Lupi o agnelli? La città della massomafia e il sistema Catanzaro

Erano fascicoli parcheggiati negli armadi della procura di Catanzaro”, questa è la dichiarazione ad effetto del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri a margine dell’operazione “Farmabusiness” che ha ristretto agli arresti domiciliari il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Domenico Tallini durante la trasmissione televisiva de La7 “di Martedì”.

E’ pesante quanto afferma Nicola Gratteri, quello che ha definito e tracciato i confini della Massomafia, quel sistema che uccide lentamente il popolo calabrese attraverso un intreccio di interessi e di potere fra la politica, la massoneria, la ‘ndrangheta e certa imprenditoria da sempre permeabile agli interessi delle locali di ‘ndrangheta, come sembra emergere dagli atti che vedono coinvolto Domenico Tallini, Mimmareddu per gli amici catanzaresi, attraverso la sua partecipazione diretta ed indiretta alla ormai famosa Farmaeko.

Le dichiarazioni del procuratore di Catanzaro Gratteri, hanno una duplice rilevanza di gravità. La prima perché conferma e consolida il sistema Catanzaro, dove proprio Tallini è il dominus insieme all’attuale sindaco della città, Sergio Abramo (Sergiun), quelli che entrambi non sono dei passanti, ma recitano ed hanno recitato un ruolo attivo nella gestione del potere e dei risvolti economici a Catanzaro negli ultimi vent’anni. La seconda ancora più grave, perché proprio Gratteri lascia intuire, dicendolo fra le righe, che a Catanzaro, proprio dentro il Palazzo di Giustizia è esistito un potentato che lasciava parcheggiati fascicoli d’indagine importanti, o peggio ancora insabbiava pezzi di indagine che toccano la politica locale, garantendo impunità e fratellanza.

Qui ritorna di stretta evidenza l’allarme sempre lanciato da Gratteri sull’infedeltà di alcuni organi dello Stato, che a Catanzaro attraverso la fratellanza della massoneria si attiva e si riconosce in pezzi delle forze dell’ordine infedeli (che consegnano a soggetti indagati documenti che fanno parte dei fascicoli d’indagine); o appartenenti agli organi burocratici della giustizia, siano essi cancellieri o funzionari del locale Tribunale, che distribuiscono atti soggetti a segreto istruttorio coperti da omissis a qualche avvocato disinvolto che li usa, anche in sede dibattimentale come prova, senza chiarire come ne possa essere venuto in possesso, ma senza suscitare il dubbio o la domanda del magistrato di turno che acquisisce, come fosse un fatto di normalità, atti che sono coperti da segreto istruttorio e che possono determinare una fuga di notizie, tanto da inquinare attività di indagine in corso… Questa è Catanzaro, questo è il sistema Catanzaro.

Farmaeko è solo una parte della narrazione-inchiesta del sistema Catanzaro, dove Tallini svolge un ruolo attivo e centrale nella speculazione sui farmaci oncologici, questo dice la Procura di Catanzaro. Quella stessa Procura che probabilmente ha dimenticato o parcheggiato in qualche altro cassetto o armadio, la parte rilevante della stessa inchiesta sul sistema Catanzaro. Infatti qualcuno dovrebbe spiegare perché non si è proceduto ancora contro i reati già sgamati perpetrati  dal clan politico di Tallini?

Parliamo di quella rete di gestione clientelare del potere politico  nelle istituzioni cittadine che vede colpevolmente, distratto, assente o non informato il sindaco Sergio Abramo, proprio mentre Ivan Cardamone, Carlo Nisticò, Alessio Sculco, Sergio Costanzo, Antonio Corsi, Luigi Levato, Tommaso Brutto, Francesco Leone, Francesco Galante, Gianfranco Sculco, insieme alle ditte Scarfone, Brugellis, Concolino, Andreacchio ed altri si arricchivano alle spalle degli onesti cittadini.

Però è assai strano che alcuni avvocati del foro di Catanzaro con aderenze politiche ben precise nel clan politico di Tallini, oggi si siano armati contro oppure a sostegno contemporaneamente di Farmaeko e delle sue devianze, il sistema Catanzaro che ci riporta a quella triangolazione perfetta e pericolosa fra politica, imprenditoria e colletti bianchi…

Questo il teorema che irrompe e rompe equilibri e nasce dal dibattito del 26 novembre 2015 dove nel lancio degli stracci si inserisce un altro consigliere comunale, Eugenio Riccio peraltro Sovrintendente dell’Arma dei Carabinieri.

E’ proprio Eugenio Riccio che mettendo allo scoperto alcune “sbavature” del sistema Catanzaro punta l’indice, senza tanti preamboli, su quel metodo che regge le sorti del Comune di Catanzaro, affermando: “… io ho questo senso civico che, come dire, mi consente di non girarmi dall’altra parte, certo poi ho un problema medico di dermatite, stare qua in quest’Aula, magari vicino a qualcuno che, insomma, in altre città, in altri contesti diciamo urbani normali, avrebbe un foglio di via politico…” . E’ grave l’affermazione perché ipotizza l’esistenza nel consiglio comunale di Catanzaro di soggetti capaci di infettare, scatenando reazioni allergiche nei confronti dei singoli, che tacendo diventano correi, ma che sembra non scatenare reazioni rispetto ad un sistema, quello infetto dell’attività amministrativa dell’Ente, soprattutto quando Riccio lapidario dichiara: “A mio avviso, quando si viene a conoscenza di fatti particolarmente gravi ed allarmanti che possono verosimilmente assumere una rilevanza penale è doveroso rivolgersi alla Magistratura”.

Chi erano questi untori del consiglio comunale nel 2015?

Chi, volgendo lo sguardo, ha fatto finta di non vedere il malaffare al quale si riferisce Riccio?

Quali erano queste attività amministrative del Comune di Catanzaro, la cui conoscenza avrebbe imposto di rivolgersi alla Magistratura?

Il casus belli che scatena Riccio è quello delle cosiddette “procedure negoziate”, un procedimento che diventa discrezionalità dei singoli funzionari comunali, che affidano i lavori ad una serie di ditte – le solite “ditte amiche” per usare un eufemismo – sempre le stesse immodificate nel tempo. Infatti Riccio afferma: “E’ grave sentire al contrario quando si parla di procedure affidate per rapporto fiduciario, cioè il rapporto fiduciario è un istituto giuridico che io per la prima volta lo sento oggi in quest’aula, non mi risulta che esiste il rapporto fiduciario, lo apprendo oggi in quest’aula e ne prendo atto”.

Ma questa non è la sola sbavatura, come prima l’abbiamo definita, c’è ne sono altre che completano il quadro e ci riportano a quella triangolazione,  perfetta e pericolosa, del sistema Catanzaro. Ci sono altri elementi che entrano in cottura nel calderone degli stracci del sistema Catanzaro. Si parla, oltre che delle procedure negoziate, di incarichi conferiti senza bando e poi ritirati, di opere pubbliche date in incarico e poi ritirate, della mancata conoscenza del metodo di rotazione degli incarichi, della mancata conoscenza del metodo di rotazione delle ditte.

Tallini, indubbiamente con la “distrazione del sindaco Abramo” ha le mani sul Comune capoluogo di regione, ma anche sulla sanità catanzarese. Massimiliano Scarfone è l’amministratore unico di Metaltecno Impianti, una delle aziende controllate da Tallini e dal fido consigliere comunale Luigi Levato, ditta che ha vinto una serie di importanti appalti dall’Asp di Catanzaro, dove il responsabile del settore è l’architetto Carlo Nisticò, già consigliere comunale fino al 2017 del gruppo talliniano, uno dei “colletti bianchi” fondamentali della cricca.  Ma non è finita qui. Nisticò ha le mani in pasta anche direttamente nel settore delle costruzioni, dove il suo uomo è un altro “pezzo grosso” dell’imprenditoria catanzarese ovvero Giuseppe Brugellis, legale rappresentante della BL Costruzioni, tra le imprese che fanno man bassa di appalti al comune di Catanzaro.

La longa manus di Tallini, Nisticò, Brugellis e Scarfone è determinante per la regia delle cosiddette “cartiere”, che servono alla banda per depositare i fondi neri. Gli uomini che devono far girare il malloppo sono Fabio Andreacchio ed Emanuele Lamanna. Andreacchio, attraverso la sua Edilmet movimenta denari con la BL costruzioni ed è in pratica colui che mette al “sicuro” i soldi che arrivano dalla torta delle costruzioni.

In ogni cricca del malaffare che si rispetti ci sono collegamenti con il fantastico mondo delle banche e non c’è dubbio che il deus ex machina in questo campo per Tallini sia Gianfranco Sculco, direttore dell’ex Banco di Napoli. Il bancario è coinvolto nella banda tramite i buoni uffici del figlio Alessio Sculco, avvocato di fiducia del figlio di Tallini, Giuseppe.

Alessio-Sculco

Alessio Sculco  massone praticante è stato assessore in quota Forza Italia al comune di Catanzaro, con delega all’Avvocatura ed agli Affari Generali nel 2015. Oggi è ancora assessore della giunta Abramo, sempre in quota Forza Italia, ma ha cambiato delega passando alle Attività Economiche. E qui potremmo ancora una volta chiedere al sindaco Abramo come fa a mantenere in giunta massoni praticanti che servono due padroni, le istituzioni cittadine e le tasche dei loro amici?

Ma forse tutto ciò fa comodo al “sistema Catanzaro” in quanto proprio li, in quelle logge massoniche cittadine si annidano i rapporti più contorti tra servitori infedeli dello Stato, politica cittadina ed imprenditori locali. Ed è grazie a queste appartenenze incappucciate che poi negli armadi della procura vengono parcheggiate per anni ed anni le inchieste più scottanti delle quali tutti sanno… Però il procuratore Gratteri continua a sollecitare un impegno diretto, preciso dei cittadini: quelli che devono denunciare.

Quello stesso sistema in cui uomini della ‘ndrangheta insospettabili, politica, colletti bianchi e servitori infedeli, ha consentito il perpetrarsi del sistema Catanzaro, che oggi mette a nudo anche un altro pezzo da novanta della cricca di Tallini,  Ivan Cardamone.  Nel periodo 2012/2017  Cardamone fu presidente del consiglio comunale di Catanzaro, e poi è stato addirittura vicesindaco del solito distratto e disinformato Sindaco Abramo e adesso è assessore alla Cultura e Patrimonio. E’ l’uomo delle 5 ville come scrive la Guardia di Finanza…

1 – (continua)