Lettere a Iacchite’: “Rogliano, il Comune vende all’asta gli alloggi popolari: procedura fuori da ogni logica in uno Stato civile”

Il Comune di Rogliano ha deciso di vendere all’asta gli alloggi popolari abitati da persone anziane e/o bisognose per fare quadrare il bilancio. Tanto è emerso nell’ultimo consiglio comunale dove la maggioranza ha votato compatta e confermato dal bando pubblicato sull’albo pretorio. Avete capito bene, VENDITA ALL’ASTA. Procedura fuori da ogni logica in uno Stato civile, procedura a cui ricorrere solo in via residuale secondo quanto previsto dalla legge 560/93 e che nulla ha a che fare con le aste giudiziarie (insomma nella specie non si è pignorato nulla, nessuno è debitore verso l’ente). Nel bando nulla si dice circa i diritti degli occupanti fissati tra l’altro dalla legge. Legge che però non è stata neppure applicata nel calcolo del valore (spropositato) di vendita.

Ebbene, o si tratta di alloggi popolari, con conseguente applicazione di tutele e garanzie nei confronti degli assegnatari, o non lo sono, con la conseguenza che gli attuali assegnatari dovranno trovare altro alloggio (a tutti gli effetti uno sfratto in assenza di qualsiasi requisito).

Un primo paradosso è che poco tempo addietro le stesse case sono state vendute ad 1/4 del valore oggi attribuito. Ma non era mica un folle chi ha venduto a quel prezzo, essendosi limitato ad osservare la normativa vigente e sposando la sottesa finalità, cioè assicurare il diritto all’abitazione anche ai meno abbienti.

Altro paradosso è che la manutenzione (contrariamente a quanto malignamente fatto intendere dalle malelingue) è stata perlopiù eseguita dagli stessi assegnatari, che vanterebbero quindi dei diritti di credito verso l’ente.

Orbene, solo un pazzo acquisterebbe immobili fatiscenti a quel prezzo. Ciononostante resta gravissimo l’atto compiuto dall’amministrazione comunale, un atto di imperio, in assenza di qualsiasi comunicazione ai legittimi assegnatari, ed in barba di qualsiasi norma etica e morale.

Nel mio caso, l’alloggio fu assegnato alla mia famiglia in quanto la casa in cui abitavamo era “inabitabile”, così fu scritto agli atti, stante anche il pericolo di crollo parziale. Mio padre era disoccupato e non potevamo permetterci un alloggio migliore. Negli altri casi che conosco uno ad uno personalmente, perché mi fregio di essere figlio del popolo, i presupposti erano simili.

Chiunque di buon senso non può non notare che, al di là della violazione o meno di norme di diritto positivo, etica e morale hanno lasciato il posto ad inutili e superficiali calcoli.

Ritengo la vicenda di una gravità inaudita, soprattutto in questo particolare momento storico.

Chi abita in una casa popolare, il più delle volte vive in una condizione di indigenza, che gli impedisce di comprare un’abitazione a qualsiasi prezzo, come è possibile pensare che la compri a cifre spropositate? Ecco perché la legge ha fissato dei rigidi criteri di calcolo del prezzo di vendita (pena restituzione della maggior somma versata). Il fantasma della vendita a terzi non deve spaventare, perché penso e credo che conosciuti i fatti, nessuno comprerà a nessun prezzo.

Mi chiedo e vi chiedo, è giusto sanare il bilancio a danno dei meno abbienti ovvero partendo dagli ultimi, calpestando tra l’altro i loro diritti? Finché vivrò sarò sempre dalla parte dei deboli.

Lettera firmata