Perchè la Manzini, nonostante due confessioni, non procede contro i politici?

Il Tribunale di Cosenza, come si sa, somiglia un po’ al mercato del pesce, e non solo perché è possibile trovare giudici e pm disposti a vendere la Giustizia tanto al chilo, ma anche perché tra i corridoi si parla e si sparla di tutte le attività poste in essere dalla procura. Per chi sa origliare i corridoi sono una vera è propria miniera di informazioni, dove può capitare di ascoltare di tutto, anche ciò che all’apparenza sembra riservato, come i contenuti degli interrogatori degli imputati.

Certo, non è solo colpa dei giudici o dei pm se gli spifferi girano alla grande, anche gli avvocati, i cancellieri, fanno la loro parte. Dipende sempre dalla convenienza che ognuno ha nel far girare le voci. Da qui si può anche valutare “l’attendibilità” o meno dell’informazione. Più interesse c’è – di qualsiasi natura: economico, rivalità, ripicca, rancore – da parte dello “spifferaio” a far circolare la notizia, più, paradossalmente, l’informazione è attendibile. Ma c’è anche chi fa circolare le notizie sottobanco solo per amore di Giustizia, stanco magari di dover sopportare corruzione e favoritismi.

Sono mesi che circola la voce sui contenuti degli interrogatori di Giuseppe Cirò e di Carlo Pecoraro. Il primo ex segretario del sindaco Occhiuto, e denunciato dallo stesso alla procura per essersi appropriato illecitamente di oltre 60mila euro dall’economato di palazzo dei Bruzi. Il secondo è un dirigente del Comune di Cosenza e risulta indagato, insieme ad altri dirigenti comunali, nell’inchiesta sugli appalti spezzatino.

Le voci di corridoi dicono che entrambi, durante l’interrogatorio sostenuto davanti l’aggiunto Manzini, ovviamente ognuno in relazione ai propri guai, abbiano detto chiaramente al pm che loro erano meri esecutori di ordini politici provenienti dal sindaco Occhiuto.

Ovvero: Cirò racconta alla Manzini che prendeva i soldi dall’economato per poi consegnarli al sindaco Occhiuto. E Pecoraro dice alla Manzini che assegnava le somme urgenze e i cottimi fiduciari alle ditte che gli segnalava il sindaco Occhiuto. Entrambi ammettono di aver commesso quello che la procura gli contesta, ma allo stesso tempo sottolineano di non essere i destinatari del “malloppo”. Rubavano per il sindaco Occhiuto.

Ora, senza dire alla Manzini che pettina le bambole, altrimenti chissà cosa fa, se è vero che ha in mano due super testimonianze che accusano il sindaco Occhiuto, cosa le impedisce di procedere? Non è già un forte riscontro la testimonianza di un diretto complice del reato? Non è forse una prova la chiamata in correità, fatta da chi ha partecipato attivamente al reato? O queste regole valgono solo per i morti di fame?

Perché se è vero che i due hanno confessato, e noi siamo sicuri che lo spiffero è attendibile, e la Manzini nonostante ciò non è intervenuta nei confronti di Occhiuto, magari ritenendoli inattendibili, come mai non li ha accusati di falsa testimonianza o calunnia? E questo non risulta negli atti. E se questo non risulta, qui gatta ci cova. O i due non hanno confessato niente (ma così non è) o c’è qualcosa o qualcuno che impedisce alla Manzini di fare il proprio dovere. Ma potrebbe anche essere una decisione della stessa Manzini, nonostante le confessioni, di tenere tutto sottobanco. Chissà per quale motivo.

Del resto se è come diciamo noi, lo sapremo presto. Specie sul caso Cirò, perché a breve dovrebbe iniziare il processo e l’imputato Cirò, come l’imputato Pecoraro, sarà chiamato in aula a deporre. E sentiremo dalla sua viva voce la confessione (sicura per noi). E così capiremo definitivamente chi e perché impedisce alla Giustizia, a Cosenza, di fare il suo corso. E quel giorno non è lontano.