrivo del governo tecnico di Monti,dei cui colpi di maglio allo stato sociale rechiamo ancora i segni. Le tonsure alla Sanità le avevamo sperimentate da comuni cittadini, l’emergenza Covid ce le ha sbattute in faccia con i numeri impressionanti delle vittime, concentrate maggiormente proprio nelle regioni “ricche” ,”superiori” alla Feltri, con una corrispondenza direttamente proporzionale tra le risorse elargite dallo stato e le scandalose ruberie. Sul caso Lombardia ai tempi del coronavirus, molte parole sono state già spese e altre ne seguiranno dopo la conclusione delle inchieste della magistratura. Agli italiani attoniti, la pietà per i vecchi, gli scartati nelle Rsa e per tutte le alte vittime. Altro che goduria per odio ! Omnia mala malis, con un’ azzardata parafrasi del motto latino “omnia munda mundis”.

Quale lo scenario futuro per il nostro paese ? Indebitamento a tempo indefinito che comporterà tagli feroci e tasse insostenibili. Noi prostrati, messi in ginocchio, caduti e non aiutati a rialzarci, soccomberemo. O semplicemente non pagheremo più per fine dell’euro che, comunque, non sarà indolore.

Questo modesto mio intervento, mi scuso fin d’ora per la sua riduttività rispetto alla vastità e complessità di una crisi che è un mostro a più teste, vorrei concluderlo con una immagine manzoniana nota a tutti.

Prima una domanda al Feltri “Le sembra il caso, a meno che non sia uno già passato al nemico, attizzare stupidissime liti mentre stiamo per finire in pentola ?”

So già che non mi risponderà. Allora  mi permetta : cappone sarai tu ! Noi, i meridionali, gli italiani che ancora amano il loro paese, dalle Alpi a Lampedusa, non ci abbassiamo a queste zuffe da gallinacei. Se mai, con coraggio e unità più che mai, ci prepariamo a darci una mano e a resistere. Viva il 25 Aprile !