‘Ndrangheta e sanità: è Antonio Mandaliti il collegamento del clan Muto con Magorno

Tra qualche giorno i papponi del Partito Democratico calabrese si riuniranno in assemblea per leccarsi insieme le ferite dopo le continue figure barbine, se ne faranno una ragione e forse stavolta consegneranno lo scalpo di qualcuno a Gratteri. Le notizie di stamattina, che ci riferiscono del sequestro della lavanderia (industriale) del braccio destro diamantese del boss Muto sembrano andare dritte in questa direzione (http://www.iacchite.com/diamante-sequestrata-la-lavanderia-industriale-del-braccio-destro-del-boss-muto/).

Del resto, il PD calabrese è il partito del tutto e del contrario di tutto. Non dimentichiamo mai che è il partito dal quale sono uscite fuori le clamorose fughe di notizie funzionali ai desiderata del “boss” Marco Minniti e dei suoi tirapiedi, che dopo aver lanciato la bomba a mano del deputato “pidiota” affiliato al clan Muto, hanno fatto finta di niente. Quasi come se non avessero mai scritto lo “spiffero” arrivato direttamente dai soliti pezzi deviati dello stato.

Del resto, i “servizi speciali” non si smentiscono mai. Puzzano sempre di marcio e poi vorrebbero togliere tutto l’olezzo nauseabondo che emanano, spruzzando un po’ di deodorante e peggiorando, di fatto, la situazione. Salvo poi ricordarsene e consegnare qualcuno alla magistratura per far vedere che sono “onesti” (sic!).

Direttamente dal Tirreno e dalla clinica Tricarico di Belvedere, abbiamo appreso che ci sono diverse auto sulle quali viaggiava il deputato del PD affiliato al clan Muto addirittura intestate al dottore Pasquale Tricarico e ad Andrea Orsino, uno dei fedelissimi del re del pesce.

minniti-magorno La DDA di Catanzaro ha appurato con relativa facilità, piazzando un po’ di cimici, che il deputato in questione è stato accompagnato più volte a Lamezia addirittura con l’autista della clinica e si chiama Ernesto Magorno. Altro che storie.

Il collegamento col clan Muto (ormai lo sanno anche i bambini) avveniva tramite Antonio Mandaliti, “responsabile” di Diamante ovvero il paese natale di Magorno e quello nel quale ha fatto il sindaco per qualche tempo.

Antonio Mandaliti è finito addirittura agli arresti nell’ambito della scalcinata operazione Frontiera, nella quale tutto è emerso tranne il coinvolgimento del deputato, “spifferato” poi dai tirapiedi di Minniti il giorno successivo.

Gli atti dell’operazione Frontiera, coordinata dal rivale più acerrimo di Pierpaolo Bruni ovvero Vincenzo Luberto, ci dicono che negli ultimi anni il clan Muto ha “… messo le mani su altri settori, aggiudicandosi lavanderie industriali gestite dall’indagato Antonio Mandaliti, 59 anni, elemento di vertice della cosca Muto, che attraverso l’impresa individuale fittiziamente intestata alla moglie Maria Iacovo, forniva le proprie prestazioni a numerosissimi alberghi, ristoranti, resorts e villaggi turistici nel territorio controllato dal sodalizio criminale…”.

luberto-bruni-ddaLuberto, come da consolidato copione, si è clamorosamente dimenticato la clinica Tricarico, perché Mandaliti si era messo al servizio principalmente di quella struttura, come tutti sanno sul Tirreno ma il particolare evidentemente è sfuggito al magistrato cosentino amico degli amici del Pd.

Negli atti, tuttavia, almeno troviamo qualcosa d’interessante rispetto alle cerimonie.

Sì, le cerimonie, in particolare quelle funebri e i matrimoni, che diventano occasione per scambiare informazioni fra gli appartenenti alla cosca Muto. Agli atti dell’operazione Frontiera sono documentati vari eventi: il funerale di Luigi Gramigna ad Acquappesa; un matrimonio a Sala Consilina, occasione d’incontro, in particolare, fra il diamantese Mandaliti ed il boss Franco Muto.

Adolfo Foggetti
Adolfo Foggetti

Adolfo Foggetti ha raccontato della partecipazione di Antonio Mandaliti e di Franco Iacovo (suo cognato, fratello della moglie Maria), in rappresentanza di Franco Muto, al matrimonio di Ivan Bruni, fratello dello ‘ndranghetista Michele.

Un’altra cerimonia diventa occasione di incontro.

Il 12 settembre 2015, a Sala Consilina alcuni indagati erano stati invitati ad un matrimonio.

“Il 19 agosto 2015 veniva captata la conversazione, nel corso della quale Franco Muto diceva a un tale Sorbo che non poteva mancare al matrimonio”. Dall’ascolto delle telefonate alla vigilia del matrimonio, si apprendeva che Valentino Palermo sarebbe andato al matrimonio in compagnia dello zio Antonio Mandaliti.

Il 12 settembre dello scorso anno, presso la chiesa della Madonna del Latte di Sala Consilina, era previsto il matrimonio. Al convivio, sono state documentate, oltre a quella del boss Franco Muto, le presenze di Antonio Mandaliti, dei fratelli Palermo, Simone Chiappetta, Muto Junior, ed altri esponenti della criminalità della costa tirrenica. Tutti questi si univano tra loro in un unico gruppo, rispetto alle centinaia di invitati.

Il boss Franco Muto
Il boss Franco Muto

“Particolare rilevanza – si legge agli atti – assumeva un colloquio estremamente riservato, protrattosi per diversi minuti, documentato tra Francesco Muto e Antonio Mandaliti, i quali si appartavano nel giardino del ristorante”. 

Insomma, Mandaliti è assolutamente intraneo alla cosca Muto e tra i tanti incarichi che aveva, c’era anche quello di rappresentare il riferimento di Ernesto Magorno. E questa ormai è storia.