Manna e l’Avvocato del Diavolo

Una cosa è certa: Marcello Manna è tra i migliori avvocati del foro di Cosenza. E non solo per le sue grandi capacità di arrivare dritto al portafoglio dei giudici, ma anche per le sue raffinate doti di oratore del nulla. Il principe dell’arzigogolo, la versione contemporanea dell’avvocato Azzeccagarbugli, il Cicerone de noantri, sono questi i riferimenti “professionali” e culturali dell’avvocato Manna che spera di uscire da questa pesante situazione con le chiacchiere. Sproloquiare senza dire niente è la sola strategia che l’avvocato Manna può adottare in questo momento: lanciare il sasso dell’arzigogolo con suggestive accuse a entità astratte che complotterebbero nell’oscurità dei palazzi del potere a suo danno, per poi nascondere la mano quando si tratta di fare nomi e cognomi e spiegare il perché di questo accanimento contro di lui.

Restare nel vago, dire e non dire, buttarla in filosofia, paventare brogli, evocare la Spectre, citazioni su misura e paragoni con famose vittime dell’ingiustizia a iosa, sono gli argomenti che stanno alla base di ogni disperata difesa, quando le prove sono schiaccianti. Come nel caso della bustarella elargita al giudice Petrini: c’ha provato a dire che la bustarella conteneva la ricetta della torta di mele della nonna, ma l’evidenza è evidenza e, se è giusto che l’imputato ci provi, non si può negare. Ogni volta che l’avvocato Manna prova a spiegare all’opinione pubblica la sua situazione giudiziaria finisce sempre col scrivere longarie dove, al netto dell’ermetico messaggio tra le righe comprensibile a pochi, dice tutto per non dire niente.

Non dice mai il perché questi poteri occulti ce l’hanno con lui. Non fa i nomi di chi si cela dietro gli incappucciati che lo perseguitano, ma soprattutto si guarda bene dal dire che a diffondere per primo verbali secretati di Petrini è stato proprio lui, ed ora accusa altri di essersi macchiati del grave reato di “fughe di notizie”, senza fornire, ai magistrati e all’opinione pubblica, nessun elemento utile per indentificare “la talpa”. Anzi, una indicazione per identificare la talpa, nelle sue arringhe, l’avvocato, seppur velatamente, ce l’infila sempre: non potendo chiamare in correità i suoi veri complici, sarebbe come confessare, lancia accuse suggestive a presunti complici degli incappucciati che si presterebbero, professionalmente, ad avallare il complotto contro di lui. Insomma una montagna di chiacchiere nel vano tentativo di confondere le idee all’opinione pubblica e sperare in un qualche impossibile colpo di scena.

Buttarsi avanti per non cadere indietro, è questo un po’ il succo degli scritti difensivi di Manna che “annuncia” nuove ordinanze, alla luce dei nuovi pentiti, nei suoi confronti. Sa bene delle spifferate di Porcaro e soci, da buon trafugatore di notizie riservate qual è, e non ci vuole tanto a capire che il suo nome è già stato messo a verbale. Aspettarsi una ennesima chiamata in correità è cosa scontata. A questo punto, per difendersi, non bastano più i suoi arzigogoli ai quali non crede nessuno, per come stanno le cose, più che un azzeccagarbugli, gli serve per davvero “L’Avvocato del Diavolo”… e non è neanche detto che funzioni.