‘Ndrangheta, colpo ai clan di Gioia Tauro: “Durante il lockdown aumentati gli affari di droga”

di Alessia Candito, Salvo Palazzolo

Fonte: Repubblica

Il lockdown dell’anno scorso non ha rallentato gli affari delle storiche famiglie della ‘Ndrangheta di Gioia Tauro. Anzi, li ha moltiplicati. Negli ultimi mesi gli investigatori del Servizio centrale operativo della polizia hanno sequestrato una tonnellata di cocaina proveniente dal Sud America. Non solo in Calabria, ma anche nel porto di Livorno. E stanotte è scattato un maxi blitz contro la cosca Molè, che vede impegnate tre procure: Reggio Calabria, Firenze e Milano. Sono 104 gli arresti eseguiti. “Uno spaccato attualissimo del potere della ’ndrangheta – commenta il prefetto Francesco Messina, il direttore centrale anticrimine della polizia di Stato – le indagini ci dicono che l’organizzazione criminale si muove allo stesso modo nelle diverse parti del territorio, anche dove aveva scelto di essere sottotraccia. Abbiamo riscontrato la stessa violenza al Sud come al Nord, la stessa pressione sul tessuto economico”.

Forse è il segno che anche la potente ‘ndrangheta deve fare i conti con operatori economici che in alcune parti del territorio denunciano, con testimoni che rompono il muro dell’omertà e svelano le infiltrazioni mafiose nella società e negli enti locali. Ma restano davvero tante le estorsioni scoperte dagli investigatori delle squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno, coordinate dallo Sco diretto da Fausto Lamparelli. Anche al mercato del pesce di Gioia Tauro era imposta la tassa mafiosa del racket.

L’inchiesta

I Molè sono tornati e si sono affidati ai loro giovanissimi. Al centro di questa indagine c’è Roccuzzo Molè, all’epoca dell’inizio delle intercettazioni appena 23enne, nipote di quel Rocco Molè, l’ultimo capo storico del clan. Antica costola dei Piromalli, i Molè hanno pagato con anni di sangue e di guerra le troppe ambizioni di Rocco, ammazzato nel febbraio 2008: giovane, ambizioso, troppo ambizioso, ha pagato con la vita il tentativo di allargare il proprio raggio di interessi oltre l’ambito che i Piromalli, uno dei casati che ha scritto la storia dell’Ndrangheta, gli avevano concesso. Per il suo omicidio non è stato mai individuato un killer, ma la storia della sua fine la raccontano le indagini e i pentiti. E anche la famiglia l’ha pagata, con un esilio fuori regione, che non ha fermato però gli affari. Adesso, questa indagine svela che gli antichi contrasti sembrano essersi appianati e i Molè sono tornati interlocutori anche di clan come quello dei Pesce. E pure sul territorio fanno sentire la propria voce.

Gli arresti

A Reggio Calabria, la procura diretta da Giovanni Bombardieri ha ottenuto dall’ufficio gip 36 misure cautelari. Il filone d’indagine della procura di Firenze, guidata da Giuseppe Creazzo, ha portato a 14 arresti. La procura di Milano, oggi diretta dal procuratore aggiunto Riccardo Targetti, ha disposto invece il fermo di 54 persone.

Vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, estorsione, usura, bancorotta fraudolenta, frode fiscale, corruzione e anche false fatturazioni. Le società “cartiere” sono ormai le lavatrici preferite dai padrini delle mafie, per ripulire milioni di soldi sporchi. Le indagini hanno portato anche a sequestri di società e immobili per tre milioni di euro. I crescenti affari di droga durante l’emergenza della pandemia hanno determinato nuovi investimenti criminali.