‘Ndrangheta ad Aosta: l’ombra della massoneria e le “richieste” della Carcea ai Nirta

Marco Sorbara, Monica Carcea e Nicola Prettico

Stamattina tutti i media di regime riportano ampie cronache sulla vicenda della ‘ndrangheta che ha “conquistato” anche il territorio della Valle d’Aosta ormai da molto tempo. I rapporti degli ‘ndranghetisti con i politici e i colletti bianchi vengono scandagliati a fondo dai magistrati della Dda ed emergono anche collegamenti con la massoneria

L’ombra della massoneria

Dagli esiti di un viaggio di Nicola Prettico a San Luca, dove il consigliere avrebbe tentato l’affiliazione in una loggia massonica, la Dda si è convinta che esponenti della ‘locale’ di Aosta abbiano “intrattenuto rapporti con esponenti di logge massoniche, organizzando riunioni anche ad Aosta. L’affiliazione alla massoneria di alcuni partecipanti del locale di Aosta rappresenta un ulteriore elemento di collegamento con esponenti che ricoprono ruoli di rilievo nel settore economico, imprenditoriale e politico sia della società civile valdostana sia al di fuori dei confini regionali”.

Così operavano i ‘sodali’ della ‘ndrina

Tornando ad alcuni particolari dell’indagine, i fratelli Nirta  si incontravano con i loro ‘sodali’ nella pizzeria La Rotonda di Antonio Raso (nella foto), nel bar gestito da Giuseppe Di Donato a Sarre e al bar Free Time di Aosta. Con loro c’erano anche altri due arrestati in Valle: Alessandro Giachino e Francesco Mammoliti. La Dda ha così ricostruito i rapporti tra i Di Donato, i Nirta, Marco Sorbara e Monica Carcea.

In particolare, ha spiegato la coordinatrice della Dda, Annamaria Loreto, “la Carcea si rivolgeva a Di Donato, Raso e Prettico, chiedendo loro di intervenire in modo intimidatorio per comporre le tensioni dei contrasti che aveva con altri assessori della Giunta comunale”, nonché “comunicava ad alcuni appartenenti al ‘locale’ di Aosta notizie riservate in merito al rinnovo di alcuni servizi comunali affidati a soggetti privati”.

Marco Sorbara, si legge nell’ordinanza di custodia del gip, “nei confronti della ‘locale’ manteneva una posizione di autonomia, agendo per tornaconto personale e tuttavia con la consapevolezza di così contribuire alla permanenza ed al consolidamento del sodalizio criminoso” e inoltre “teneva costantemente informato Antonio Raso di quanto accadeva all’interno della Giunta comunale di Aosta e, in particolare, delle delibere e delle decisioni oggetto di discussione, dando corso e seguito ai suggerimenti e alle indicazioni che Raso gli comunicava; nonché interveniva, su richiesta di Raso, per risolvere problemi di varia natura in materia di lavoro e di rapporti con l’azione amministrativa del Comune”, in favore di membri della comunità calabrese residenti in Valle d’Aosta.

Secondo il gip lo scopo della ‘ndrina “è chiaramente quello di prendere il potere e governare la Valle d’Aosta e, in ultima analisi, di favorire ditte e società legate o vicine all’organizzazione per ottenere lavori pubblici; in altri termini, controllare ampi settori della vita politica ed economica della Valle d’Aosta”.

In questa ricerca di potere assoluto secondo i carabinieri rientrano le minacce di incendiare il ristorante La Grotta Azzurra di Aosta se il proprietario non avesse affidato i lavori di ristrutturazione ad un imprenditore ‘amico’ della cosca o meglio di Marco Di Donato.