Omicidio Bergamini, 43^ udienza. Famiglia Interno’: 14 ore di menzogne e “sceneggiate”

La 43^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini passerà agli annali come una drammatica maratona di oltre 14 ore nel corso della quale sono emerse in maniera disarmante una serie pressoché infinita di menzogne e di tentativi tragicomici di sfuggire alla giustizia da parte della famiglia Internò e del suo imbarazzante legale. Alla fine è uscita fuori l’immagine di un nucleo familiare dilaniato da quanto avvenuto nel corso di questi interminabili 33 anni, con tanto di intercettazioni “illuminanti” per capire che non c’è stato modo non solo di accordarsi su una versione univoca ma anche di tirar fuori un minimo di credibilità e di dignità davanti ad una Corte di giustizia.

La difesa dell’imputata Isabella Internò ha cercato in tutte le maniere possibili di evitare le testimonianze della madre, Concetta Tenuta, e della moglie del cugino, Michelina Mazzuca. Entrambe hanno presentato certificato medico accusando rispettivamente una sciatalgia e una laringite e invocando il legittimo impedimento. Una sceneggiata invereconda, che ha costretto la presidente della Corte Paola Lucente ad usare le maniere forti, disponendo pertanto l’accompagnamento coatto per entrambe le testimoni. E dai contenuti delle loro deposizioni si è capito perfettamente perché la difesa avrebbe preferito evitare di esporle. 

Concetta Tenuta, in particolare, è stata portata in aula da un’ambulanza e su una sedia a rotelle. Ma per arrivare al “risultato” sono trascorse quasi quattro ore, dalle 9,30 alle 13,05, quando – finalmente – la signora Concetta Tenuta vedova Internò ha iniziato a rispondere alle domande del pm Luca Primicerio.

La sua escussione dura oltre 2 ore e mezza nel corso delle quali la madre dell’imputata si contraddice più volte e non riesce a dare spiegazioni plausibili a una serie di quesiti fondamentali per capire il movente dell’omicidio di Denis Bergamini. La Tenuta racconta di un atteggiamento piuttosto permissivo nei confronti della figlia «Non siamo mai stati genitori all’antica e non ho mai preteso di sapere con chi mi figlia uscisse e chi frequentasse». La donna ricorda di aver visto due volte Denis a casa sua, presumibilmente a Rende ma nega di averlo mai visto nell’abitazione estiva di Cavinia, dove però il calciatore è stato visto addirittura da alcuni esponenti della sua stessa famiglia.

La madre di Internò riferisce che “Denis e Isabella si erano lasciati da 7-8 mesi” ma non ha mai chiesto il perché alla figlia e ha sottolineato più volte che non erano fidanzati “ufficialmente” perché si trattava soltanto di una “storia”.

Quando si tratta di ricostruire il giorno della morte di Denis, la testimone ricorda di aver ricevuto nel pomeriggio una telefonata del calciatore che chiedeva della figlia, che però era a casa di un’amica e di aver comunque avvisato Isabella non nascondendo il suo stupore per quella richiesta a distanza di tanto tempo. Nel maggio 2013, sentita dalla Procura di Castrovillari, aveva affermato, invece, che in casa in quel momento c’erano con lei il marito e la figlia Isabella. Non si capisce pertanto se la Internò era in casa o meno e a dirla tutta non si riesce neanche a capire se Denis aveva telefonato oppure citofonato… 

La sera poi Concetta Tenuta e il marito apprendono della morte di Denis «Ha chiamato a casa Isabella, eravamo io o mio marito, non ricordo se ha risposto lui o io al telefono ma ricordo che era in lacrime e ci ha detto che si trovava nella caserma dei carabinieri e che Denis era morto. Chiamammo subito mio cognato Alfredo (fratello del marito Francesco) e chiedemmo loro se qualcuno ci poteva accompagnare lì a Roseto perché noi non conoscevamo la strada. Venne a prenderci mio nipote Roberto Internò. Andammo sul posto, non ricordo se con la sua macchina o con quella di mio marito. Una volta arrivati, lungo la strada vedemmo che c’erano molte auto, tra le quali anche quella dei carabinieri e molta confusione. Ci fermammo, mio marito scese dalla macchina, volevo scendere anch’io ma un carabiniere mi fermò. Dopo poco tempo mio marito tornò con Isabella. Piangeva, era disperata e ci disse che Denis si era buttato sotto un camion. La abbracciai, la facemmo salire in macchina e tornammo a casa dove si creò subito grande confusione. Isabella mi raccontò che Denis in macchina era sereno, che avevano anche cantato e scherzato. Poi mi disse che si fermò in una piazzola di sosta e poco dopo scese e si tuffò come un pesce sotto il camion». Nel 2013 nella ricostruzione di quella sera omise alcuni dettagli soprattutto in merito al racconto di Isabella. Riferì infatti, “Isabella mi disse che si tuffò sotto un camion senza aggiungere ulteriori dettagli”. Ma tant’è.

Il tema centrale della testimonianza di Concetta Tenuta è stato l’aborto della figlia Isabella. «Non sapevo nulla dell’aborto – ha affermato -. Nel 2013 quando sono stata sentita a Castrovillari mi hanno chiesto se ne sapessi qualcosa ma era la prima volta che ne sentivo parlare e sono caduta dalle nuvole… Mi sono sentita male ma non ho creduto che fosse vero. Solo 5 anni più tardi, nel 2018 quando morì nostra madre, mia sorella (Assunta Trezzi) mi ha raccontato che Isabella aveva abortito in Inghilterra e allora ci ho creduto. Chiesi ad Isabella cose fosse successo ma lei mi disse che non voleva parlarne e non ne abbiamo più parlato, non ho voluto sapere più niente…». Alla domanda su come avesse preso la notizia la donna ha risposto ribadendo: «Non eravamo genitori all’antica, se ce lo avesse detto magari si potevano sposare, oppure poteva tenere il figlio e andava bene comunque. Di certo non avremmo accettato l’aborto!».

Concetta Tenuta nega anche che la figlia abbia mai dormito fuori casa in quegli anni. Ma l’avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, le fa però notare che sua figlia rimase fuori casa per almeno 5-6 giorni nel luglio del 1987 quando si recò prima ad Argenta a casa di Denis, poi a Torino dalla zia, e quindi, a Londra per effettuare l’aborto ed era impossibile che lei non si fosse accorta della mancanza della figlia da casa per così tanto tempo.

L’avvocato Anselmo le legge un passo della lettera che la Internò scrisse a Bergamini il 3 agosto del 1987 nella quale si fa esplicito riferimento a “tutti quei giorni nei quali abbiamo dormito insieme”. E chiosa: “Possibile che non si sia accorta di questo “buco” nella vita di sua figlia? Sparisce per almeno 5-6 giorni e lei non se n’è accorta?” La risposta della donna? Nessuna, ribadisce che non sapeva niente. L’aula rimane attonita e perplessa ma tutto quello che sta accadendo è drammaticamente vero.

Nel 2013, dopo che Concetta Tenuta viene ascoltata a Castrovillari, viene intercettata in una conversazione con la figlia, che le riporta il giudizio molto positivo del marito poliziotto Luciano Conte sulla sua deposizione (“mamma è stata proprio brava, di più…”) nonostante fosse spaventato dalla circostanza. Poi le viene chiesto come mai a sua volta avesse commentato: “speriamo che funziona” e la risposta – più eloquente di qualsiasi discorso – è l’apertura delle braccia. “La testimone – chiosa la presidente Lucente – apre le braccia”. 

Denis Bergamini in azione a Como (settembre 1989)

Ancora più lunga e più ricca di contraddizioni la testimonianza di Michelina Mazzuca, moglie di Roberto Internò, cugino di Isabella, anche lei accompagnata in maniera coatta dai carabinieri dopo un certificato medico che lamentava a suo carico una laringite. La donna viene ascoltata per 4 ore e chiamata a rispondere sulle contraddizioni emerse nelle due precedenti occasioni in cui è stata ascoltata.

Nella prima, il 26 maggio 2017 a proposito della sera della morte di Denis riferì: “Ero a casa di mio suocero, c’erano i miei suoceri, mio marito Roberto e mia cognata Loredana. Ad un certo punto arrivò una telefonata. Era zio Franco (il padre di Isabella) e parlò con Roberto dicendogli che era successa una tragedia e doveva accompagnarlo a Roseto a prendere Isabella. Roberto è andato allora a prendere zio Franco e zia Concetta per dirigersi a Roseto da Isabella. Sono andati direttamente alla caserma dei carabinieri dove si trovava Isabella, sono scesi e sono stati interrogati”.

Diverso quanto dichiara, invece, l’8 aprile 2019 quando viene sentita dal Procuratore Facciolla. La donna afferma: “Quella sera mi trovavo a casa dei miei suoceri dove c’erano diversi parenti. C’erano i miei suoceri, le mie cognate Loredana e Giuliana e poi c’erano zio Franco e zia Cettina (i genitori di Isabella). È arrivata una telefonata, credo fosse Katia, la figlia di zio Franco che chiedeva proprio del padre e gli ha detto che Denis era morto. Zio Franco ha quindi chiesto a Roberto di accompagnarlo a prendere Isabella. Quindi sono andati verso Roseto: Roberto, zio Franco e zia Cettina”.

Oggi, in aula, la versione è ancora diversa. E siamo addirittura alla terza! La donna riferisce, infatti, che «quella sera c’era anche l’altro cugino Luigi D’Ambrosio e in macchina con loro a Roseto è andato pure lui. Non ricordo però se zia Cettina era lì con noi quella sera»

Quando le vengono fatte notare le versioni discordanti, la donna dice di essersi sbagliata nel 2017, di non saper spiegare perché avrebbe detto che a fare la telefonata quella sera era stato lo zio, che invece si trovava con loro in casa. La presidente Lucente a questo punto la richiama più volte a dire la verità e a non prendere in giro la Corte.

L’avvocato Anselmo fa sentire in aula alcune intercettazioni ambientali tra la donna e il marito Roberto Internò, che risalgono alla settimana che precede la testimonianza in Procura a Castrovillari dell’8 aprile 2019. Intercettazioni nelle quali parlando del caso Bergamini il marito la invita, minacciandola, a parlare poco “Devi parlare meno Michelì, devi parlare poco!” e ancora “Io ti ammazzo, ti sfregio, non devi parlare”. La donna si pone domande sulle cause del decesso ma il marito la incalza: “Non me ne frega niente, io non c’entro niente e non ne voglio sapere niente. Io non temo niente, sono solo andato a prenderli”.

In un altro passaggio chiave dell’intercettazione, l’uomo le riferisce, a pochi giorni dalla convocazione in Procura, la sua versione dei fatti “A casa c’erano anche zio Franco e zia Cettina quando chiamò Katia e parlò con zio per dirgli che Isabella era presso la caserma di Roseto Capo Spulico e bisogna andare a prenderla. Quindi zio mi chiese di accompagnarlo e andammo io, lui, la zia Cettina e Luigi D’Ambrosio. Arrivati in caserma scese solo zio, io e zia Cettina siamo rimasti in macchina, non siamo neanche scesi”. Versione che poi la donna fornirà effettivamente agli inquirenti l’8 aprile 2019.

Michelina Mazzuca resta più che mai ambigua e si smentisce più volte ricostruendo l’accaduto, tanto che la presidente Lucente, stizzita, la rimprovera aspramente: «Lei sta negando l’evidenza, si sta mettendo in una brutta situazione».

L’avvocato Anselmo non può fare a meno di rilevare, dall’ascolto delle intercettazioni, che la signora Mazzuca in Internò non crede alla versione del suicidio e chiede conto al marito di non dire tutta la verità. Il marito si giustifica – “Hanno coinvolto anche me, ma io non c’entro niente” – ma la moglie torna a incalzarlo: “Ma se sai qualcosa perché non la dici?”. Con l’esclamazione che è tutta un programma e riflette il rapporto dei coniugi con la Internò: “A noi di questa Isabella non ce ne frega niente”. In chiusura della sua deposizione la donna afferma, riferendosi a quelle conversazioni con il marito: «Mio marito mi ha lanciato contro un posacenere e mi ha colpito ad un ginocchio perché parlo troppo… ».

Dopo la moglie, tocca al marito, Roberto Internò. La ricostruzione della sera della morte di Denis cambia ancora. L’uomo afferma: «Eravamo a casa dei miei genitori e noi uomini stavamo giocando a carte fuori davanti alla casa (non dentro come invece aveva affermato sua moglie, ndr). Eravamo io, mio padre, zio Franco, mio fratello Dino Pippo (solo lui lo vede in casa quella sera, ndr) e mio cognato Luigi D’Ambrosio. In casa a cucinare c’erano le donne, mia moglie, mia madre le mie sorelle e zia Cettina». La figura di Luigi D’Ambrosio compare per la prima volta nel 2019 quando Internò viene sentito in Procura a Castrovillari, prima di allora l’uomo non lo individua in casa né tanto meno dopo quando racconta il viaggio verso Roseto Capo Spulico dopo la telefonata della cugina Catia. Fino al 2019 la versione di Internò vede in macchina lo stesso Internò alla guida della sua Alfa 6 e gli zii Franco e Cettina.

Nella deposizione resa a Castrovillari in auto c’è anche D’Ambrosio che secondo quanto riferisce oggi in aula l’uomo sarebbe sceso dall’auto insieme allo zio una volta arrivati sul luogo dell’incidente mentre lui e la zia restano in auto. Proprio su questo aspetto emerge un’altra circostanza contrastante. Internò afferma di essersi diretto a Roseto per andare a prendere Isabella che si trovava presso la caserma dei carabinieri e di essersi fermato lungo la strada nel momento in cui hanno incontrato una coda di auto e trovato quindi il luogo dell’incidente. La Corte gli fa però notare che il luogo dell’investimento di Denis si trova dopo la caserma dei carabinieri di Roseto Capo Spulico per chi viaggia da Cosenza. L’uomo non è stato in grado di fornire giustificazioni a questo proposito.

Il pm Primicerio chiede a Roberto Internò come mai non ci fosse con loro in auto il fratello Dino Pippo e anche in questo caso il teste non dà una spiegazione, così come non riesce a darla quando gli chiede conto del suo stentato riconoscimento dei parenti nelle foto scattate nel corso del funerale di Bergamini. In una conversazione intercettata con Dino Pippo ammette candidamente di aver fatto finta di non riconoscere il cugino Pietro Casciaro mentre ancora oggi dice di far fatica a riconoscere… suo fratello. Quella conversazione, peraltro, viene captata quando Roberto ha appena terminato l’interrogatorio a Castrovillari e sempre in quel dialogo, Roberto esplode in un fatidico “Iaramiseria, eravate tutti in prima fila al funerale!”, che riflette in pieno il suo dissenso per la strategia adottata dai suoi familiari e rappresentata plasticamente dal fatto che lui a quel funerale non c’è proprio andato.

Gli vengono chiesti lumi sul suo rapporto col boss di Santa Chiara di Rende Francesco Patitucci, che nel 2005 viene fermato dai carabinieri mentre stanno salutando sia lui che il fratello nel corso di un controllo. Roberto Internò riferisce che sono stati compagni di scuola alle elementari e alle medie e che non si vedevano da molti anni. E anche su un episodio che l’ha visto coinvolto quando era ancora molto giovane: qualcuno gli sparò al fianco dopo una lite per una coda ad un distributore di benzina. Ma il teste non è riuscito a ricordarsi il nome del suo aggressore.

Viene chiesto anche a Internò delle intercettazioni ambientali con la moglie e del perché la inviti più volte a non parlare arrivando anche a minacciarla. L’uomo nega di aver mai minacciato la moglie o di averla aggredita e afferma: «Mia moglie parla parla… non fa come gli altri che dicono “Io non so niente” e se la cavano» e continua: «Da quando è morto nostro figlio (nel 2016, ndr) mia moglie non è più la stessa, è in cura, prende farmaci, soffre di bipolarismo e ogni tanto diventa aggressiva e dà in escandescenze». La presidente gli fa notare che in quelle intercettazioni chi va in escandescenze e diventa aggressivo è invece lui ma l’uomo sminuisce parlando di semplici battibecchi da marito e moglie.
A proposito dell’aggressività di Roberto Internò ci sono anche altre intercettazioni nelle quali l’uomo esprime consigli su come correggere i comportamenti del figlio di un’amica della moglie: “Io gli avrei fatto un imponimento, come ho sempre fatto, con una pistola di plastica alla tempia e poi vediamo se trattava male i genitori…”.

La parte finale della testimonianza rivela ancora altri punti oscuri dell’atteggiamento di Roberto Internò quando afferma a proposito della moglie: “Quella ci condanna a tutti”, inducendo il legale della difesa a un lapsus quasi freudiano: “Ha paura di quello che dice la moglie…”. Per non parlare della confusione che fa quando è chiamato a dire il momento nel quale ha appreso della morte di Bergamini. Ma il clou lo si tocca quando afferma con il massimo del candore che la Internò, nel raccontare i fatti, era sì disperata ma aveva ricordato a lui, al padre e alla madre che Bergamini – comunque – le aveva “regalato” la macchina. Che non è proprio il massimo per una donna “addolorata” per la morte, appena avvenuta tra l’altro, di una persona cara. E la ulteriore “perla” sta nel finale quando ricorda a tutti e un po’ anche a se stesso che lui non è neanche andato al matrimonio di Isabella. 

Ultimo ad essere ascoltato è stato Luigi D’Ambrosio, marito di Loredana (sorella defunta di Roberto Internò). L’uomo era stato sentito in precedenza il 1.08.2017. Proprio in quella circostanza spunta fuori per la prima volta la sua “presenza” a casa di Alfredo Internò e in macchina assieme al cognato Roberto e agli zii Franco e Cettina. Prima di allora nessuno, neanche a specifica domanda, lo individua a casa Internò quella sera, né in macchina in direzione Roseto Capo Spulico. A queste contestazioni D’Ambrosio risponde: «Forse non gli sono state fatte domande a proposito». Nella ricostruzione fornita dall’uomo oggi quella sera a casa dei suoceri si trovavano «Io, Loredana (l’allora fidanzata e futura moglie), i miei suoceri, Roberto e Michelina e gli zii Franco e Cettina».

In quella prima deposizione però l’uomo era stato meno deciso: “Quella sera eravamo io, Loredana, i miei suoceri, Roberto e Michelina e non ricordo se c’era anche lo zio Franco né come abbiamo appreso la notizia della tragedia. Non ricordo se zio Franco ci venne a chiamare o se era già lì”. D’Ambrosio non parla di telefonate né della zia Concetta. Messo di fronte a questa incongruenza l’uomo afferma: «Oggi ho nella mente l’immagine di zio Franco lì con noi. Di sicuro era con noi quando siamo andati a Roseto a prendere Isabella in Caserma, la abbiamo trovata su una panchina. Ci siamo anche recati sul luogo dell’incidente non ricordo se prima o dopo ma ricordo di essere arrivato lì ed essere sceso dalla macchina assieme a zio Franco e di aver visto la scena. Ho il fotogramma dell’immagine del camion e del corpo di Denis a terra ancora scoperto». Altre incongruenze risultano sugli orari: «Siamo partiti da Cosenza che era pomeriggio, c’era ancora luce, quando siamo arrivati sul posto era l’imbrunire».

L’udienza si chiude a mezzanotte, senza ascoltare Francesco Arcuri, la cui deposizione viene rimandata al prossimo 29 maggio quando il processo tornerà a Cosenza dopo la doppia udienza del 19 e 20 maggio, in programma presso la Corte d’Assise di Bologna.