‘Ndrangheta, i nostri auguri a Maurizio Rango

Maurizio Rango

Che il regime carcerario del 41 bis sia una barbarie è cosa risaputa.

A sostenerlo non sono solo io, ma una marea di gente, tra cui politici, intellettuali, preti e molta gente comune. Diverse sono le associazioni e le organizzazioni politiche che da tempo si battono per l’abolizione di questo regime carcerario disumano.

La dignità del detenuto e la sua rieducazione sono garantite dalla Costituzione. E questo regime carcerario non favorisce né l’uno né l’altro. Una “misura” che già di per sé risulta incostituzionale. Infatti le privazioni a cui è sottoposto il detenuto in regime 41 bis, rasentano l’assurdo oltre che l’illegalità: cosa c’entri l’avere o meno dei libri in cella, con la sicurezza dei cittadini io ancora non l’ho capito.

bagno con telecamera

Lo stesso vale per la macchinetta del caffè, o per carta e penna. Se un detenuto scrive una lettera o delle poesie, e nel mentre si prepara un caffè in cella, qualcuno mi spieghi come questo può nuocere alla sicurezza della comunità.

Come pretestuose e vessatorie sono le continue perquisizioni a cui sono sottoposti i detenuti che vivono questo regime. Senza contare la drastica riduzione dei colloqui con i familiari, fondamentali per i reclusi. E quei pochi che riescono ad ottenerli sono costretti a vedere i figli e le moglie attraverso un vetro. Ogni contatto fisico è severamente vietato.

I detenuti soggetti al 41 bis vivono la giornata osservati da telecamere 24 ore su 24. Non esiste per loro un solo istante di intimità neanche quando vanno in bagno. Una tortura francamente inutile. Osservare il detenuto che espleta le sue funzioni fisiologiche quanto incide sulla nostra sicurezza? Francamente zero.

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Allora perché porre in essere queste vere e proprie torture psicologiche? Perché il 41 bis è stato pensato proprio per annichilire la volontà del detenuto. Costringerlo a non esercitare più ogni forma di sensorialità (una cosa terribile), spogliarlo della sua dignità per indurlo ad una collaborazione. Anche se la politica, e molta magistratura che sponsorizza questo regime e avalla le torture, giustifica questa barbarie come necessaria per evitare che i boss continuino dal carcere a comandare e a dare ordini a picciotti e gregari.

Una cosa che all’apparenza può sembrare giusta. Ma sappiamo che non è certo un vetro, o un libro, o il bacio ad un figlio, o lo stare chiuso in una cella 23 ore al giorno, ad impedire ai boss (quelli veramente potenti) di comunicare con i loro gregari: basta corrompere una guardia, che poi è il metodo più sicuro, oltre ad essere quello più affidabile e difficile da sgamare.

L’elenco dei servitori dello stato che allo stesso tempo servivano anche i capibastone è lungo. Quelli scoperti, figuriamoci quelli che non sono stati ancora scoperti. O quelli che si nascondono. Lo sanno bene i responsabili del DAP.

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Nonostante ciò si continua a far credere ai cittadini che questa tortura è utile alla loro sicurezza. Cosa che fa presa sull’immaginario collettivo e, forti del consenso popolare, direttori di penitenziari e pm possono, in spregio alla Costituzione, utilizzare con estrema discrezionalità questo strumento di tortura come arma di ricatto sui detenuti (cosa proibita dalla legge).

Che saranno anche dei mascalzoni che meritano la galera, ma non la tortura: qui c’è bisogno di capire e mettersi d’accordo se la Costituzione vale sempre o solo quando ci fa comodo.

Perché i detenuti, checchè se ne pensi, restano dei cittadini di questo stato che godono, come i cittadini liberi, anch’essi degli stessi diritti. Che piaccia o no, quella che in molti definiscono la Costituzione più bella del mondo, tutela anche loro.

Ciò non vuol dire essere teneri nei confronti di chi delinque, perché è previsto per chi non rispetta le regole condivise la peggiore delle pene: la privazione della libertà. E non mi pare poco. Proibire a taluni detenuti di leggere, scrivere, praticare una attività sportiva piuttosto che lavorativa, non giova per niente alla lotta contro le mafie. E’ il sistema interno di vigilanza dentro i penitenziari che va attenzionato e riformato, semmai!

detenuto

E’ chiaro che tutti aspiriamo a vivere in una società dove non esistono le galere, che vuol dire, semmai ciò dovesse avvenire, aver raggiunto un grado di emancipazione collettiva altissima, dove non c’è più bisogno di rubare, ammazzare, truffare, perché tutti viviamo con onestà e rettitudine in una società giusta che ama e tutela tutti.

Il paese del balocchi, il mondo delle favole, lo so, ma sognare per fortuna non è reato. Fin quando l’uomo non realizzerà questa utopia, il “bisogno” di galere purtroppo non cesserà. Perché uno stato civile e democratico deve necessariamente rispondere alla domanda del cittadino che chiede sicurezza. E lo strumento oggi, come ieri, è il carcere.

Ma questo non significa che dobbiamo, di fronte ai delinquenti, dismettere la nostra umanità. Avallare torture e vessazioni ci riporta indietro agli anni bui della storia. Ci priva, anche se dovessimo pensare che in fondo due “bastonate” quel delinquente se li merita, di un pezzetto di Libertà che altri a fatica hanno conquistato. Salvaguardare la dignità dei detenuti significa vigilare sulla nostra Libertà. In uno stato democratico non esistono zone franche.

La Legge è Legge, sempre e ovunque. E vale anche in carcere.

Il nostro augurio a Maurizio Rango, che discute oggi in sede di riesame la sua “incompatibilità” con il regime carcerario del 41 bis, ovviamente esteso a tutti i detenuti che vivono le sue stesse condizioni, è che oggi questa sua legittima e umana richiesta possa essere accolta.

E’ un suo diritto che per quel che ci riguarda vale anche per Maurizio Rango. Una situazione che la nostra redazione ha deciso di seguire, e su cui vi terremo aggiornati.

GdD