Michele Serra: “Le ore sprecate della Liguria”

(di Michele Serra – repubblica.it) – Il romanzo La speculazione edilizia del grande sanremasco (non si dice sanremese) Italo Calvino è del 1957, e già disegna un destino. Quello di un aspro, meraviglioso, irripetibile territorio di contadini e pescatori, di migranti e naviganti, di piccoli commercianti e di piccole città (Genova fa storia a sé), stretto tra monti e mare, che sale sul treno del boom economico nella maniera più istintiva, anche se meno previdente: vendendo la sua bellezza ai milanesi e ai torinesi. Nato come legittima fuga dalla miseria, il vorticoso sviluppo ligure non ha però conosciuto limite, esitazione, possibile riforma di se stesso. Vendersi (se preferite l’eufemismo: “riqualificarsi turisticamente”) sembra l’unico core-business possibile per una regione che, nel frattempo, a Genova, Savona, La Spezia, ha perduto una fetta enorme di fabbriche e di cantieri, i padroni e gli operai. La sostanza solida del Novecento che cede definitivamente il campo al santanchismo delle “spiagge eleganti” e al frou-frou totiano della “nuova Florida”: con il territorio più dissestato d’Europa. Leggendo la storia del nuovo insediamento turistico di Celle Ligure che (tra le altre cose) ha disarcionato Toti, ho pensato: ma è possibile che siamo sempre lì, ancora lì? In quasi ottant’anni – larga parte dei quali con governi regionali di sinistra – possibile che non sia mai stata mai messa in campo un’idea di Liguria più saggia, più amorosa di sé, più sostanziosa e meno di vetrina? Più prudentemente ligure? Adesso è l’ora della magistratura, e significa che tutte le altre ore sono state sprecate. Cementificare: possibile che non esista un altro verbo da coniugare?