Lettere a Iacchite’: “Calabria 2020, vi spiego perché non andrò a votare”

Il 26 Gennaio si avvicina e con lui le elezioni. Diventano sempre più fitti gli eventi che in ogni parte della Calabria ospitano politici e politicanti in giro per comuni e città a chiedere voti (o pacchetti), proporre programmi e convincere i delusi e gli indecisi.
Girano per le strade come tanti zampognari pronti a suonare le proprie strenne ad ogni porta, salvo beccarsi un gelido secchio d’acqua dalla vecchietta che avendone sentite di tutti i colori piuttosto che andare a votare resta a casa a dire un Santo rosario vicino al fuoco con la tv accesa.
I social sono impazziti di hastag, sponsorizzazioni, foto con politici dell’ultima ora e veterani, manifesti elettorali e frasi più o meno compiute che esprimono amore per la propria terra.
In tutto questo trambusto che (per certi versi fortunatamente) terminerà il giorno successivo nonostante le classiche frasi di rito come “Questo è un punto di partenza” oppure “Continueremo sempre per la nostra strada”, io non scenderò a votare.
Questa è ed è stata la mia risposta ai tanti che me lo hanno chiesto. Ebbene si. Me ne resto nella caotica e bellissima Roma a concludere la sessione invernale come tanti universitari.
Una decisione non facile in quanto ritengo personalmente il voto un dovere di ogni cittadino/a ancora prima di un diritto. Soprattutto quando le cose vanno male, votare è l’unico mezzo per cambiarle: almeno, in democrazia, si usa così. Non votare in realtà significa dare una preferenza al più forte senza avere il coraggio di prendersi troppe responsabilità nella sconfitta.
Eppure, nonostante tutte queste premesse, non scenderò a votare. Per una serie di ragioni:
1- Votare è si un dovere, ma è anche un diritto. Evidentemente questa regola non vale per gli studenti e lavoratori fuorisede che, almeno in teoria, dovrebbero sorbirsi il costo integrale del biglietto A/R per la Calabria che, di questi tempi, sembra avere la stessa portata dell’America. Santo amor di Patria, ma la realtà è questa.
2- Dando un’occhiata rapida alle liste e ai rispettivi candidati, emerge l’altissimo dato dei cosiddetti “transfughi”. Cosa sono i transfughi? Per spiegarla in breve, il male della Calabria (e guardando più in grande, dell’Italia). Serpenti che cambiano pelle, ma restano sempre fedeli all’unico ideale che li accomuna: preservarsi. Sono esseri con una longevità sia nella politica che nella pubblica amministrazione impressionante, in quanto molto arguti nel captare l’esatto momento in cui è conveniente cambiare bandiera perché il vento tira contrario. Per questi mammiferi particolari, gli ideali sono un po’ come un paio di mutande: si cambiano giornalmente (o per estrema necessità). Il loro pane quotidiano è il favoritismo, che esibiscono nelle loro città e paesi a petto gonfio, come se fosse una medaglia al valore: “in fondo se sei sistemato è merito mio”. Nonostante la Calabria affondi come il Titanic, loro restano sempre a galla, proprio per lo spiccato spirito di autoconservazione prima citato.
3- Il tuttologismo. Una patologia recentemente diffusasi nell’Italia intera: tutti sanno fare tutto, si nasce “già imparati”. Alla faccia dei poveri stronzi che passano anni sui libri o a fare gavetta: quelli sono “professoroni” da denigrare. Il tuttologo, a differenza loro, fa passi da gigante: oggi è un perfetto imbecille? Domani sarà parlamentare. Basta il carisma in fondo. Oggi la politica, purtroppo, si nutre di questo e sono dettagli se non sai neanche il capoluogo di Regione. Porti voti? Sei imbarcato! Inoltre poco importa se mentre parla ti sta attaccando una pietra al collo ed è pronto a buttarti a mare. Noi lo voteremo sempre. Masochismo? Forse.
4- In queste ultime elezioni regionali come mai nella storia dilaga la confusione e il pressapochismo. I maggiori partiti sembrano aver scelto candidati solo per non lasciare il foglio in bianco, i minori hanno riunito gente di buona volontà, ma con incisività inesistente.
Se prima non lo fosse, ora è chiaro: a nessuno frega una mazza della Calabria.
Questi piccoli 4 motivi, dai quali discendono tutta una serie di problematiche note e meno note che non sto qui a elencarvi, mi hanno portato a prendere la decisione di non tornare a votare.
Perché va bene (ma non troppo) votare il meno peggio in tempi di crisi, ma arrivare a essere presi per il culo così palesemente no grazie.
Ovviamente questo è un post come un altro quindi queste elezioni procederanno tranquillamente senza particolari intoppi. Il giorno seguente torneremo tutti alle nostre piccole e grandi faccende, continueremo a lamentarci delle cose che non vanno, continueremo a partire perché “fuori è un’altra storia”, continueremo a guardare da Roma o Londra questa nostra terra bella e dannata con un filo di malinconia, la guarderemo come un ragazzo guarda la ragazza che lo ha cornificato, di cui lui però continua ad essere innamorato, con nostalgia, rabbia e amore.
Perché nonostante io abbia deciso di non votare a questa tornata elettorale, io amo la mia terra. E, se il destino vorrà, tornerò tra le sue braccia di mare e di terra per fare ogni giorno un piccolo passo avanti, verso un futuro che ha l’odore della scoperta.
Con affetto
Benedetta Tomarchio