Isola, parla Carolina Girasole: “Verità ignorata per anni”

“C’era un progetto politico che questa vicenda ha distrutto. Stavamo bloccando interessi particolari”. Dopo la pronuncia della Cassazione che l’ha definitivamente scagionata da un’accusa gravissima – quella di aver favorito le cosche in cambio di voti – l’ex sindaca di Isola Capo Rizzuto, grosso centro del Crotonese, Carolina Girasole, ripercorre il calvario giudiziario che l’ha tenuta per otto anni sulla graticola insieme al marito Franco Pugliese. Un’accusa ancor più stridente alla luce della fama di paladina dell’antimafia che Girasole aveva conquistato guidando, da sindaca eletta nella lista civica Sinistra Arcobaleno, il difficile territorio di Isola Capo Rizzuto.

“Io non volevo essere la paladina dell’antimafia, volevo solo portare fuori Isola Capo Rizzuto da un cliché di mafiosità attraverso un percorso chiaro che partiva proprio dalla consapevolezza dell’esistenza di un potere criminale” spiega all’Agi l’ex sindaca. Girasole venne arrestata, insieme al marito, nel dicembre del 2013 nell’ambito dell’operazione ‘Insula’: secondo la Dda di Catanzaro era scesa a patti con la cosca Arena per farsi eleggere in cambio di favori come quello di non distruggere i finocchi coltivati su un terreno confiscato al clan che però era rimasto nella disponibilità della famiglia di ‘ndrangheta. E per questo accusata di corruzione elettorale, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, reati commessi per agevolare la cosca mafiosa.

“Difficile accettare queste accuse per delle mie scelte e per atti di un percorso che mi aveva portato a schierarmi contro la ‘ndrangheta” commenta Girasole. Accuse che l’indagine della Guardia di finanza di Crotone coordinata dalla Dda di Catanzaro non è riuscita a dimostrare portando elementi che potessero attestare come effettivamente gli Arena si fossero spesi nel 2008 per l’elezione della Girasole, nè che da parte del sindaco ci fossero stati atti per favorire la cosca. Conclusioni messe nero su bianco prima dal Tribunale di Crotone che l’ha assolta nel settembre del 2015 e poi dalla Corte d’appello che quella assoluzione l’ha confermata nel maggio del 2019. Gli stessi giudici del secondo grado, piuttosto, hanno ritenuto che tutta la vicenda sia scaturita, più che da una scelta del Comune di Isola Capo Rizzuto e del sindaco Girasole, da una serie di inadempienze di soggetti istituzionali che avevano all’epoca le competenze per decidere sulle sorti del terreno confiscato e del raccolto. Inoltre la Corte d’appello ha sostenuto che solo grazie alla decisione del sindaco si è raggiunta una soluzione per affidare all’associazione Libera la gestione dei terreni confiscati agli Arena. La Dda ha comunque inteso rivolgersi alla suprema corte ma i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso.

“Si è voluto sbagliare malgrado gli atti fossero chiari. Non si è voluto vedere la verità” commenta Girasole. “Ci sono stati troppi errori: dalle intercettazioni agli atti che non esistevano. È stata costruita una storia che non aveva niente a che vedere con la realtà e poi si è cercato di modellarla attraverso racconti di pentiti che proponevano storie inesistenti”. Con il sigillo degli ermellini il suo incubo è finito.