Liste bloccate e rinuncia alle cure, il report di Cittadinanzattiva: sanità calabrese in grande difficoltà

Catanzaro – Formalmente chiuso lo stato di emergenza sanitaria, il Covid 19 però continua ad avere ricadute importanti sul diritto alla salute dei calabresi, fra le comunità più in crisi nell’accesso alle cure. È questo il quadro che emerge dal “Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità”, presentato nei giorni scorsi da Cittadinanzattiva e stilato anche sulla base delle segnalazioni ricevute sul territorio dall’associazione e dal tribunale per i diritti del malato.

Le liste d’attesa, già “tallone di Achille” del Sistema Sanitario Nazionale in tempi ordinari, durante l’emergenza hanno rappresentato la principale criticità per i cittadini, in particolare per i più fragili, che di fatto non sono riusciti più ad accedere alle prestazioni. I lunghi tempi di attesa (che rappresentano il 71,2% delle segnalazioni di difficoltà di accesso) sono riferiti nel 53,1% di casi agli interventi chirurgici e agli esami diagnostici, nel 51% alle visite di controllo e nel 46,9% alle prime visite specialistiche. Seguono le liste d’attesa per la riabilitazione (32,7%) per i ricoveri (30,6%) e quelle per attivare le cure domiciliari-ADI (26,5%) e l’assistenza riabilitativa domiciliare (24,4%).

Stop alle cure delle malattie oncologiche

Secondo le analisi di Corte dei Conti e Agenas-Sant’Anna di Pisa, per quel che riguarda la specialistica ambulatoriale si è assistito a una riduzione complessiva fra 2019 e 2020 di oltre 144,5 milioni di prestazioni . Le variazioni più marcate riguardano Calabria con un – 30,6%. Nell’area oncologica, tra 2019 e 2020 c’è stata una riduzione di circa 5100 interventi chirurgici per tumore alla mammella (-10% a livello nazionale, con punte del 30% in Calabria.

La Calabria è anche tra le regioni che non raggiungono lo score ritenuto sufficiente nell’ambito degli screening preventivi oncologici.

La continuità assistenziale

La riforma dell’assistenza territoriale è diventata la parola d’ordine del post pandemia e la principale sfida, in ambito sanitario, del Pnrr. E anche uno degli ambiti in cui si riscontrano grandi inefficienze soprattutto in Calabria: il 17,4% delle 13.748 segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva fa riferimento all’assistenza territoriale, in particolare al rapporto con Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta (25,8%), di cui i cittadini lamentano lo scarso raccordo con gli specialisti e i servizi sul territorio, nonché la scarsa disponibilità in termini di orario, reperibilità e presa in carico ; le carenze dei servizi di continuità assistenziale (13,9%) in particolar modo riferibile a irreperibilità o orari limitati della guardia medica; e le carenze dell’assistenza domiciliare integrata (12.1%), in particolare per la mancata integrazione dei servizi sociali e sanitari, le difficoltà nell’attivazione, la mancanza di alcune figure specialistiche (fra cui gli psicologi), il numero inadeguato di giorni o ore.

La speranza è nelle case di comunità

In tema di assistenza territoriale nel Pnrr si punta moltissimo sulle Case della Comunità: se ne prevedono ben 1.350. Queste strutture potrebbero consentire al Sud di ridurre almeno parzialmente il divario col resto del Paese. Infatti, la proporzione tra numeri di pazienti cronici e strutture previste dal Pnrr (Case e Ospedali di Comunità) premia indiscutibilmente Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, oltre ad Abruzzo e Sardegna. Un dato che trova conferma nella ripartizione su base regionale delle risorse economiche previste dal PNRR, in particolare degli investimenti pro-capite.