Mazzette a Catanzaro. Chi è Mimmo Commodaro, il giudice “compare” di Staiano e Petrini. L’incontro intercettato dalla Dda

Le indagini sulla corruzione nella Corte d’Appello di Catanzaro non si sono fermate dopo la condanna dell’ex presidente di sezione Marco Petrini a 4 anni e 4 mesi. La Procura di Salerno ha infatti chiesto e ottenuto una proroga di indagini per altri sei mesi. Nel fascicolo con l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari risultano iscritti lo stesso Petrini e il consigliere della Corte d’appello del capoluogo calabrese Domenico Commodaro. I fatti contestati, su cui la Procura potrà continuare a indagare fino al luglio prossimo, sarebbero avvenuti a Catanzaro intorno al mese di febbraio del 2018.

Petrini aveva fatto il nome del giudice Commodaro, con cui condivideva l’ufficio in Corte d’Appello, durante i discussi verbali rilasciati agli investigatori salernitani il 5 e il 25 febbraio. L’allora presidente di sezione era stato tratto in arresto solo poche settimane prima (il 15 gennaio 2020) per corruzione in atti giudiziari in alcuni casi aggravata dalle finalità mafiose. Il magistrato aveva quindi deciso di ammettere gran parte degli addebiti e collaborare con gli inquirenti. Nei primi due verbali rilasciati all’autorità giudiziaria di Salerno Petrini aveva parlato di altri episodi tirando in ballo alcuni suoi colleghi tra i quali Commodaro. Pochi giorni dopo quelle dichiarazioni il magistrato aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Il 17 aprile era tornato davanti ai pm campani ritrattando, in gran parte, le dichiarazioni fornite in precedenza. Dopo quel clamoroso passo indietro la Dda di Salerno chiese e ottenne che Petrini tornasse in carcere per il rischio di inquinamento probatorio, misura poi annullata dal Tribunale del Riesame.

Fin qui le notizie diffuse ieri dai media ma c’è ancora dell’altro, che ricaviamo tra l’altro, dalla stessa ordinanza dell’inchiesta Genesi.

Nella mattinata del 5 marzo 2019, nell’ufficio del Petrini ubicato presso la Corte d’Appello di Catanzaro, veniva registrato un incontro avvenuto tra Petrini, Domenico Commodaro, per gli amici Mimmo, consigliere della I e II Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e l’avvocato Salvatore Staiano, del foro di Catanzaro.

Nel corso dell’incontro, l’avvocato Staiano, dopo essere entrato in ufficio e salutato i presenti, esordiva, con tono assolutamente confidenziale, dicendo di essere sottoposto ad indagini da parte della Dda di Catanzaro e di conoscere anche il nome del pubblico ministero che stava indagando su di lui, nonché quello del collaboratore di giustizia che lo accusava, riferendo di essere venuto a conoscenza di tale situazione incidentalmente in quanto, essendo difensore di un altro avvocato indagato, aveva avuto modo di leggere gli atti del fascicolo e, verosimilmente, tra i documenti da lui visionati in quell’occasione, aveva letto qualcosa che lo riguardava… “e ho detto: ma qua sono malati di testa…”.

Lo Staiano proseguiva dicendo che anche negli ambienti carcerari e tra gli stessi ‘ndranghetisti si parlava di lui come persona “assetata” di soldi, autodefinendosi in tal senso una “troia”… Lo stesso Staiano continuava ad elencare tutte quelle che erano le “voci” che correvano sul suo conto, tra le quali il fatto che egli “pagasse” Petrini, che “pagasse” un altro giudice, del quale non faceva il nome, che gestisse i soldi della ‘ndrangheta reggina e che per tale motivo sei era recato alla Distrettuale al fine di riferire tali circostanze.
Con riguardo alla figura di Salvatore Staiano, indicato dal Mantella come possibile fiancheggiatore della criminalità organizzata reggina, emergeva che l’avvocato nel 2010 era stato fermato dai carabinieri di Oppido Mamertina in compagnia del boss di ‘ndrangheta Rocco Mazzagatti al battesimo di un nipote dello stesso boss, peraltro mentre era in regime di misura cautelare…

Tornando alla conversazione registrata nell’ufficio di Petrini, il Commodaro aggiungeva, ironicamente, che, nel caso in cui fossero stati visti mentre si salutavano con il “braccio”, a Soverato, anch’egli si sarebbe potuto trovare indagato… Staiano, quindi, afferma di sapere che il pentito Mantella ha parlato anche di lui: “… Ma io ho le lettere nelle quali mi minacciava di morte quindi c’è la causale perché ce l’ha con me… però io ne ho le palle gonfie, ne ho parlato col Presidente…”.

Balzava all’attenzione, dall’ascolto della conversazione, come il Petrini, pur sentendo riferire, fra l’altro alla presenza di altre persone, come fosse “fatto notorio” il suo stare a libro paga dell’avvocato Staiano, non replicava alcunché né interloquiva in alcun modo, per smentire o quantomeno chiarire la circostanza. La P.G. operante, anzi, sul punto, dava specificamente atto che, dalla visione delle immagini, si poteva notare come il Petrini ascoltasse le parole di Staiano in modo serenamente passivo…