Piana di Sibari, squallido caporalato: migranti costretti a vivere in stalle e porcili. 49 denunce

49 persone sono state denunciate dalle Fiamme Gialle di Montegiordano, nel cosentino, al termine di un’indagine sullo sfruttamento di lavoro. Le investigazioni sono partite a seguito del controllo dei transiti sulla statale ionica e poi, delegate dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, hanno interessato un periodo che va dal mese di febbraio del 2015 al maggio di quest’anno.

Per gli investigatori un pakistano, M.B., sarebbe stato il vero e proprio punto di riferimento, nella piana di Sibari, per imprenditori agricoli senza scrupoli che necessitassero di manodopera illegale e a basso costo. Il caporale, si sarebbe poi avvalso della “protezione” di due soggetti affiliati ad una ‘ndrina locale e di 19 immigrati irregolari oltre che, addirittura, di un soggetto latitante.

I lavoratori, una volta reclutati, venivano fatti alloggiare in stalle e porcili che erano adibiti a veri e propri dormitori dalle condizioni igieniche-sanitarie degradanti; i loro documenti di identità venivano ritirati e conservati dal “caporale” in armadi metallici dei quali solo lui possedeva le chiavi.

caporalato-sibaritide-02 Gli operai erano così costretti a lavorare in condizioni prive di sicurezza, senza dispositivi di protezione individuale (ad esempio: calzature antiscivolo, guanti, casco con visiera protettiva) e percepivano una paga inferiore rispetto a quanto previsto.

L’esame che i militari hanno compiuto sulle transazioni finanziarie avrebbe ricostruito i guadagni illeciti del “caporaleche sono stati quantificati in circa 250 mila euro in poco più di un anno e in parte destinati anche alle cosiddette “bacinelle” delle organizzazioni criminali. La rimanenza dei soldi veniva invece trasferita in Pakistan attraverso money-transfer e post-pay.

Da quanto emerso nel corso delle indagini, spiegano i finanzieri, si “evidenzia che la richiesta e la successiva ‘assunzione’ illegale di personale da impiegare nella Sibaritide costituisce ancora una diffusa prassi illecita. In tal senso – concludono le fiamme gialle – prosegue incessante l’impegno del Corpo” per tutelare la legalità e la dignità “delle persone sottoposte a condizioni di sfruttamento nel mondo del lavoro”.