La sortita con cui una trentina di militanti antifascisti cosentini ha impedito una manifestazione di Casa Pound sulla “sovranità” induce qualche riflessione.
Il punto fermo è che i risultati essenziali dell’analisi marxiana come lo sfruttamento e l’alienazione impliciti nei rapporti di lavoro capitalisti e la “lotta di classe” (che oggi però viene fatta dai capitalisti ai ceti subalterni) sono più che mai attualissimi. Eppure tanto questi risultati quanto l’impegno politico “di sinistra” che su di essi si fonda vanno contestualizzati in una realtà assolutamente inedita. La forma di aggregazione sociale in cui al tempo di Marx si produceva lo sfruttamento capitalista era lo Stato-Nazione. Erano le Istituzioni statali a garantire l’ordine repressivo borghese e a fungere da baluardi delle classi dominanti e dei loro privilegi: baluardi ideologici e culturali (la cultura borghese propagandata dalle scuole, dalle università, dai media) e baluardi tecnocratici, burocratici e militari (governi, esercito, polizia ecc.). Ed in parte questo scenario si produce pure oggi: l’ordine borghese è ancora tutelato “sul campo” dalle polizie di “Stato” ed è garantito ideologicamente dalle università e dai mass media che propagandano il “pensiero unico” neo-liberista.
Nel frattempo, però, si è prodotto un fenomeno di portata epocale: il Potere capitalista ha assunto definitivamente una dimensione plurima, cangiante, anonima, transnazionale, immateriale. Come è anonimo, transazionale e immateriale il denaro, il potere del denaro, dei flussi di capitali manovrati da oscuri speculatori di si cui ignorano spesso nomi e volti, dei fondi di investimento che influenzano le economie reali di interi continenti. «Si può uccidere un tiranno», come scriveva Maurras, «ma l’oro sfugge alla designazione e alla vendetta».
Ciononostante, è ancora possibile descrivere il Potere. Lo si può definire una Plutocrazia sovranazionale (il termine l’ha usato di recente Chomsky, non è un residuo retorico fascista). Questa Plutocrazia è costituita dall’élite finanziaria ed economica mondiale (grandi banche, multinazionali ecc.). Essa coordina le sue strategie tramite una rete di lobby, super logge e circoli internazionali come il Bilderberg Group, la Trilateral Commission, l’Aspen Institute ecc. ed impone il proprio dominio globale attraverso i suoi nuovi “bracci operativi” politici e tecnocratici, “istituzioni” sovranazionali come l’Unione Europea, il FMI, la Banca Centrale Europea, la Banca Mondiale ecc.
Cosicché, uno dei risultati più eclatanti del Potere capitalista post-moderno è esattamente questo: aver tanto sottratto ai vecchi Stati ruoli, funzioni, poteri, autonomie, sovranità da averli -di fatto- eliminati. In Europa, questo processo ha raggiunto il suo apice con la sottrazione agli Stati nazionali della più vitale ed essenziale delle forme di sovranità, quella monetaria, attraverso l’imposizione della moneta unica. Oggi in Europa la situazione è questa: lo strumento finanziario della Plutocrazia, la BCE (consorzio di Banche Centrali che a loro volta sono consorzi di Banche private) emette una moneta -l’euro- di fatto privata e la impone agli Stati che sono costretti a prenderla in prestito. Tale meccanismo alimenta all’infinito prima la truffa del signoraggio e poi il “debito pubblico”: lo stesso “debito” utilizzato dalla Troika come scusa per imporre ai Paesi europei i drammatici tagli alla spesa pubblica che li stanno uccidendo.
Allora di fronte alle dinamiche in atto e per contrastare la dittatura plutocratica oggi chi “milita a sinistra” deve ‘pensare l’impensabile’ ed ‘osare l’inosabile’, oltrepassando l’ideale “Fiume Rosso” di certi pregiudizi ideologici che non solo sono vecchi e stantii, ma anche controproducenti. Quindi deve accettare il fatto che per contrapporsi alla dimensione transazionale del Potere capitalista occorre esattamente tutelare e rivendicare forme di autonomie e di auto-determinazione nazionali e locali. Insomma, il paradosso è che in questo momento per conservare la sua vocazione “internazionalista”, per difendere la “classe operaia” mondiale e conservare il senso di solidarietà tra gli oppressi e le vittime del Capitalismo (e i 3/4 dell’umanità, in ogni continente, è vittime del capitalismo globalizzato) la Sinistra deve lottare proprio per recuperare lo Stato e ripristinare le sovranità nazionali. In particolare, il fronte vitale per i popoli europei è quello della sovranità monetaria: solo restituendo agli Stati una moneta nazionale e la giusta capacità di autodeterminarsi sarà possibile ripristinare quelle politiche economiche di investimenti pubblici indispensabili per rimettere in moto l’economia e salvarci dal disastro. Altrimenti i popoli europei continueranno ad essere letteralmente “strozzati” dalla Plutocrazia.
Questo sforzo di “recuperare lo Stato” implica quello di tutelare le più piccole specificità locali. Al Potere capitalista transazionale vanno contrapposti “contro-poteri” e forme di auto-determinazione di portata regionale e persino comunale: il referendum contro le trivellazioni è un esempio calzante di reazione locale nei confronti del Potere sovranazionale (in questo caso quello della lobby petrolifera e dei suoi servi del governo Renzi).
Più in generale, la “Sinistra” deve affrontare senza remore il “tabù” della questione delle “identità” culturali, compreso quella italiana. Il che non vuol dire rinunciare alla vocazione mondialista e terzo-mondista, né all’accoglienza degli immigrati, né all’impegno di una pacifica integrazione. Non si tratta di alimentare “guerre tra poveri” di matrice etnica (italiani contro extra-comunitari). Al contrario, si tratta di capire che la tutela delle identità culturali nazionali e locali è uno degli ultimi strumenti contro la deriva della globalizzazione capitalista e contro l’omologazione che rende ancora più inermi i popoli e le comunità di fronte al “pensiero unico” neo-liberista. Insomma, difendere i pomodori siciliani o l’identità culturale calabrese equivale, nei confronti del grande Capitalismo globalizzato, a difendere contemporaneamente una foresta di Sumatra, le tradizioni culturali di una comunità di montagna peruviana o una fabbrica bengalese.
Queste sono questioni vitali. E ruotano attorno al tema della sovranità politica e monetaria nazionale. La Sinistra non può lasciare ad altri questo tema. Anzi, deve condividerlo, a costo di un durissimo, ma vitale sforzo di rinnovamento intellettuale e politico. Altrimenti resterà fuori dalla Storia, non solo dal Parlamento e dai consigli regionali. Di fronte alla gravità dei problemi e alla brutalità totalitaria del Potere plutocratico, esprimere il proprio impegno di “compagni”, “militanti” ed “antagonisti” impedendo una manifestazione di Casa Pound è fare come farebbe uno che, sodomizzato da un gorilla di montagna, agitasse le braccia per scacciare una mosca.
Giovanni Potente