Pasquale Motta, il consulente che scotta

Non capiamo questa insistenza della Dda di Catanzaro nel voler a tutti i costi sbattere in gattabuia il noto e sempre anti ‘ndrangheta giornalista Pasquale Motta. L’ex direttore di LaC e giornalista di lungo corso, risulta indagato da Gratteri, in qualità di procuratore capo della Dda di Catanzaro, nell’inchiesta denominata “Alibante”.

Era il 3 maggio del 2021 quando i Carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Lamezia Terme diedero esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica – Dda di Catanzaro, nei confronti di 19 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta. L’operazione interessò la provincia di Catanzaro, e in particolare i comuni di Lamezia Terme, Nocera Terinese, Falerna e Conflenti, e nelle città di Aosta, Arezzo e Cosenza.

Gratteri rappresenta da subito uno spaccato inquietante, che a suo dire, emerge chiaramente dalle investigazioni: descrive un intreccio tra amministratori pubblici, imprese e criminalità organizzata in diversi comuni dell’hinterland lametino, dove per tanti anni la cosca Bagalà ha avuto il controllo indisturbato del territorio. A finire dietro le sbarre Carmelo Bagalà, 80 anni di Gioia Tauro; Alfredo Carnevale, 37 anni di Nocera Terinese; Alessandro Gallo, 32 anni di Lamezia Terme; Mario Gallo, 57 anni di Falerna; Vittorio Macchione, 70 anni, di Nocera Terinese; Vittorio Palermo, 63 anni di Ischia; Eros Pascuzzo, 34 anni di Lamezia Terme. Ai domiciliari finiscono: Maria Rita Bagalà, 52 anni di Lamezia Terme residente ad Aosta; Francesco Cardamone, 40 anni già vicesindaco di Nocera Terinese, carabiniere in servizio a Catanzaro; Giovanni Costanzo, 54 già sindaco di Falerna; Vincenzo Dattilo, 65 anni di Lamezia Terme; Francesco Antonio De Biase, 50 anni di Lamezia Terme; Luigi Ferlaino, 53 anni già sindaco di Falerna; Raffaele Gallo, di Conflenti; Giovanni Eugenio Macchione, detto “Cagino o Calimero”,  62 anni di Lamezia Terme; Antonio Rosario Mastroianni, 74 anni, detto Tonino “u milanese” o “postino” di Nocera Terinese; Antonio Pietro Stranges, 68 anni di Conflenti.

A scampare all’arresto: Bruno Malvaggio, Enzo Pandolfo, Rosario Aragona e Pasquale Motta. Il gip Matteo Ferrante ritenne opportuno non confermare l’arresto adducendo come motivazione “la mancanza della prova” dei contatti tra Motta e il boss Bagalà. Ed è proprio contro questa decisione che la Dda ha deciso di ricorrere al riesame per ribadire che tutti e 5 devono stare in galera. Motta è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, secondo Gratteri il noto giornalista che accusava gli altri di essere ladri e mafiosi, «di fatto svolgeva in maniera preponderante la funzione di referente politico del boss Carmelo Bagalà con cui aveva condiviso e programmato la predisposizione della lista «Unita’ Popolare Nocerese”. A provare “l’adesione” di Motta all’associazione mafiosa, che non si esplica necessariamente con la partecipazione fisica agli eventi, sempre secondo Gratteri, i discorsi intercettati dagli investigatori tra il Bagalà, Domenico Aragona e Bruno Malvaggio, che pongono sempre al centro delle loro discussioni (su come pilotare le elezioni comunali) proprio il campione di giornalismo anti ‘ndrangheta Pasquale Motta, quasi come fosse il loro “consulente” personale sulle questioni politiche. Un esempio, scrive Gratteri: “… in un altro contesto, Bruno Malvaggio espone a Bagalà la teoria, elaborata con Pasquale Motta, di creare due liste non belligeranti allo scopo di erodere voti alla Gigliotti». Motta, secondo Gratteri, costruiva le strategie politiche al boss per raggiungere, in maniera “tranquilla” e senza intoppi” il risultato elettorale.

Insomma Gratteri dice che il Gip non ha valutato che l’assenza di comunicazioni fra Bagalà e Motta (motivo per cui non ha concesso l’arresto del professionista della notizia Motta) è smentita nei fatti dalla fitta rete di interscambi mediati da persone di fiducia vicine alla cosca, perciò le comunicazioni ci sono state, ma non sono state mai dirette per una precisa e prudenziale scelta degli indagati: Motta si guardava bene dal comunicare direttamente con il boss per non lasciare tracce della sua presenza nell’organizzazione mafiosa.

Che dire: a noi sembra esagerato tutto questo accanimento giudiziario nei confronti di Pasquale Motta da parte di Gratteri, che evidentemente ha dimenticato tutte le volte che si è rivolto al direttore per pubblicare questa o quella velina. Anche dando per certe le accuse mosse da Gratteri nei confronti di quel campione di giornalismo che è Pasquale Motta, questa richiesta di arresto ci sembra esagerata. Del resto di cosa si è macchiato Pasquale Motta di così grave, tanto da chiederne l’esclusione fisica dalla vita sociale? Ha solo fatto da esperto, qual è, politico ad alcuni amici, indicandogli la strada giusta per vincere le elezioni. Perché di elezioni taroccate lui è un esperto. Già, un esperto che offre spassionatamente i suoi consigli a chi glieli chiede. Come fanno tutti i seri professionisti. Tutto qui. Se poi chi riceve i consigli li usa per scopi illeciti, la colpa non è certo di chi si è prodigato a dare a tutti il “consiglio giusto”. Finire in galera per qualche suggerimento dato in buona fede, non ci pare degno di un paese democratico. Ed è per questo che non abbiamo problemi nel dire apertamente: Pasquale Motta libero (che i problemi della Calabria sono altri)!