‘Ndrangheta, “Perseverance”. 10 arresti in Emilia e 35 perquisizioni in 6 regioni: dentro Giuseppe Sarcone

BOLOGNA. Colpo alla ‘ndrangheta in Emilia e in altre regioni. Stamattina la polizia di Reggio Emilia e i carabinieri di Modena hanno arrestatoo dieci persone in un’operazione chiamata “Perseverance”.

Si tratta di sette custodie in carcere, due domiciliari e una misura interdittiva, disposte dal Gip di Bologna su richiesta della Dda. L’accusa è associazione di tipo mafioso finalizzata, tra l’altro, all’attività di recupero credito da estorsioni e al trasferimento fraudolento di valori, mediante l’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro e beni, con prestanomi e società fasulle, per eludere le restrizioni patrimoniali o agevolare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Sono in corso 35 perquisizioni nelle province di Reggio Emilia, Modena, Ancona, Parma, Crotone, Milano, Prato, Pistoia e Latina. Sono 29 gli indagati, tutti italiani.

Arrestato l’ultimo libero dei Sarcone Grande

Giuseppe Sarcone Grande, l’ultimo fratello finora rimasto in libertà, è gravemente indiziato di essere uno degli attuali vertici dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana. Arrestato nell’operazione ‘Perseverance’ di polizia di Reggio Emilia e Parma e carabinieri di Modena, attraverso prestanome avrebbe gestito attività economiche modenesi e reggiane, come sale scommesse, officine meccaniche, carrozzerie, società immobiliari, nel tentativo di salvaguardare il proprio patrimonio da prevedibili sequestri, alla luce della misura di prevenzione patrimoniale già emessa nel settembre del 2014 nei confronti della famiglia. Ora sono state sequestrate cinque società, quattro complessi immobiliari e un’auto.

Episodio emerso in indagine è il tentativo di acquisire la gestione di un’area di servizio in provincia di Reggio Emilia e di una sala slot e scommesse a Modena, attraverso la costituzione, da parte di soggetti compiacenti, di apposite società, tutte di fatto di nascosto gestite da Sarcone.

Le estorsioni

La figura di Antonio Muto è emersa nell’indagine ‘Perseverance’ quando due coniugi si sarebbero affidati al gruppo per fare del male a una donna, divenuta di ostacolo per l’acquisizione di un patrimonio, un fatto scongiurato solo dall’intervento della polizia reggiana che, attraverso perquisizioni, ha indotto i mandanti ad abbandonare l’obiettivo per il timore degli inquirenti.

I due, in un’altra occasione, avrebbero anche chiesto alla consorteria di recuperare una somma di denaro, due milioni di euro secondo le intercettazioni, di probabile provenienza illecita. Muto si sarebbe rivolto quindi a Domenico Cordua e Giuseppe Friyio: i due si sarebbero appostati fuori dalla casa del debitore, in Toscana, e gli avrebbero consegnato documenti sul presunto credito, accompagnati da foto di suoi stretti parenti, con intento intimidatorio.

E’ seguito quindi un intervento, in difesa della vittima, da parte di una persona che si è presentata come referente di un altro gruppo calabrese. A quel punto sarebbe entrato in scena, “con azione che si è svolta con dinamiche tipicamente mafiose”, per gli inquirenti, anche Giuseppe Sarcone Grande. Ci sono state ‘trattative’ sull’esistenza e l’esigibilità del credito, affrontate in riunioni del gruppo, documentate dalla squadra mobile reggiana.