Operazione “Factotum”, spunta un nuovo pentito. La questura pronta a un nuovo blitz antidroga

Quel marlonbrando di un Cozzolino

Oramai è diventata una usanza come i cuddruriaddri ara ‘Mmaculata. Non appena le forze dell’ordine fanno un blitz, subito dopo spunta il pentito. Fare il malandrino a Cosenza, così come intrallazzare, conviene. Male che va, se ti arrestano, ti penti e tutto finisce a tarallucci e vino. Accusi qualche disgraziato al pari tuo, dici quello che qualche pm ti suggerisce, non accusi pezzotti politici, o amici del pm, e la fai franca. E ti puoi anche tenere i soldi provenienti dal malaffare.

A Cosenza oramai non ci fa più caso nessuno. Sono talmente tanti quelli che hanno saltato il fosso che non si riesce più a tenere il conto. A Cosenza i pentiti possono anche ritornare a fare i boss. Pentirsi non è più considerato uno sgarro, tranne per i pochi che dalle loro dichiarazioni macinano anni di galera. Perché alla fine qualcuno in galera ci deve andare, e chi finisce in cella lo stabilisce il pm in base alle sue convenienze: di carriera, o di copertura agli amici degli amici. I pentiti, da noi, non vengono usati per il fine alto della Giustizia o per la ricerca della verità, ma come arma di ricatto contro i propri nemici.

Infatti nonostante tanti pentiti cosentini abbiano cantato di tutto e di più (politici corrotti, magistrati collusi e forze dell’ordine infedeli),  dopo le loro dichiarazioni in galera è finito solo Rango. Tutti gli altri chiamati in causa dai vari Foggetti, Lamanna, Edita, Bruzzese, fanno la bella vita come sempre. Questa è la prova provata dell’utilizzo dei pentiti. Se parlano di chi vogliono i pm sono credibili, quando dicono quello che i pm non vogliono sentire dire, non sono attendibili, o le loro dichiarazioni vanno verificate nei secoli dei secoli, amen.

Dopo l’operazione denominata “Factotum” scattata all’alba dell’8 novembre scorso, dove oltre 300 uomini della Polizia Stradale e militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, su ordine della procura di Cosenza eseguirono 37 misure cautelari personali (29 ai domiciliari, 8 in carcere), 2 obblighi di firma e ben 80 perquisizioni, ecco che arriva il nuovo pentito. Gli imputati, oggi tutti liberi o agli arresti domiciliari, sono accusati, a vario titolo di traffico internazionale di automobili, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti ed armi, truffa, furto, usura, estorsione, incendio per frode assicurativa.

Una operazione che definire specchietto per le allodole (per far credere alla popolazione che la procura si muove) è dire poco. Inconcludente, senza sostanza, e rivolta a persone che oltre ad essere dei consumatori abituali di sostanze stupefacenti, cedevano qualche grammata a qualcuno. Per carità, il reato ci sta, ma definirla una operazione contro i “narcos” cosentini, tale da mobilitare 300 uomini per eseguire 30 assegnazioni ai domiciliari, fa capire il valore della stessa.

Tant’è che il Gip non ha messo in galera nessuno e chi c’è andato c’è rimasto solo per qualche giorno. E siccome l’impianto accusatorio così come è stato prodotto dal pm non regge neanche al primo alito di venticello, hanno deciso di farsi dare una mano da qualcuno. E dal gruppo dei 37 hanno tirato fuori quello che secondo loro è il più malandrino chiedendogli, dietro la promessa di una pronta e tranquilla libertà, di pentirsi. Quello che spacciava nel proprio magazzino, quello che offriva “na botta” a tutti. Quello che controllava la qualità della pezzata: è bbona, è loffia. Uno che ha avuto già problemi in passato, non solo con la giustizia, ma anche con qualche altro malandrino fino al punto di ricevere qualche pallottola.

Ora gli faranno dire tutto quello che al pm serve per incastrare qualcuno in particolare dei 37, perché qualche condanna a casa, dopo questa inconcludente operazione, bisogna portarla. Non fosse altro che per giustificare i costi sostenuti dal contribuente per questa inutile operazione, e per dare una immagine ai cosentini dell’efficienza della procura. Tutto fumo negli occhi, mentre la vera ‘ndrangheta sguazza alla grande.

E’ sempre lo stesso copione, non cambia mai. E la prova, semmai ce ne fosse bisogno, la troviamo nell’utilizzo strumentale dell’ultimo pentito in ordine cronologico, Luca Pellicori, utilizzato dal pm per incastrare Marco Perna. Vista l’inconcludenza anche dell’operazione “Apocalisse” dove Marco Perna è imputato. Una operazione anch’essa smontata dal Gip e dal tribunale del riesame. Ma nonostante ciò, piuttosto che ammettere la sconfitta e il lavoro mal svolto, i pm preferiscono reclutare pentiti a convenienza, facendogli spesso e volentieri dichiarare il falso. Una convenienza che sta bene ad entrambi. Infatti Pellicori ha da poco finito di cantare, e le indagini sul nuovo “filone” di Apocalisse sono state chiuse.  E la squadra mobile di Cosenza si sta preparando all’ennesimo blitz sui “narcos” cosentini. Dove – ci potete scommettere – uscirà fuori qualche altro pentito. E la giostra continua.

GdD