In ricordo di Franco Piro, l’uomo che abbatté le barriere architettoniche (di Franco D’Ambrosio)

Franco Piro con Gianni De Michelis

di Franco D’Ambrosio

La notizia della morte di Franco Piro ci addolora. Era nato a Cosenza il 23 luglio del 1948. Una generazione segnata dalla guerra, dalla fame, dall’emigrazione e dalle malattie. La Calabria era terra amara, mamma di emigrati, di malati di malaria e di poliomelite. Ed anche Franco lo era, come tanti bambini nati in quegli anni.

Solo dopo tanti anni, un altro cosentino, Giacomo Mancini, divenne giovane Ministro della Sanità e, per come ci ha ricordato Pietro, suo figlio, nel bel libro fresco di stampa, impose, non senza resistenze ed interessi, il vaccino Sabin, grazie al quale il terribile male venne definitivamente debellato.

Forse anche per questo Franco Piro e Giacomo Mancini divennero amici, un’amicizia segnata da gratitudine, ma anche dalla condivisione di idee e di battaglie. Franco Piro, come tanti giovani del tempo, lasciò Cosenza, la città che ha amato e vissuto, e sono tantissime le testimonianze dei suoi anni giovanili, e si trasferì a Bologna ove consegui la Laurea e che scelse come sua città d’adozione.

Lì si impose subito per la sua effervescenza e freschezza intellettuale, per il coraggio che lo accompagnava nella sua vita segnata dall’handicap che, tuttavia, visse con sarcasmo, con ironia, senza limitazioni.

Giocava regolarmente a pallone a Piazza Cappello, il suo quartiere, e non era difficile vederlo in porta senza stampelle, quasi mai lo si vedeva in carrozzella, nonostante il grado di gravità della poliomelite fosse molto alto. Non si arrese. Il fisico era si segnato dall’handicap, ma il cervello era indenne e quel cervello non smise mai di funzionare e gli permise di divenire uno dei più affermati e competenti esperti di finanza e politica economica.

A Bologna quel giovane curvo, reattivo, “’ncazzusu”, attirò le attenzioni del mondo accademico ed anche della politica. Franco Piro fu sempre di sinistra, sempre. Scelse Potere Operaio e le lotte studentesche e non era raro vederlo negli scontri anche fisici con la polizia ed i fascisti bolognesi. Agitava le stampelle, si muoveva con scatto felino, lui che era “storpio”, che aveva perennemente dolore fisico.

Poi l’incontro con il Socialismo bolognese, con Pietro Nenni, con l’ombra di Giacomo Mancini che lo accompagnava protettivo e gaudente. Mancini era innamorato di quel cosentino schietto, colto, temerario. Piro era una fonte inesauribile di conoscenze, di entrature in quel mondo controverso al quale sempre Giacomo Mancini rivolse le sue attenzioni, desideroso di capire cosa agitava il mondo giovanile del dissenso.

Franco Piro, l’ho scritto, aveva un carattere forte, spesso inquieto, controverso, difficile, ma era buono, simpatico, un monumento alla vita. Riusci a farsi candidare nella lista socialista per la Camera e fu eletto, a pieni voti, in una terra difficile, ma aperta ai saperi ed alle intelligenze e Franco era intelligente, raffinato, ma anche vivo, non chiuso nelle biblioteche.

Deputato Socialista per tre Legislature, la IX, X ed XI. E ricoprì incarichi di prestigio, fino a divenire Presidente di molte importanti Commissioni Parlamentari. A lui si devono tanti provvedimenti in materia economico-finanziara, ma soprattutto la Legge n. 3, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, che concedeva agevolazioni a chiunque eliminasse le tante opere pubbliche e private proibite ai portatori di handicap. Una grande Legge, frutto di una non comune conoscenza del mondo del dolore.

Franco Piro a Cosenza lo conoscevano in tanti, di tante generazioni. Io lo conobbi nel 1978. Ero da poco diventato segretario provinciale dei Giovani Socialisti e Franco Piro volle conoscermi. Credo che gli feci una buona impressione, perché nacque una bella, intensa, duratura amicizia.

Mi chiamava spesso e spesso mi chiedeva notizie e commenti sulla città, sui giovani, sull’Università della Calabria. Era ossessivo e minuzioso e pretendeva informazioni vere. La sua casa romana è stata per me, spesso, un comodo e gratuito rifugio. Mi concedeva di frequentarla e di utilizzarla; ero giovane, senza lavoro e per i miei viaggi a Roma dovevo procurarmi ospitalità.

Quella casa era quasi senza mobili, solo libri, libri, libri. Una montagna di libri dei quali era geloso, ma che a me consentiva di utilizzarli, anzi mi preparò una lista, con metodo, per cominciare gli studi della filosofia e della politica. Qualche volta gli rubavo letteralmente qualche libro, ma lui se ne accorgeva e faceva finta di nulla.

Un giorno, ricordo, presi dagli scaffali due libri molto costosi (La Città dei Socialisti e Marx dopo Marx, di Roberto Guiducci), ma qualche giorno dopo mi accorsi che erano di nuovo nella libreria. Si accorse del mio furto e lui andò a ricomprarli.

Dicevo di Franco Piro e di Cosenza: un legame forte, anche per l’amore che aveva, quasi una venerazione, per la mamma e per i suoi amici di infanzia. Nei suoi frequenti soggiorni cosentini, frequentava poco i potenti, ma desiderava circondarsi dei suoi compagni di gioventù. Amava mangiare bene e bene voleva vivere ed ha vissuto. Un cosentino di cui andare fieri, un cosentino, come tanti, profeti in terre lontane. Ho voluto dedicare questo pensiero ad un amico, ad un compagno, ad un cosentino ed un italiano che ha vissuto bene, nonostante tutto. Spero che il sindaco Occhiuto si ricordi di questo giovane che si fece onore e che diede onore a Cosenza.