La farsa di Draghi. 500 mila guariti con il Green pass già quasi scaduto

di Natascia Ronchetti

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Mattia Baglieri, dottore di ricerca della facoltà di Scienze Politiche all’Università di Bologna, si sente in ostaggio. È guarito dalla polmonite provocata dal Covid-19, contratto nel marzo scorso, nel pieno della terza ondata pandemica. Ma il suo green pass – che gli sarà necessario dal 6 agosto per circolare liberamente tra musei, ristoranti, eventi – è ormai quasi carta straccia: scadrà il 28 agosto e non sa a quel punto che cosa potrà fare.  Considerando i guariti lo scorso marzo come riferimento, lo stesso problema dovrebbero averlo nel medesimo periodo più di 500 mila persone.

“RICEVO TELEFONATE da molte altre persone che sono nella mia identica situazione e che non sanno come comportarsi”, dice Baglieri, che ha presentato una istanza a Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, e al vice del ministro Roberto Speranza, Andrea Costa. Vittima di un paradosso, ma Baglieri è solo uno tra i tanti, appunto.

Cos’è accaduto? Il green pass per gli ex pazienti Covid ha una validità di sei mesi, non di nove come per chi ha completato il ciclo vaccinale. Ed è anche retrodatata perché scatta dal giorno in cui è stato effettuato il primo tampone molecolare risultato positivo: una disposizione prevista dal regolamento europeo sul green pass approvato il 9 giugno scorso. Significa che molti, tra i guariti, lo hanno ricevuto già prossimo alla scadenza. “E nessuno di noi ha elementi per ritenere che possa essere disposta una proroga”, aggiunge Baglieri. Attualmente per chi ha contratto il virus, si è ammalato ed è guarito, è prevista una sola dose di vaccino.

Fino al 20 luglio doveva essere somministrata dopo i primi tre mesi ed entro i 6 mesi dall’infezione. Poi Rezza ha firmato la circolare con la quale ha stabilito che “è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti Covid-19 nei soggetti con pregressa infezione da SarsCov2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione”. Trascorso un anno bisogna sottoporsi a un ciclo vaccinale completo. Ma tanti ex pazienti temono la vaccinazione perché presentano ancora una quantità di anticorpi specifici molto elevata. E più volte, recentemente, l’infettivologo Massimo Galli, direttore Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ha sostenuto che “i soggetti guariti non dovrebbero essere vaccinati perché hanno sviluppato anticorpi e perché il vaccino potrebbe indurre effetti collaterali senza aggiungere molto alla loro capacità di difendersi”.

DAL MINISTERO DELLA SALUTE spiegano che non è possibile fare un distinguo tra chi ha un livello anticorpale basso e chi ce l’ha alto, “le norme non vengono fatte sui singoli casi”. Ma è lo stesso Baglieri a ricordare i risultati dello studio condotto a Vo’ Euganeo (epicentro dell’epidemia in Veneto nell’inverno /primavera 2020) dall’Università di Padova insieme all’Imperial College di Londra. Studio, coordinato dal virologo Andrea Crisanti, che ha dimostrato come nella quasi totalità dei guariti (il 98,8%) a nove mesi dal contagio siano ancora presenti anticorpi specifici contro il Covid a livelli significativi. “Io voglio vaccinarmi – si sfoga Baglieri –, ma visto che l’arco temporale per la vaccinazione è stato portato a dodici mesi, in base anche all’evidenza degli studi scientifici, come è possibile assicurare a un’ampia platea di persone di non restare scoperta? Questo anche alla luce di quanto asserito dal virologo Massimo Galli, che ha suggerito l’inutilità vaccinale per le tante persone che si sono ammalate e fortunatamente sono guarite”.