La Ventura? “Mi mandano i Boccias!”. La rete di potere da Bisceglie delle “larghe intese massomafiose” Pd-Forza Italia

Dopo i Mastellas, i Boccias. La storia non si ripete mai se non sotto forma di farsa, è vero, eppure Enrico Letta aveva già pagato sulla sua pelle nel 2014 le “prodezze” di questa gentaglia: e del resto ricordava bene che l’amico Romano Prodi, nel 2008, fu costretto a lasciare Palazzo Chigi proprio a seguito dei guai giudiziari della coppia d’oro della politica campana, il re e la regina di Ceppaloni, al secolo Clemente Mastella e Sandra Lonardo.

Ebbene, nel 2014 l’esecutivo Letta è stato cappottato, certo, per l’intervento di Renzi ma anche per le disavventure di un’altra coppia di ferro del Parlamento, quella formata da Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia. E i coniugi “diabolici” sono tornati alla ribalta perché hanno sdoganato prima a quel minchione di Conte e dopo ancora una volta a Letta, questa volta nelle vesti di capo del Pd, un “pacco” grande e grosso come quello della candidata per le regionali in Calabria: l’imprenditrice Maria Ventura, nata e cresciuta a Bisceglie, proprio lo stesso paese di Boccia, che si crede furbo ma in realtà è il nulla mischiato col niente… anzi con la De Girolamo!!!

Il matrimonio tra i due soggetti è quello che meglio ha incarnato, sia nella vita privata sia nell’amministrazione pubblica, “le larghe intese”, il patto di potere che Forza Italia e il Pd hanno stipulato per governare insieme l’Italia. L’ex amazzone berlusconiana e il di lei consorte Boccia, democrat e amico personale di Letta, erano e sono ancora oggi – anzi soprattutto oggi – il simbolo stesso dell’accordo massomafioso tra destra e sinistra.

Nel 2014, dopo le registrazioni – pubblicate in anteprima assoluta sul sito de “l’Espresso” – che avevano descritto il modus operandi di Nunzia nella gestione dell’Asl di Benevento, era scattata – devastante – la nemesi: i piccioncini esaltati con servizi patinati su “Chi” erano diventati da un giorno all’altro l’emblema dell’immortale clientelismo meridionale (Nunzia è nata e cresciuta nel Sannio, Boccia è di Bisceglie, in Puglia) e sono stati dipinti come baroni affamati o che gestiscono nomine e poltrone come se la cosa pubblica fosse cosa loro. Simboli di un potere arrogante, che fa rima con raccomandazioni e favori a parenti e politici trombati premiati con ricche consulenze, poi delle difficoltà stesse del governo Letta e adesso di quelle del Pd a guida Letta.

Analizzando la rete di potere messa in piedi dalla ex ministra e da suo marito, ex ministro con Conte, i rilievi etici delle loro tragicomiche vicende sono evidenti. Non solo per la brutta faccenda delle pressioni di Nunzia sui dirigenti della sanità beneventana, ma anche per l’incredibile serie di promozioni e incarichi a cinque zeri assegnati a fedelissimi dell’uno e dell’altra.

UN LATIFONDISTA PER NUNZIA
“L’Espresso” ha studiato decine di delibere, carriere fulminee, patrimoni e interessi personali dei miracolati considerati vicini alla coppia Boccia-De Girolamo. Che hanno di fatto trasformato il ministero delle Politiche agricole in una sorta di buen ritiro di amici intimi ed ex fidanzati. Quasi tutti provenienti da Benevento e dalla Puglia, in particolare da Bisceglie. A partire dal capo di gabinetto, di fatto il numero due del ministero. Si chiama Ferdinando Ferrara ed è una vecchia conoscenza di Francesco: i due hanno lavorato insieme alla presidenza del Consiglio a partire dal 2006, quando Boccia, battuto da Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra per la Regione Puglia, fu ricompensato da Prodi con un posto di capodipartimento.

Boccia e Ferrara s’intendono subito. Mentre Francesco dà consigli a Letta, nel 2008 il dirigente mette il turbo e fa carriera, diventando prima direttore generale di Palazzo Chigi, poi nel 2013 – grazie, dicono i maligni, proprio all’appoggio di Boccia – capo del Dipe, il dipartimento della programmazione economica. Stipendio da 218 mila euro l’anno. E poi, il nuovo salto al ministero delle Politiche agricole: la De Girolamo e suo marito, considerato da tutti una sorta di co-ministro nemmeno tanto “ombra”, avevano da tempo deciso di silurare il capo di gabinetto Michele Corradino individuando in Ferrara l’uomo giusto per sostituirlo. ..

Saltato Corradino (con lui sono andati via dal ministero per solidarietà tre magistrati e due professori universitari), Ferrara entrava trionfalmente al ministero facendo schizzare alle stelle la sua busta paga: 294 mila euro l’anno, record tra i capi di gabinetto.

Un’altra delle prerogative dei Boccias è quella di mandare avanti soggetti con le mani in pasta negli affari. Ferrara, l’amico di Francesco, risultava azionista di un’azienda agricola (la Ce.ar.s di Foggia) attiva nelle coltivazioni «associate all’allevamento di animali» ed è stato pure amministratore della Agricoltura Sistemi, società specializzata in coltivazioni miste di cereali, legumi e semi oleosi.

Il rischio di conflitto di interessi, però, sembra ancor più macroscopico quando si analizzano i suoi beni immobiliari. Con una visura catastale si scopre infatti che Ferrara è un ricchissimo proprietario terriero, uno dei massimi latifondisti della Capitanata: a Manfredonia, in provincia di Foggia, l’ex braccio destro di Nunzia possiede insieme ai suoi fratelli circa 240 ettari di terreni e campi dove vengono coltivati uliveti per la produzione di olio e fatti pascolare ovini. Non è tutto: il dirigente possiede anche appezzamenti agricoli anche a Rivisondoli, dove la famiglia è intestataria di una villa di 22 stanze.

MI MANDA FRANCESCO
Il matrimonio civile dei Boccias, celebrato a Sassano qualche giorno prima del Natale 2011 dopo due anni di amore clandestino – tra il piddino e la berlusconiana la scintilla è scoccata a Napoli nel febbraio del 2009 durante un convegno sui “Giovani protagonisti del cambiamento” – è stato per mesi metafora dell’abbraccio tra i due partiti da sempre l’un contro l’altro armati (ovviamente per i caggi…).

Per i fanatici della pacificazione nazionale i ragazzi rappresentavano, novelli Romeo e Giulietta, l’occasione perfetta per metter fine agli antichi dissidi tra berluscones ed ex comunisti: giovani e carini, deputati, entrambi in ascesa, assai moderati e fan della grande coalizione. Non è un caso che lo sposalizio in Chiesa, annunciato ma non avvenuto, avrebbe avuto come testimoni Silvio Berlusconi per Nunzia e Pier Luigi Bersani per Francesco.
Tra gli invitati, ovviamente, non sarebbero mancati gli amici sanniti e pugliesi che hanno invaso i ministeri dei due piccioncini.

Oltre a Ferrara, anche Bartolomeo Cozzoli, avvocato di Bisceglie, è entrato al Mipaf come vice capo di gabinetto. Figlio di Donato, ex primo cittadino Dc di Bisceglie, Bartolomeo ha seguito le orme paterne ed è diventato vicesindaco della sua città. Terminato l’incarico, nel 2010 ha tentato di entrare nel consiglio regionale pugliese, ma è stato trombato: su YouTube c’è un video in cui Letta e Boccia fanno campagna elettorale per lui.

Per Cozzoli il vento è girato eccome se è girato, quando i suoi amici sono entrati nelle stanze dei bottoni: a giugno 2013 il biscegliese si è assicurato un contratto come consulente giuridico del Dipe guidato allora da Ferrara (50 mila euro l’anno) e poi è stato nominato pure vicecapogabinetto della De Girolamo. Non è tutto: nonostante facesse parte della segreteria regionale del Pd, nel 2014 il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato lo ha nominato anche commissario straordinario della Congregazione della Divina Provvidenza, proprietaria di ospedali a Bisceglie

POLTRONIFICIO? BOCCIA
Come Cozzoli e Boccia anche Francesco Rana, 34 anni, è nato a Bisceglie. In Puglia lo chiamano il “ragazzo prodigio”. La sua carriera, in effetti, ha poco di normale. A soli 25 anni Rana diventa assistente del professor Boccia all’università Carlo Cattaneo, nel 2004 è funzionario del comune di Bari mentre il suo maestro è assessore all’Economia. Due anni dopo Boccia lo porta con sé alla presidenza del Consiglio, dove fa rapidamente carriera e diventa dirigente. Con il governo Letta, però, il salto definitivo: Francesco Rana è stato capo della segreteria tecnica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi. Una poltrona da 185 mila euro lordi l’anno.

Nemmeno Angelo Argento, altro amico del cuore di Boccia, può lamentarsi. Avvocato, esperto in diritto dei Beni culturali, è stato candidato al Senato in Calabria dal Pd, ma come Cozzoli non ce l’ha fatta. Così il solito Ferrara l’ha proposto per una poltrona al Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica. Nomina puntualmente arrivata, insieme con un compenso annuo da 80 mila euro. A cui Argento deve sommare anche i soldini guadagnati come consulente del Sin, società controllata dal ministero delle Politiche agricole.

DAL SANNIO CON FURORE
Molti dei Boccia Boys fanno parte anche di VeDrò, il think-tank trasversale voluto da Enrico Letta. Già: Argento, Patroni Griffi, gli stessi De Girolamo e Boccia sono tra i fondatori della convention estiva che si tiene a Drò, una sorta di salotto chic del potere lettiano. Meno chic, invece, sono le frasi registrate dall’ex direttore sanitario della Asl di Benevento Felice Pisapia nel salotto di casa De Girolamo, dove si tenevano le riunioni del direttorio che decideva – secondo le indagini dei pm sanniti e del nucleo di polizia tributaria della Gdf – come orientare l’appalto del servizio 118 o come sollecitare controlli all’ospedale Fatebenefratelli in modo da assegnare la gestione del bar interno alla cugina e allo zio di Nunzia, allora deputata Pdl. La voce della ministra è su decine di nastri insieme a quella di suoi stretti collaboratori premiati con un posto al ministero: come Luigi Barone, ex vicedirettore de “Il Sannio”, poi capo della segreteria del Mipaf e amico del cuore di Nunzia; e Giacomo Papa, vice capo di gabinetto che ha lavorato – lo ha ricordato Giovanna Vitale su “Repubblica” – con il papà di Nunzia al consorzio agrario di Benevento.

Ma alle Politiche agricole De Girolamo aveva portato anche il suo segretario Ciccone; l’ex fidanzato Antonio Tozzi, nominato direttore generale della controllata Sin (175 mila euro l’anno); il generale sannita Giovanni Mainolfi, indagato in uno stralcio dell’inchiesta P4, chiamato a commissario straordinario della società Agea; e le amiche Maria Esposito e Ilaria Facchiano.

MARIA VENTURA DA BISCEGLIE CON FURORE

Oggi Boccia Francesco da Bisceglie, dopo aver pilotato le apparizioni della moglie in una sciagurata trasmissione televisiva della Rai dal titolo “Ciao Maschio”, si è superato andando a ripescare una sua vecchia fiamma biscegliese trapiantata in Calabria, sì proprio lei, Maria Ventura, oriunda calabrese e figlia di un potentissimo industriale che costruisce treni e ferrovie, legato mani e piedi al clan di Franco Muto, il re del pesce del Tirreno cosentino – per il quale ha riciclato miliardi e miliardi di vecchie lire – e alla massoneria deviata. E deus ex machina dell’azienda che porta il suo stesso nome “Francesco Ventura” con la quale fa razzia di appalti e mette in piedi un impero che fattura oltre 50 milioni all’anno grazie alla politica corrotta. Conflitto di interessi a ‘na lira diremmo a Cusenza, specialmente alla luce di una “commessa” di 500 milioni già ipotecata per la rete ferroviaria dello Jonio, come già dicono tutti i bene informati vicini al Pd calabrese. 

Il fratello Pietro (in pratica il suo segretario…) è indagato per associazione mafiosa e corruzione con il re dei politici corrotti calabresi, il dem Nicola Adamo, perché gli aveva “gentilmente” passato gli appalti della metro leggera Cosenza-Rende. E non solo, perché l’azienda Ventura è stata appena bastonata con una interdittiva antimafia dalla Dda di Lecce, addolcita con un patteggiamento di un anno per corruzione aggravata e con l’ombra pesante della violazione delle norme sul finanziamento ai partiti politici. Quali partiti? Ma Pd e Forza Italia, naturalmente. Perché i Boccias, si sa, preferiscono gestire tutto in famiglia. Anche la candidatura del Pd alla Regione Calabria per far vincere Forza Italia… Tanto alla guida dei pidioti c’è Letta. Vuoi mettere? Ma stavolta qualcosa non ha funzionato e la candidata si è… ritirata. Ora si attende anche il dietrofront di Boccia dall’insano proposito di venire a fare il commissario del Pd a Cosenza. Arrassusia, gridano in coro e nauseati i cosentini.