Peppe Barra: “Meloni attrae come il Don Giovanni: prima seduce, poi si disvela”

(DI ANTONELLO CAPORALE – ilfattoquotidiano.it) – Peppe Barra, lei che è il principe del teatro napoletano, quando pensa all’Italia, a chi la governa, quale dei suoi personaggi gli vengono in mente?

Ascolto Sergio Mattarella e mi viene in mente il grillo parlante. Lo ascolto e mi dico: ma guarda tu quanti buoni consigli dà. Il guaio spesso è che sono solo consigli, destinati perciò ad avere vita grama.

Ascolta Giorgia Meloni e….

Ah, qui siamo al Don Giovanni. Prima seduce e poi si disvela. Gli italiani, capita spesso, vengono presi dal fuoco, hanno amori impetuosi, il fuoco arde e però presto si fa brace. La fiamma, diciamo così, si spegne.

E restano i carboni.

Ecco, ho una scarsa dimestichezza con il mondo della politica perché ho poca stima, in genere. Io che ormai sono vicino agli ottanta sono rimasto al mio unico grande testimone del tempo: Enrico Berlinguer. La forza della personalità, la capacità visionaria, la suggestione, l’attenzione che imponeva non sono caratteristiche che ho poi ritrovato in altri.

Governare è un’attività necessaria non sempre invidiabile.

Amico mio ci vada piano. A Napoli si dice che ‘o cummannà è meglio d’o’ fottere. Il piacere enorme che emana il potere supera ogni altra dimensione e surclassa persino quella erotica. È un godimento assoluto e chi lo prova poi, purtroppo per noi, tenta di conservarlo in eterno.

E succede che i governanti diano la dimostrazione delle loro capacità.

La politica è merda. Io ne sono assolutamente convinto. Non la odio né la censuro. Tento invece da buon cittadino di costruirmi un giudizio ponderato, attendo sempre buoni pensieri, consigli utili, ma resto deluso.

L’Italia è il Paese dei Pulcinella, si dice. E invece lei non ha trovato un nome di potente al quale far vestire l’abito.

E certo che no! Pulcinella è un personaggio positivo, usa la maschera per rivelare verità non menzogne.

E Napoli, la sua Napoli, come è?

Il grande Eduardo diceva: il presepe è bello, i pastori invece sono una chiavica (cloaca, fogna). Io sono meno pessimista di lui, naturalmente devo ammettere che la società civile viva, produttiva, che approfondisce, sogna, discute è una minoranza. La maggioranza è quella roba là.

Cosa la rende così severo? Gli ottant’anni che la disconnettono con questo tempo?

Io abito la vecchiaia nel senso che vivo con serenità ogni suo passaggio e anche il declino piano verso la fine, che sopraggiunge per tutti, scompare dietro una vita che nasce e che ne prende il posto.

E di cosa si lamenta?

Del fatto che la società non pensa più. Della noia che la assilla, della banalità che la rende inetta, sciatta, senza quel fuoco, quella passione che faceva balzare in piedi, faceva costruire mondi nuovi attraverso la fantasia. Io non soffro di solitudine perché il mio cervello mi aiuta, mi fa vivere e rivivere, mi soccorre la fantasia.

Lei ha vissuto il teatro in simbiosi con sua madre.

Quando lei è morta sono morto per metà anch’io, sono andati via cinquant’anni di teatro. Eppure non ho mai patìto la depressione, quel vuoto che prima ti conquista e poi ti annienta.

La sua giornata come la trascorre?

La mia casa è piena di amici: si parla, si gioca, si ricorda, si guarda. Abito di fronte al teatro Bellini, che senza dubbio è l’architrave del teatro napoletano.

Non fate null’altro?

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