Lettere a Iacchite’: “Gruppo iGreco, Ariha Hotel: licenziata perché incinta”

Egregio direttore,

come lei ben sa, perché ogni giorno scrive delle loro ipocrisie, tutti i politici, in Calabria, non fanno altro che riempirsi la bocca di lavoro, diritti e legalità, e poi quando si tratta di verificare e porre rimedio alla triste realtà che vivono i lavoratori, tutti spariscono, e fanno finta di niente, e succede che resti sola con i tuoi problemi e senza un lavoro. Così com’è successo a me. Perciò ho deciso di scrivere a lei, perché sono sicura che non cestinerà questo mio sfogo e mi darà l’opportunità di far conoscere a tutti la mia triste vicenda lavorativa. E per questo anticipatamente la ringrazio.

Sono una ragazza di Cosenza e ho lavorato per diversi anni come “tuttofare” presso l’Ariha Hotel del gruppo iGreco a Quattromiglia di Rende. Non ho mai avuto un normale contratto di lavoro, ho sempre lavorato con contratti a termine, e all’Ariha Hotel risultavo assunta con un contratto annuale (con scadenza il 31 gennaio 2019) rilasciato dalla Alma di Martina Franca. Questo perché, qualcuno mi spiegava, l’Ariha Hotel non è di proprietà del gruppo iGreco, che risulta invece essere solo il gestore della struttura per conto del Tribunale di Cosenza. Contratto che pare essere scaduto da mesi e che il Tribunale non ha ancora rinnovato.

Agli inizi di gennaio, come capita a tutte le donne, sono rimasta incinta. E dopo una serie di visite e accertamenti il 16 gennaio ho comunicato al gruppo iGreco la mia situazione, con una aggravante, a detta dei medici della ASP di Serra Spiga: la mia, purtroppo, è una gravidanza a rischio. Non appena ho finito di dire questo al mio oramai ex datore di lavoro, la risposta è stata questa: siamo felici per te, ma il tuo contratto non può essere rinnovato. Mi sono sentita crollare il mondo addosso.

Ho cercato in tutti i modi di spiegare che, come a tutte le lavoratrici, anche a me spetta la maternità, ma solo se risulto assunta, e se il mio contratto non viene rinnovato rischio di perdere questo fondamentale diritto. Ma non c’è stato niente da fare: sono irremovibili, il contratto non può essere rinnovato. Insisto col dirgli che in fin de conti è lo stato che paga la maternità e che l’imprenditore non ci rimette nulla. Ma neanche questo argomento li convince, perché quello che non possono accettare è la mia trasgressione ad una regola, ovviamente non scritta, imposta dal loro gruppo al personale femminile: non bisogna restare gravide. Ed io l’ho trasgredita, ed ora mi trovo disoccupata e senza la copertura dello stato, nonostante abbia lavorato ogni santo giorno della mia vita, facendomi un mazzo tanto. Io non so cosa hanno questi personaggi al posto del cuore, ma sta di fatto che è così che funziona il lavoro da noi. Nel 2019 restare incinta, in Calabria, per una donna significa perdere il lavoro.

Di questo alla politica non gliene frega niente, così come non gliene frega niente ai sindacati. Nessuno ti ascolta perché dei potenti tutti hanno paura. Per fortuna qualcuno mi ha detto che posso fare la domanda per avere il reddito di cittadinanza che per me in questo momento è davvero una salvazione, se esiste davvero. Fosse stato per i soliti politici locali, bravi solo a parlare, l’unica alternativa per me sarebbe stata la strada, e nel momento in cui sono più debole. Spero che qualcuno si attivi per porre rimedio a questi meschini trucchi usati dai datori di lavoro, specie contro le donne, che offendono la dignità e la professionalità della lavoratrice. Oltre a sbatterle per strada senza porsi il benché minimo scrupolo. Ma noi, io e il mio bambino, ce la faremo anche questa volta, grazie anche all’amore e all’affetto della mia famiglia, a dispetto di chi pensa solo al denaro e non dà importanza alla vita.

Grazie

Lettera Firmata