Pentiti: dopo Franco Bruzzese, anche Daniele Lamanna?

Si fanno sempre più insistenti le voci che oltre ai tre pentiti di punta, i Foggetti (Ernesto e Adolfo) e Franco Bruzzese, in “mano” alla DDA, ce ne sia almeno un altro che ha fatto la storia criminale della città.

Il toto nomi gira in città, ma le certezze mancano. Ma per come stanno le cose, e per come si è messa male per malandrini e politici, è altamente probabile che ciò sia già avvenuto, ed è facile intuire chi sono. O almeno è verosimile pensare ad alcuni piuttosto che ad altri, non solo in base allo spessore criminale, ma anche per via di una serie di circostanze legate alla loro cattura che ci lascia quantomeno pensare ad un loro pentimento.

E’ inutile negarlo, da tempo in città circola la voce di un pentimento di Daniele Lamanna. Le “voci” sul suo pentimento nascono, all’indomani della sua cattura dopo una latitanza di 4 mesi. Daniele era riuscito a darsi alla fuga in seguito al blitz avvenuto nel novembre del 2014 contro la cosca denominata all’epoca Rango/zingari.

Adolfo Foggetti
Adolfo Foggetti

Foggetti, a tal proposito, parla di un poliziotto corrotto che aveva avvisato molti esponenti del clan dell’imminente blitz, permettendo la fuga a Daniele, e di altri che si consegneranno subito dopo. Dopo gli arresti iniziarono le prime defezioni. E Adolfo Foggetti, capita l’antifona, una vita al 41 bis, inizia a cantare.

Svela tutti i retroscena dell’omicidio di Luca Bruni (avvenuto nel gennaio del 2012) e scattano altri arresti (18 marzo 2015), tra cui Maurizio Rango (38 anni) e Franco Bruzzese (47), ritenuti i reggenti del clan e accusati dell’omicidio, insieme a Daniele, del povero Luca.

Una latitanza, quella di Daniele, che inizia con molte difficoltà. Da quando Foggetti canta, Daniele è rimasto da solo. L’omicidio di Luca invece di segnare il nuovo corso della criminalità cosentina, incoronando i nuovi boss, si ritorce contro gli stessi che l’hanno eseguito. Quello che doveva essere il loro trionfo, si trasforma nella loro tragedia.

Daniele è sempre più solo. Lo cercano in tanti. A cominciare da quello che rimane della cosca Bruni. Lo cercano i Lanzino, così come lo cercano gli zingari. Oltre che ovviamente a tutte le forze dell’ordine. La sua si presenta, a differenza di quella di Lanzino, come una latitanza difficile. Non può più contare su nessuno.

daniele lamanna

I vecchi compari di una volta ora sono diventati nemici. Non ha contatti e non può fare nessun movimento per recuperare qualche euro per sostenere la sua latitanza. Che come si sa costa. Gli unici che ancora lo seguono sono i familiari. Che gli garantiscono il minimo di sussistenza necessario. Ma è una situazione che non può durare molto.

Giorno dopo giorno la pressione si fa sempre più forte e le possibilità di “espatriare” si fanno sempre più sottili. Non ha denaro Daniele. Non può muoversi, nè può contare su qualcuno che gli sbrighi le mmasciate. Lo hanno mollato tutti. Ogni giorno che passa è sempre più solo. Non sa più di chi si può fidare.

Potrebbe succedergli la stessa cosa che lui, insieme ai suoi compari, hanno fatto a Luca: un colpo alle spalle e chi si è visto si è visto. Rimugina Daniele, e alla fine prende la decisione più giusta: consegnarsi. Già, perché la sua cattura più che una operazione di intelligence, è una vera e propria consegna. Sia per le modalità, sia per la facilità con cui gli uomini della mobile sono arrivati a lui.

Dicono che seguivano da giorni il suocero, cosa normale per i catturandi della mobile, che per prima cosa mettono sotto controllo i familiari del latitante. Cosa che sa anche Daniele, ovviamente, ma nonostante ciò decide di farsi portare il figlio per un saluto nel “covo” di Trenta dove a detta sua si trovava da un po’ di giorni. Un appartamento che risulterà essere in uso proprio al suocero. Questo, per chi è sgamato, risulta una cosa strana.

daniele

Un errore che neanche un ladro di polli alle prime armi commette. Figuriamoci uno navigato come Daniele. Eppure si nasconde in un luogo che è facile da trovare per gli investigatori. Di più, chiama addirittura al telefono anche il suocero per concordare l’incontro per vedere il figlioletto. Non c’è bisogno di essere dei criminali incalliti per sapere che se sei latitante i telefoni dei tuoi familiari sono sotto controllo.

La prima regola è proprio questa: spezzare ogni legame con la famiglia. Ma Daniele, che queste cose le sa, non se ne cura, e telefona come se fosse un uomo libero. Così i segugi della polizia tallonano il suocero che li condurrà dritti a Trenta nell’appartamento dove si nasconde il latitante. Che all’arresto non opporrà resistenza. Un arresto che pare combinato.

Come se qualcuno avesse detto agli sbirri: seguite il suocero e arrivate a Daniele. Una cosa di una facilità unica. Possibile che uno come Daniele commetta un errore così grossolano? Un latitante del suo spessore criminale sa bene come comportarsi per non farsi prendere, non va a casa del suocero che conoscono tutti.

Comunque, a guardare la conferenza stampa che ne se segue, la polizia fa di tutto per far sembrar questa operazione come il frutto del lavoro investigativo, ma in realtà Daniele si è costituito. Ha capito che le sua parabola criminale è terminata e l’unica cosa da fare, prima che lo trovi qualcun altro, è quella di affidarsi alla giustizia.

Del resto, con una accusa di omicidio mafioso, la prospettiva che gli si presenta davanti è quella di passare i prossimi 30 anni in una cella al 41 bis. Se avesse avuto le risorse e le amicizie giuste, non credo si sarebbe consegnato conoscendo il suo misero destino. Avrebbe messo su un po’ di euro e quantomeno avrebbe provato a volare altrove.

Viene difficile pensare che uno, di fronte ad una condanna sicura all’ergastolo, decide di consegnarsi alla giustizia a passare il resto della sua vita in galera, senza aver provato a scappare all’estero. Ma Daniele non poteva fare questo, perchè non aveva più niente, se non i pochi spiccioli che la famiglia era riuscita a procurarsi per mantenerlo nei mesi di latitanza. Ed è per questo che si arrende. Offrendo la sua collaborazione agli inquirenti, in cambio della libertà.

Ora si dice che da almeno 4 mesi riempie verbali, insieme a Bruzzese. Noi più volte abbiamo interpellato il suo legale, per saperne di più, il quale ha sempre negato questa circostanza. Asserendo di vedere spesso il suo assistito nel supercarcere di Novara. E a riprova di quanto afferma, l’avvocato sostiene che è stato lo stesso Daniele, nel processo per l’omicidio di Luca Bruni, a chiedere il rito ordinario, nonché un confronto con Adolfo Foggetti, segno evidente che quella del pentimento è solo una chiacchiera messa in giro dai suoi nemici per colpirlo. Ma come abbiamo visto per Franco Bruzzese, l’avvocato è l’ultimo a sapere del pentimento del proprio cliente. E così pare sia anche per l’avvocato di Daniele. Vedremo.

GdD