Omicidio Bergamini, 53^ udienza. Avato: “Ho lavorato al buio. Perché Denis era già a terra?”

Stamattina in Corte d’Assise a Cosenza è ripreso con la 53^ udienza il processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, che vede come unica imputata l’ex fidanzata Isabella Internò, anche oggi contumace e che proprio oggi ha compiuto 55 anni.

La Corte sta ascoltando i testimoni della difesa e oggi è stata la volta di Francesco Maria Avato, il medico legale che effettuò la prima autopsia sul corpo di Bergamini. Inevitabile, di conseguenza, assistere ad un’udienza particolarmente “tecnica” e imperniata sul confronto tra due visioni diverse della medicina legale. Quella più antica di Avato e quella più moderna dei consulenti della parte civile presenti in aula ovvero Roberto Testi e Margherita Neri, ai quali si è aggiunto Vittorio Fineschi, già teste qualificato nel processo. Il punto comune tuttavia è che le condizioni di asfissia trovate nei polmoni di Denis Bergamini non sono state causate da una cosiddetta asfissia da schiacciamento o da compressione.

Avato, per quanto sia ancora oggi poco restio a sposare la causa della glicoforina e dei progressi scientifici nell’accertare la vitalità delle lesioni, è stato il primo ad accertare la congestione e la componente asfittica presente nei polmoni del calciatore. “I polmoni – ha detto – erano soffici, leggeri ed espansi e quasi si accostavano”. Una circostanza che era apparsa subito strana anche all’epoca della prima riesumazione, a gennaio del 1990, circa 50 giorni dopo la morte di Bergamini. Avato la attribuirà a una sorta di “sorpresa” nel momento in cui il calciatore subì il trauma ma è del tutto evidente che non può essere stato solo questo particolare a determinare la condizione dei suoi polmoni. Insomma, non siamo davanti ad un’asfissia da schiacciamento e Avato su questo la pensa come i suoi colleghi.

E il medico legale ferrarese, nativo però di San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza, non può fare a meno di evidenziare le tante stranezze alle quali è andato incontro all’epoca della sua relazione. “Non sono mai riuscito a capire perché Bergamini era disteso e a terra al momento del sormontamento” – afferma Avato per mettere subito in chiaro le cose. E aggiunge di essere rimasto sconcertato dal fatto che non gli era mai stato comunicato e notificato nulla riguardo a possibili ipotesi di reato. “Non mi sono state consegnate né fotografie e neanche verbali e rilievi, né quello dei carabinieri né quello del perito nominato dalla procura di Castrovillari. In pratica ho lavorato al buio con una sola generica constatazione di decesso per arresto cardiaco da schiacciamento verosimilmente per incidente stradale e niente altro. Il quesito che mi veniva posto era quello di chiarire cause, mezzi e modalità del decesso e la compatibilità rispetto alle modalità dell’incidente. Niente altro: nessuna informazione sulla dinamica dell’incidente, nessuna informazione sui vestiti… Si pensi che finora non avevo avuto nessun contatto con nessun magistrato!”.

Il professore Avato, rispondendo alle domande dell’avvocato Fabio Anselmo, sostiene che “il quadro polmonare di Bergamini era preasfittico” ma che la rottura dei setti alveolari poteva essere la conseguenza dello schiacciamento del bacino provocato dal sormontamento del camion. In ogni caso, continua a chiarire – e lo dice con estrema incisività – che il punto centrale della questione è un altro: “Come ha fatto a trovarsi sotto il camion in quel modo, cioè disteso e a terra?”. E va anche oltre: “Il corpo era disteso e di conseguenza non ci può essere stato né urto e né investimento o abbattimento: lo escludo”. Afferma inoltre di essere rimasto sorpreso dal fatto che la cute di Bergamini fosse sporca quasi come se il corpo fosse nudo al momento del sormontamento. In realtà Denis aveva i vestiti addosso ma Avato non ha mai visto le foto scattate dal brigadiere Barbuscio per i suoi grotteschi rilievi. Tuttavia, quando si tratta di commentare l’incidente probatorio effettuato dopo la nuova riesumazione della salma, si dichiara scettico sull’ipotesi della morte per asfissia meccanica violenta. Ma alla fine – come vedremo – non può controbattere sul fatto che non possiamo essere davanti ad un’asfissia da schiacciamento.

Il pm Luca Primicerio, a questo punto, considerato che persiste comunque un contrasto tra la tesi di Avato e quella dei medici legali che hanno effettuato l’incidente probatorio, chiede alla Corte la possibilità – accolta – di un confronto tra Avato e i consulenti Testi, Fineschi e Neri.

Roberto Testi afferma con sicurezza che il quadro polmonare da asfissia è determinato dall’incapacità dei polmoni di potersi espandere a causa della presenza di un ostacolo e che la preasfissia di cui parla Avato “non esiste”. Fa anche un esempio: “I sub che vanno in apnea trattengono il fiato ma non per questo si rompono i setti alveolari dei polmoni”. E passa quindi a confutare ogni possibile tesi di asfissia da compressione, perché questi casi sono quelli di persone decedute in seguito al crollo di una casa o di un impatto con le lamiere di un’auto. E non sono paragonabili al caso di Bergamini. Del resto, le lesioni sono tutte concentrate sul bacino e non c’è neanche una compressione addominale.

Passando all’esame dei reperti istologici, Testi ricorda che sono state fatte le sezioni del piano del collo e già queste, prima ancora dell’intervento della glicoforina, avevano evidenziato stravasi emorragici che testimoniavano in maniera netta la vitalità delle lesioni riportate da Bergamini nel blocco organi del collo. E per fugare ogni residuo possibile dubbio aggiunge che il soffocamento con un sacchetto o con una sciarpa non lascia nessun segno sul collo. “Dagli esami effettuati sui vetrini, tutto ci induce a pensare che la lesione sul corpo di Bergamini è post mortale”, conclude Testi.

Tocca quindi a Vittorio Fineschi. “Perché c’è l’asfissia? Perché i polmoni coprono il cuore e c’è una loro iperdistensione. I polmoni, cioè, sono pieni d’aria: ma com’è arrivata tutta questa aria?”. Anche Fineschi porta alcuni esempi di asfissia da compressione o schiacciamento e ricorda i morti dell’Heysel a Bruxelles e quelli del terremoto di Amatrice. Nel caso di Bergamini non c’è “compressione estrema”: non c’è la presenza di petecchie, il diaframma è integro, l’enfisema polmonare riscontrato su Bergamini non può essere stato causato dalla compressione ma da altro.

Passa poi alla glicoforina, ovvero la proteina A delle membrane dei globuli rossi che, infiltrata nei reperti istologici, rileva colorandosi di rosso la vitalità delle lesioni. Spiega scientificamente, richiamandosi ai due medici, uno finlandese e uno giapponese, che hanno studiato a lungo sulla gliocoforina, come la membrana persiste nel sangue ed è quindi da ritenersi assolutamente attendibile e sicura per come emerge anche da una semplice ricerca telematica. Sono decine e decine in tutto il mondo i casi giudiziari che vengono risolti grazie alla glicoforina.

Nella fase finale del confronto, il professore Testi ha ulteriormente chiarito le conclusioni dell’incidente probatorio alla base della seconda autopsia sul corpo di Bergamini. L’enfisema acuto che si riscontra nei polmoni di Bergamini non può essere stato causato da un sormontamento che non può essere durato più di 3 secondi. Ed è a questo punto che Avato non può più controbattere e ammette che sul corpo di Bergamini non ci sono i riscontri necessari per parlare di asfissia da schiacciamento. Un punto comune alla fine è stato trovato. L’asfissia non è compatibile con l’impatto ma è avvenuta meccanicamente, secondo quanto dimostrano i dati morfologici.

E la difesa? A un certo punto, l’avvocato di Isabella Internò, Angelo Pugliese, si sveglia dal letargo e gli esce fuori un “sormontamento della salma” che non solo è un lapsus freudiano ma sintetizza fedelmente tutto l’andamento dell’udienza. Incredibile, ma vero. Si ritorna in aula il 25 gennaio.