‘Ndrangheta, processo Crypto: l’escalation criminale del nipote del boss Gentile e del “reggente” Porcaro

Francesco Suriano e Roberto Porcaro

Esiste un forte legame tra le cosche rosarnesi e quelle del Cosentino consolidato dagli affari nello spaccio di droga. L’operazione “Crypto” della Dda di Reggio Calabria – approdata proprio due giorni fa alla sentenza di primo grado, ha accertato l’esistenza di «un’articolazione organizzativa associativa, coordinata da soggetti del Tirreno cosentino, nello specifico della zona di Amantea, fortemente legati a personaggi di Rosarno». Il trait d’union di questa sinergia – per gli inquirenti – è Francesco Suriano, «nipote diretto del capocosca Tommaso Gentile che, durante la prima parte di questa indagine, risultava detenuto». Che è stato condannato a 20 anni di reclusione. Così – mettono nero su bianco i magistrati – approfittando dell’assenza dello zio e sfruttando il vuoto venutosi a creare, Francesco Suriano «aveva accresciuto il suo spessore criminale e, oltre ad acquistare partite di sostanze stupefacenti dai rosarnesi, si era creato una propria rete di approvvigionamento».

Inoltre, così come emerso anche dall’operazione “Ares”, gli investigatori scoprono «collegamenti diretti tra il fratello di Francesco Suriano, Giuseppe, e Domenico Grasso che è stato indagato nell’ambito dell’operazione “Gerry”». Ed è stato proprio a seguito di un supplemento di indagine, effettuato nei confronti di quest’ultimo, che si è arrivati a individuare i rosarnesi indagati nell’operazione “Crypto” e in contatto proprio con Francesco Suriano. “Questi – evidenziano i magistrati – aveva creato una propria efficiente organizzazione alla quale, oltre al cognato Scalise, appartenevano Alessandro Marigliano, William e Giampiero Pati e Andrea Mazzei”.

Emblematico il loro modo di comunicare: “Si è accertato come Francesco Suriano comunicava con i rosarnesi a mezzo sms, utlizzando schede ricaricabili tedesche. Grazie alle attività di captazione, era possibile attribuire la responsabilità diretta dello stesso nell’importazione dei 22 panetti di cocaina (per un peso complessivo di 26 kg circa) sequestrati il 13 dicembre 2017 alla barriera autostradale di Vipiteno, a circo di Salvatore Fedele”.

Dalle indagini emerge come il “capo” del gruppo dei cosentini fosse solito rifornirsi dello stupefacente anche fuori dai confini italiani. Il 25 ottobre 2017, Francesco Suriano – è scritto nell’ordinanza – “aveva inviato dei suoi emissari in Olanda, al cospetto dei rosarnesi che li stavano aspettando, per ritirare un quantitativo imprecisato di cocaina. Grazie alle conoscenze in Spagna del sodale Andrea Mazzei e avvalendosi dell’attività di autotrasportatori dei fratelli Antonio e Gennaro Paletta, l’8 maggio 2018 importava oltre 50 chili di marijuana” che venivano sequestrati dai militari della Guardia di finanza di Castrovillari a seguito della segnalazione della polizia giudiziaria che stava indagando. Per il traffico di sostanze stupefacenti, Francesco Suriano si sarebbe avvalso della “collaborazione (nella doppia veste di fornitore-corriere, a seconda delle occasioni) di Antonio Gullace”.

L’attività investigativa svolta nei confronti di Francesco Suriano, oltre che individuare i suoi canali di approvvigionamento, ha permesso di cristallizzare tutta una serie di cessioni a diversi clienti. In particolare, a Cosenza, dove aveva come riferimento Roberto Porcaro (con il quale si scambiava messaggi criptici) ma anche a Paola, dove “annoverava come clienti Alessio Martello e Giuseppe Trombetta”. E anche a Napoli e a Roma.

Roberto Porcaro, classe 1984, è il reggente del clan Lanzino dopo la cattura del boss Ettore. Anche lui è stato condannato a 20 anni di reclusione. Secondo gli investigatori, Porcaro sarebbe stato posto al vertice del clan Lanzino-Patitucci (e dunque il gruppo dei cosiddetti “italiani”) direttamente da Francesco Patitucci. La figura di Porcaro è stata determinante nell’ambito di tutte quelle dinamiche che hanno portato alla costituzione di un sodalizio forte e temuto, siglato attraverso un patto federativo, con il cosiddetto clan degli zingari. Le loro attività illecite vanno dal racket al narcotraffico, dai pestaggi ai danneggiamenti, dall’usura ai proventi del gioco illecito in un disegno criminale ben definito e strutturato. Porcaro era stato scagionato, negli ultimi anni, dall’omicidio di Pino Ruffolo ed era stato scarcerato a maggio del 2019. Ma era stato nuovamente arrestato a dicembre del 2019 dalla Dda di Catanzaro insieme ad altri soggetti della famiglia Abbruzzese perché ritenuti appartenenti ai clan dominanti in città. I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, il danneggiamento e l’omicidio. Il delitto contestato è quello di Luca Bruni avvenuto il tre gennaio del 2012 a Rende. 

Il procuratore Bombardieri, in conferenza stampa, aveva sottolineato che uno degli aspetti più importanti del traffico internazionale di droga era da ricercarsi nei rapporti instauratisi con altre consorterie criminali, in special modo in Calabria e in Sicilia. Tra i gruppi criminali destinatari dei carichi di droga si riportano diversi e autonomi gruppi delinquenziali: – quello operante nella zona di Amantea (CS) e Cosenza, riconducibile rispettivamente a SURIANO Francesco, esponente di spicco della “’ndrina Gentile”, e a PORCARO Roberto, reggente della “’ndrina Lanzino”; uno nel torinese, facente capo a RASO Vincenzo; – uno nella città di Catania, riconducibile a CAMBRIA Francesco, esponente di spicco del “Clan Cappello”; – altri operanti tra le città di Siracusa, Benevento e Milano.