‘Ndrangheta in Lombardia, operazione Krimisa: coinvolto anche ex sindaco del Varesotto

‘Ndrangheta, politica e gestione di attività commerciali e di parcheggi attorno all’aeroporto di Malpensa. Sono gli elementi dell’indagine ‘Krimisa’ coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e condotta dai carabinieri del comando provinciale del capoluogo lombardo, che dalle prime luci dell’alba hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 34 persone (32 italiani, un marocchino e una romena) in varie province italiane. Al centro dell’inchiesta – nata dalla denuncia di un imprenditore che ha provato a spezzare il circolo – ci sono le dinamiche della locale di ‘ndrangheta di Legnano (Milano)-Lonate Pozzolo (Varese), i collegamenti con la politica e le mire della criminalità sulle attività intorno allo scalo.

L’indagine – ‘Krimisa’ è il nome greco di Cirò Marina – avrebbe accertato un legame tra l’ex sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta, di Forza Italia (già arrestato nel 2017 per tangenti), e alcuni esponenti della ‘locale’ di ‘ndrangheta, diretta emanazione della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina. L’elezione di Rivolta sarebbe stata appoggiata da influenti famiglie calabresi che lo avrebbero aiutato in cambio di un assessorato alla nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno (Varese).

Tra gli arrestati c’è un consigliere comunale di Fratelli d’Italia di Ferno, Enzo Misiano, accusato di essere il trait d’union tra l’ambiente politico locale e alcuni esponenti di spicco della cosca, e un perito che lavorava per la Procura di Busto Arsizio (Varese): avrebbe fatto da ‘talpa’ su alcune indagini. E risulta coinvolto anche “un altro esponente politico di livello regionale, il coordinatore dei Cristiano-popolari Peppino Falvo”. In particolare, da quanto emerge, l’associazione mafiosa riusciva a convogliare i voti dell’area varesina di Lonate Pozzolo, “cosa che hanno tentato anche nelle consultazioni elettorali del 2018, ma il loro candidato viene battuto”, spiega il pm Alessandra Cerreti. Uno scambio di voto che invece nel passato avrebbe funzionato. Nell’inchiesta entra un pacchetto di circa 300 voti che fa dire agli inquirenti che alcuni incarichi a Locale Pozzolo e Ferno sarebbero state “espressione della capacità del gruppo criminale di veicolare considerevoli quantità di voti, barattandoli con la nomina di familiari e parenti a cariche politiche ed amministrative”.