Gentile, Bruno Bossio e Magorno cacciati dal loro stesso “sistema” (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

La gente festeggia la mancata elezione dei suoi padroni. La gente festeggia, ma poteva e potrebbe scendere in strada. Già la gente… dov’era prima? Chi sono questi che festeggiano ora? Ma soprattutto. Davvero c’è da festeggiare? Qualcosa è cambiato in queste ultime tornate elettorali che hanno visto sfaldarsi blocchi di voti che sembravano inscalfibili, ma non è tutta libertà quella che ora ride e urla. Gentile, Bruno Bossio, Magorno. Cognomi che hanno sempre fatto rima baciata con potere. Parole che più che nomi hanno significato nomine e posti alle leve di comando. Non più persone ma grovigli di nervi e interessi, coacervo di conoscenze e amicizie. Tutti e tre fuori. Cacciati da chi? Da nessuno. Cacciati da loro stessi e dal sistema che hanno contribuito a creare. Non certo cacciati dai cittadini. Nemmeno da quelli che ora festeggiano. Certo, se si festeggia manco fosse caduto il dittatore di turno evidentemente un problema c’è. In democrazia se l’avversario perde la cosa finisce là, non dovrebbero esserci coriandoli e champagne.

Si sono sfaldati i pacchetti di voti che sempre uguali identici li hanno accompagnati nelle rispettive carriere? Evidentemente, sì. A Diamante Magorno raccatta qualche voto nelle campagne e due o tre famiglie in centro. Gentile vede molto corroso il blocco di migliaia di voti che hanno accompagnato sempre questo cognome alle varie tornate. Per la Bruno Bossio… beh lei perde seggio e vocale perché al suo posto entra Bossi…

E quindi è fatta? D’improvviso i calabresi hanno votato liberamente e hanno avuto un colpo d’orgoglio? Magari! Non è una spiegazione che basta. Non da sola, almeno. Se non altro perché i volti ai comizi di Gentile, sono gli stessi che c’erano a quelli di Occhiuto e tutto lo stuolo scopellitiano è vivo e vegeto. La Meloni non è la novità, sono già frutti marci che conosciamo bene. Sia i suoi che i loro interessi che affondano nella storia berlusconiana.

Primo fattore. Il combinato di taglio dei parlamentari e legge elettorale. I collegi sono divenuti molto più esclusivi: numero di collegi simili, per un numero molto minore di persone. Occorreva combattere sullo stesso campo dei propri compari, le truppe cammellate dei vari territori (sindaci, professionisti, giornalisti) hanno sudato per essere a più comizi, cene e incontri contemporaneamente e cercare di dividere qua e là quei voti. La legge elettorale che esclude le preferenze – quindi anche fatica inutile dato che è impossibile anche contarsi i voti per capire chi sono i più fedeli – e blocca i nomi decisi dai capi partiti ha fatto il resto. Che ovviamente hanno preferito i nomi nazionali. E così quello stesso sistema che li ha esaltati e di cui hanno goduto li mette da parte. È la storia triste delle parabole politiche: puoi sfruttare solo se accetti e sai che in qualsiasi momento potrai ricevere lo stesso trattamento che riservi agli altri. Non c’è bisogno di ricorrere alla tragedia dantesca, basta fermarsi alla farsa della cronaca.

Secondo fattore. Il reddito di cittadinanza. Inutile nascondere che oltre ai furbetti (fisiologici), una grossa fetta di persone in forte difficoltà ha avuto una boccata d’ossigeno. Ormai da anni decine e decine di istituti indipendenti confermano l’importanza rivestita dal reddito in fasce di popolazione a rischio povertà. Quindi, a rischio ricatto. Il reddito permette di dire no a imprenditori rapaci e incapaci che offrono 500 euro al mese, ma anche a chi chiede il voto in cambio di una spesa, di un contratto a tre mesi e altre note nefandezze. Per qualcuno, incredibilmente, è una cosa negativa o una marchetta al M5s. Chi scrive, il M5s non l’ha mai votato soprattutto visti i tanti lati oscuri di quello calabrese, si tratta solo di onestà intellettuale. Nessuna marchetta, è solo dimostrazione che per fiaccare seriamente la masso-mafia più di inchieste e scandali è necessaria dignità: salario minimo, occupazione, tutele legali e controlli.

Poi, certamente, nei festeggiamenti c’è chi fino a ieri era in fila e si faceva lo shampoo con la bava e, visto il proprio beniamino in difficoltà, pronta toglie le tende e si fa vedere festosa per segnare la lontananza e ricostruire la verginità per il prossimo. Ma pazienza, queste creature ci sono sempre.

Se queste parabole sono al tramonto, non vuol dire che lo è il sistema. Come ha spesso dimostrato la storia il sistema fa in fretta a sostituire, cambiare e buttare in un angolo come uno straccio usato chi non serve più. In un mondo di utilizzatori, si è anche tutti utilizzati e utilizzabili. Soprattutto: spazi che si liberano per congiunture storiche e incastri sono spazi fragili. Gli spazi duraturi sono quelli che si conquistano a fatica, rimettendoci, occupando strade e piazze e di questi fenomeni alle nostre latitudini non se ne vedono spesso. Festeggiano una vittoria che non si sono conquistati e che quindi, in caso difficoltà, non hanno problemi a riperdere. Si può però ficcarsi dentro in questi spazi che si aprono prima che vengano sostituiti, appunto. Dare sostegno alle alternative o costruirne di credibili. E a onor del vero con vari spiriti e con le dovute differenze, dalle realtà che da sempre animano il centro di Cosenza (La Base, Prendocasa ecc.) ad alcune nuove sorte sulla costa o nell’entroterra di recente, ci sono spunti (Il Colpo a Paola, Le Lampare sullo Ionio, i Punti Luce).

Bisogna collegarsi e presidiare. Se non fosse una parola entrata rapidamente fuori moda, bisognerebbe dire: occorre resistere.