Giustizia nel caos, la nomina di Cantone a Perugia “addomestica” Palamara

Mi sento un uomo delle istituzioni. So che devo difendere me stesso. Non farò una sorta di chiamata in correità collettiva – rassicura Palamara ai microfoni di Radio Uno In viva voce – Dovrò raccontare fatti e vicende che riguardano la mia attività politico associativa. In questo momento sono io ad essere accusato e incolpato. Quindi devo avere la possibilità di difendermi. E, difendendomi, parlare chiaramente di come è stato caratterizzato questo sistema delle nomine che presuppongono accordi estenuanti tra i vari gruppi con la componente laica del Csm (senza fare i nomi di nessuno). E ci sono anche incontri con altri esponenti della politica. Il che non significa minare l’autonomia della scelta del Consiglio superiore della magistratura”.

Anche questa volta non ci siamo sbagliati. Lo avevamo detto e scritto, l’avvertimento di Palamara di fare nomi e cognomi di tutti i magistrati e politici coinvolti nello scandalo delle nomine, aveva un unico scopo: costringere, dietro il ricatto della chiamata in correità collettiva, il Csm e l’Anm a ridimensionare le accuse contro di lui. Checché ne dica Palamara, che ben conosce il “sottobosco” che regna nella magistratura italiana, il “muoia Sansone con tutti i Filistei” ha funzionato benissimo anche questa volta.

Lo scriviamo da anni, quella della magistratura è la casta più potente e pericolosa d’Italia. Nessuno può far niente contro di loro, anche quando commettono reati palesi come quelli di cui è accusato Palamara insieme a tre quarti della magistratura italiana. Del resto noi cosentini abbiamo un esempio lampante di come funziona la Giustizia. Sono decenni che a Cosenza vige la regola dell’immunità per i potenti, i massoni, i politici e gli amici degli amici e soprattutto per i magistrati corrotti che ancora, nonostante le evidenti violazioni di ogni principio giuridico e deontologico, poggiano il culo sulla poltrona al solo scopo di istruire processi contro i giornalisti che li denunciano, i fumatori di spinelli e i ladri di galline.

Un sistema, quello delle nomine e dell’insabbiamento dei procedimenti giudiziari a carico di potenti e amici degli amici, che funziona alla perfezione, e non sarà certo lo scivolone di Palamara sul trojan a far cessare un metodo che tanto piace alla lobby criminale che governa la magistratura italiana. Nessuno vuole rinunciare alle bustarelle, ai privilegi e al potere che deriva dall’uso improprio della toga. Quasi ottomila euro di stipendio mensile non sono sufficienti ai magistrati che evidentemente non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Le spese sono tante e serve qualche aggiunta allo stipendio per mantenere ville con piscina, auto di lusso, ristoranti alla moda e vacanze in resort sfarzosi. E poi ci sono tutti gli accessori di cui i magistrati non possono fare a meno: orologi d’oro, stilografiche con diamanti, borse di lusso, valigette in pelle umana, abiti firmati col sangue dei tanti innocenti che hanno mandato in galera per far numero e statistica.

Palamara fa un passo indietro e pronuncia parole chiare per rassicurare i colleghi di intrallazzo che non farà alcun nome: ha capito il messaggio che la spregiudicata casta a cui appartiene gli ha mandato con la nomina di Cantone alla guida della procura di Perugia titolare dell’inchieste sulle toghe sporche.

Cantone, e lo abbiamo già detto, è uomo di Renzi al quale deve molto, e la sua nomina è il risultato delle pressioni di Renzi sul Csm, dove siedono ancora i suoi sodali. Cantone, su mandato di Renzi, ha un unico scopo: affossare l’inchiesta di Perugia sulle toghe sporche. Il perché è presto detto: dalle intercettazioni si comprende bene che il referente politico di Palamara nella compravendita di incarichi e sentenze era Luca Lotti, ministro del PD e braccio destro di Renzi. Se l’inchiesta dovesse andare avanti, oltre ai magistrati finirebbe nel calderone della giustizia anche mezzo governo dell’allora primo ministro Renzi. Ecco perché a Renzi serviva qualcuno di fiducia da piazzare a Perugia. Aiutare Palamara significa aiutare anche se stesso. E Cantone è la persona giusta. E i risultati sono arrivati: Palamara non è più accusato di corruzione, e presto tutto si risolverà con una tirata di orecchie e il suo reintegro nella magistratura: e chi si è visto si è visto. I panni sporchi si lavano in famiglia. Questa è la regola. E i complici di Palamara possono continuare a dormire sonni tranquilli. E tutto può ritornare come prima e più di prima.

Ai pm di Perugia non resterà altro da fare se non trovare un modo “elegante” per uscire fuori da questa vicenda che preclude loro ogni possibilità di fare carriera, e come abbiamo visto la carriera per i magistrati è tutto. Vale e più di ogni cosa, più del senso di Giustizia che in fin dei conti questa magistratura non ha mai avuto.