Cassano. Vacanza al Monte: ma quanto mi costi? (di Pasquale Cersosimo)

Vacanza al Monte: ma quanto mi costi?

La vacanza al monte di Cassano è sempre stata una “vacanza economica”, ma quest’anno ho come l’impressione che costerà cara ai cittadini cassanesi. E vediamo il perché.

Nel mondo animale, dove vige la legge del più forte, tutti devono adeguarsi alla volontà del capo: se poco poco provi a fare di testa tua, sei subito fuori dal branco. Cosa che non accade nel mondo umano, dove il confronto sta da sempre alla base del vivere civile.

O non dovrebbe accadere, a meno che non stai parlando con persone che non hanno mai conosciuto il confronto, non si sono mai civilizzate.

Potrebbe sembrare un pezzo animato dal rancore, ma non è così. Se così fosse stato, mi sarei messo alla ricerca di delibere, messaggi e affermazioni varie pur di mostrare e provare le mie tesi.

Ma è un articolo di giornale e deve creare dibattito, deve limitarsi a raccontare i fatti, cosi come sono andati, così come li ha visti lo scrittore.

Nel mondo delle persone civili esiste il dialogo, dove le opinioni altrui si rispettano e questo dialogo deve portare la gente a crescere, a migliorarsi, a riflettere. Deve generare positività non di certo malignità e pettegolezzo. È questo il senso del giornalismo e del dialogo civile.

Una buona pratica di vita che molto probabilmente non interessa a chi, un paio di anni fa, mi invitò ad una riunione in una lussuosa villa del monte di Cassano, per riprendere insieme ad un gruppo di persone quanto detto in un’altra riunione svolta un paio d’anni prima al Parco del Monte.

L’idea era ben chiara: creare un’associazione capace di rappresentare e difendere le esigenze dei residenti di questo quartiere ma anche capace di promuovere le sue ricchezze, in primis il patrimonio eno gastronomico, mai valorizzato.

Anche se, già da quella prima riunione c’era chi parlava di “gestione del parco” ed “allontanamento” di alcune famiglie storicamente residenti al monte.

Ma la voglia di fare era cosi forte che non si è data retta a certe cose ed il gruppo si è consolidato sempre più anche se, ad animare il desiderio di molti, non erano più gli scopi originari ma la voglia di metter piede nel Parco, con l’unico obiettivo di fare feste e festini.

C’è stato persino qualcuno che ha parlato di rispetto, ma ha solo parlato per criticare, senza portare nessun contributo valido all’associazione, se non la solita, finta paternale finalizzata a crearsi un’immagine sulle spalle d’altri, con la classica logica del caprio espiatorio.

Cosi, la neo nata associazione del monte, ha iniziato a circolare nei meandri dell’amministrazione pubblica, dove ci sono gli amici, quelli a cui andare a chiedere il piacere. Come se un’associazione deve chiedere piaceri agli amici e non diritti alle istituzioni.

Interminabili le riunioni, o meglio, i monologhi di chi ha capito tutto della vita.

Se provavi a parlare per dire la tua, venivi interrotto subito perché si doveva parlare solo di puttagnuse e vissinelli.

Non solo: mi è stata persino negata la possibilità di coordinare un dibattito proposto ed ideato da me. La mia presenza al tavolo sarebbe stata troppo pesante per certe persone che non avrebbero potuto osannare i politici intervenuti come desideravano. Non a caso, la riunione prese un’altra piega, anziché parlare delle prospettive del monte si parlò delle imminenti elezioni regionali e la passerella fu così imbarazzante che già allora in molti presero le distanze dalla nascente associazione.

Passa un anno, si torna al monte e torna forte la voglia di friggere nel parco.

Ma non c’è luce, non c’è mai stata la luce in questo parco, da circa quarant’anni. E mai a nessuna amministrazione comunale è mai interessato metterci mani. Pertanto il problema dell’Associazione diventa: dobbiamo trovare qualche amico che ci metta una lampadina.

Normalmente le associazioni fanno una richiesta formale, in forma scritta, elaborano progetti, proposte. Cercano canali di finanziamento. Le associazioni nostrane invece chiamano gli amici: ma mintis na luc adu mont pi ppiacìr? Cum jè jè!”.

 

E se tutto ciò avviene in campagna elettorale, è probabile che la lampadina richiesta possa trasformarsi in pali, tanti pali, nonostante la crisi energetica in atto.

Ma non solo: in virtù della campagna elettorale appena citata, quei pali potrebbero far parte del panem et circenses per tutti, non importano quanto ci costano tutte questi pali di luce, questi giochi e questi spettacoli, l’importante è che gli amici poi trovino la sedia bella pronta, il palcoscenico tutto per loro e possibilmente, una schiera di persone pronti ad applaudirli e votarli.

Non a caso, dalla sera alla mattina, il Municipio trova fondi per far istallare dei pali orrendi (più che un parco di collina sembra uno svincolo autostradale), dei giochi per nulla confortevoli (il bambino che va sull’altalena resta fermo a circa un metro d’altezza), dei bagni chimici, quelli usati dai muratori nei cantieri per intenderci.

E non accetta nemmeno che ci sia qualche giovane che si auto organizza senza chieder nulla al municipio: una semplice foto in cui si vedono dei ragazzi che si sono costruiti una rete da pallavolo, diventa un caso politico, con tanto di richiesta di articolo di smentita da far uscire su tutti i giornali, a difesa dell’amministrazione e con ammissione di colpa che bisogna fare a forza, per ottenere quanto richiesto.

Una non associazione, un ibrido, qualcosa tra il satellite di qualche amministratore pubblico ed un comitato di amici, devoti al pettegolezzo ed incapaci di capire che in democrazia esiste il confronto ed un comitato direttivo non è la camera dei fasci né tantomeno una cupola che gestisce e comanda il sistema.

Più che un’associazione, un comitato gestito da un gruppetto d’amici, un’allegra combriccola con scarse possibilità di crescita e di programmazione. Il tutto condito da una sottocultura arretrata, chiusa e fortemente preda del pregiudizio. Per non parlare del pettegolezzo, vera anima dell’Associazione.

Se volevi proporre qualcosa di nuovo, di alternativo, dovevi sopportare l’idea che saresti stato criticato a priori da chi ancora giudica la gente per un’appartenenza politica, preda com’è dei soliti luoghi comuni. Pertanto le mie proposte, soprattutto quelle artistiche, erano quelle che venivano dal mondo dei centri sociali, dei drogati, dei deviati e quindi non dovevano essere prese in considerazione, visto e considerato che le uniche proposte che bisognava accettare erano quelle delle persone giudiziose, alla loro maniera.

Per mesi si è parlato della stagione estiva, senza concludere nulla. Arriva l’estate anzi, arriva agosto, e nel Parco del Monte vedi il niente.

Poi, ad un tratto, a campagna elettorale iniziata, dopo i lampioni e i giochi, arriva la notizia di un evento: nientepopodimeno che lo spettacolo di Enzo Salvi, il comico sballone che ha fatto del “Mamma mia comme sto” il suo tormentone. Roba di qualità, non i soliti drogati dei centri sociali.

E tutti in fila ad applaudire il Sindaco e l’assessore, tutti ossequiosi verso quell’amministrazione comunale che finalmente porta il cantante al monte. Scusate, volevo dire il cabaret.

Ma io non ci sto, e dico la mia.

Non accetto che al monte vengano eseguiti lavori in economia dalla sera alla mattina a ridosso delle elezioni ma soprattutto non accetto che al monte si organizzino spettacoli di bassa qualità, giusto per accontentare gli elettori che da anni vivono in isolamento su questa collina.

E non accetto che il mio Comune generi un’altra spesa improvvisa, tenuto conto delle difficoltà finanziarie dell’ente, ma anche memore di un dissesto finanziario, che fortunatamente è storia passata, ma che ha compromesso, e di non poco, il futuro della mia generazione.

Esce un mio articolo su questa testata ( www.iacchite.blog/cassano-je-ppu-mont-di-pasquale-cersosimo/ ) dove ai lavori in economia chiedo uno sviluppo sul modello Civita e si scatena il putiferio: dal Municipio iniziano a partire le telefonate, gente del direttivo si imbarazza (molto probabilmente è la prima volta che leggono il giornale), altri arrossiscono, adesso non sanno cosa dire agli amici a cui sono andati a chiedere il piacere.

Il pensiero di una singola persona pertanto diventa il motivo per mettere in difficoltà chi ancora crede che bastino delle luci e dei giochi per parlare di sviluppo.

Ma soprattutto, diventa un pugno nello stomaco a chi, senza pensarci, ha solo chiesto interventi del municipio: la verità fa male e la consapevolezza di essere i favoreggiatori di una spesa pubblica, innervosisce e di non poco chi ha scambiato il comune ed i politici per qualche ente di beneficenza, dove basta chiedere per ottenere.

Nel mio articolo parlavo di spese in economia, sbagliandomi.

Perché spulciando le determine sull’albo pretorio, ho poi scoperto che tutta questa economia non c’è stata.

Anzi: scopro ad esempio che al monte per una ventina di giorni da capogiro il Comune ha speso circa ventimila euro tra cabarettisti, luci, giochi e bagni.

Scopri che a portare gli spettacoli a somme di capogiro non sono state le agenzie artistiche ma altre associazioni.

E scopri che l’associazione che avrebbe dovuto tutelare il Monte invece “è lieta e ringrazia l’Amministrazione Comunale” per gli interventi fatti dopo 35 anni.

Si parla di imbarazzo, ma non si rendono conto della figuraccia fatta sul palcoscenico ed in televisione.

Assessori fieri che, dopo aver presentato il candidato alla Camera dei Deputati, affermano di aver provveduto ad esaudire le richieste dell’Associazione. Come se le esigenze di questa associazione erano le luci, i bagni cimici e lo spettacolo del cabarettista scaduto.

Doveva essere un’associazione che doveva difendere, tutelare e valorizzare le cose del monte. Non hanno capito nemmeno questo.

Si è trasformata in un club privè, dove a decidere sono poche persone e se non ti piace, puoi anche andare via. Un gruppetto dall’applauso facile, quell’applauso spesso finto, finalizzato solo ad ossequiare, osannare, ottenere.

Un modus operandi antico, vecchio, stantio. Oserei dire vomitevole.

Ogni decisione, anche spostare una prolunga, doveva avere il beneplacito del leader maximo, senza del quale a volte era addirittura impossibile entrare nel parco, visto e considerato che, non si sa come, aveva le chiavi di un bene pubblico.

Bisognava accettare l’idea di un’associazione ed un parco gestiti come se si trattasse di una ditta individuale, perché questa secondo loro era una cosa normale, mentre poi a creare imbarazzo erano i miei articoli.

Alla fine, il direttivo ( o sarebbe meglio dire il direttorio) decide che non posso stare in questa associazione e con un “Va scriv n’articl supr a Iacchitè” un paio di persone o tre al massimo, decidono di togliermi di mezzo: troppo l’imbarazzo, la mia presenza metterebbe a serio rischio i progetti per l’anno venturo: il parco andrà in gestione e se si vuole raggiungere questo scopo, servirà tantissimo olio, non solo per friggere vissinelli ma per ungere bene le ruote, quelle ruote dentate che spesso, si incontrano nella pubblica amministrazione. Anche perché oramai hanno le chiavi del Parco, serve solo la firma del dirigente per ottenere quanto voluto e raggiungere i loro scopi.

E cosi, ancora una volta si è persa l’occasione di fare discorsi alti.

Ancora una volta dovremo sorbirci le fritture tipiche e gli spettacoli del municipio.

Perché provare minimamente ad immaginare per il monte lo stesso sviluppo di Civita significherebbe dire agli amici del Municipio che in cinquant’anni di politica non hanno fatto nulla per questa terra. Significherebbe sputare in faccia la verità e cioè che questa collina interessa solo quando ci sono le elezioni.

Significherebbe riempirsi di dignità e difendere quanto ci appartiene.

Ma mi rendo conto che questa qualità non è per tutti, la dignità del resto appartiene agli uomini e per chi è ancora abituato a vivere con le leggi del branco, è un termine che non esiste.

Questo è.