Pizzo Calabro, la resilienza della bellezza

di Luca Bergamin

Fonte: Corriere della Sera

Vista dall’alto, in compagnia di Giampiero Procopio, sul suo parapendio in tandem che sale sul cielo della Costa degli Dei senza aiuto del motore ma sfruttando semplicemente le correnti ascensionali, Pizzo sembra davvero perfetta grazie alla sua invidiata posizione al centro del Golfo di S. Eufemia. «Guarda, quella è Stromboli, mentre accanto puoi vedere Vulcano, adesso proviamo a raggiungere il Pollino». Giampiero e gli altri ragazzi di ASD Parapendio Pizzo Tandem Fly, che fanno salire accanto a loro persino persone ipovedenti, diversamente abili e anziani, non regalano una visione ingannatrice o comunque un po’ plagiata dall’altitudine superiore in media ai 1.000 metri. Anche scendendo giù, infatti, aggirandosi tra i vicoli che digradano tutti verso il mare visibile da ogni casa, sino al Duomo di San Giorgio dove è celata la fossa comune in cui fu gettato il Re di Napoli Gioacchino Murat (chiese di essere fucilato al ventre anziché al petto, ma il suo narcisismo non fu risparmiato), e alla Chiesetta di Piedigrotta, scavata e scolpita interamente nel tufo dai fratelli Barone, secondo sito più visitato della Calabria dopo i Bronzi di Riace, ci si accorge che c’è una realtà artistica, paesaggistica, economica e soprattutto umana che riscatta quella politica. 

Se il Comune è commissariato, e le inchieste Operazione Rinascita Scott e Imponimento hanno dato un giro di vite e di chiave alla ‘ndrangheta locale, spezzando i legacci con i rappresentanti del potere pubblico locale, ci sono giovani adulti come Lorenzo Boseggia che, arrivato qui dal Lago di Garda, ha deciso di far condividere ad altri camminatori la sua meraviglia per il paesaggio, creando Kalabria Trekking: «È un coast to coast da Soverato a Pizzo, lungo 155 chilometri, che permette di ammirare la bellezza naturalistica di questo lembo di Italia conteso tra due mari». La terra qui è davvero generosa, come sanno bene gli uccelli migratori che scelgono l’Oasi WWF del Lago dell’ Angitola considerata, anche se si trova tra Maierato e Monterosso Calabro, una delle ricchezze degli abitanti di Pizzo. «Prima si pensava che la natura fosse un vuoto da riempire di costruzioni, il concetto di bene paesaggistico avente un valore per la salute dell’uomo e del pianeta era astruso — dice Pino Paolillo, pizzitano verace, responsabile scientifico del WWF di Vibo Valentia —. Invece l’oasi, dal 1982 a oggi, ha fatto capire il valore della conservazione della natura. La prima gioia fu la nidificazione dello svasso maggiore, al quale sono seguiti i cormorani, le anatre».
Uno zibibbo da favola

La natura è stata anche addomesticata, in alcuni tratti, dall’uomo, dalla sua volontà di rendere fiorente come un tempo una terra che era sempre stata ricchissima. Ed ecco, dunque, la splendida realtà vinicola di Giovanni Benvenuto che ha resuscitato la tradizione locale dello zibibbo, ricevendo riconoscimenti da Slow Food, e ordini da tutto il mondo grazie alla bontà delle sue uve, seguendo l’esempio di nonno Iconio. «Sono tornato qui per riprendere dove lui aveva lasciato. Intimidazioni e difficoltà ci sono state, la lotta per fare l’imprenditore under 40 qui è arcigna, ma ce la faremo: la bellezza di questi luoghi e della sua gente trionferà». Eh sì, a Pizzo, che vanta una spiaggia lunga 13 km, la tradizione del tartufo che fu portato qui dal messinese Giuseppe De Maria soprannominato Don Pippo — al Bar degli Amici in via Nazionale una targa ricorda la sua golosa avventura — e va provato alla Gelateria Ercole (Piazza della Repubblica, dove si trova, fu chiamata lo Spuntone per la forma di terrazzo triangolare che vanta il record italiano di tavolini con sedie), ci sono testimoni eccellenti della volatilità locale.

Tra tonno e libri

Questo è innanzitutto il paese del tonno, con la famiglia Callipo, rappresentata soprattutto da Filippo e dal figlio Giacinto, che non si limita a dare lavoro alla gente del posto con uno stabilimento all’avanguardia che ha sostituito le tonnare fisse, ma cerca di promuovere Pizzo in tutto il mondo, legando sempre il borgo alla bontà del suo tonno rosso del Mediterraneo. Reduce da una pausa pranzo tutta liquida alla Spiaggia della Stazione — bisogna provare anche le falesie dei selvaggi Prangi —, non troppo lontano dal molo purtroppo decapitato dalla mareggiata del dicembre scorso nel suo lembo più estremo, si incontra Erica Tuselli. Con l’amica Nancy Valente, e insieme a Francesco Pascale ed Enzo Matarozzo, unendo le esperienze dalla cooperativa Kairos con l’associazione Nish, hanno aperto un’estate fa la libreria Streusa. «L’idea era di avere un luogo in cui ognuno potesse sentirsi libero e in cui si parlasse di cultura, in pieno centro storico, la prima in assoluto a Pizzo. Prima — racconta — per comperare un libro dovevi andare a Lamezia Terme o Vibo Valentia. Durante la pandemia abbiamo anche fatto la consegna a domicilio. Kairos gestisce il Castello Murat e la Chiesetta di Piedigrotta. Tutti siamo tornati qui con l’intenzione di vivere il luogo che abitiamo, non di sopravviverlo. Vogliamo migliorarlo, provando a immaginare il bello come un obiettivo possibile e durevole, non solo come mero esercizio giornaliero».

Una battaglia non ancora finita

Questo gioco di squadra pare funzionare visto il numero di turisti che raggiunge Pizzo, non soltanto per le sue strabilianti gelaterie o per assaggiare il gambero rosso di Capo Vaticano marinato al bergamotto con stracciatella di bufala e croccante di basilico preparato dallo chef Bruno Fassone al Ristorante San Domenico, ma anche per visitare chiese, entrare al castello. Tornando magari da una gita sul Monte Poro, l’altipiano incastonato tra il Golfo di Gioia Tauro e la Costa degli Dei dove Giovanni Crudo produce un pecorino al latte crudo da urlo grazie all’escursione termica e alle erbe spontanee mangiate dalle sue greggi, non si deve però dimenticare che la battaglia non è finita.

Andate dunque al Lido Malfarà per far pervenire solidarietà a Carmen e alla sua associazione ArtigianFamiglia. Il suo bagno gratuito per disabili, l’unico della Calabria, è stato chiuso dopo una serie interminabile di angherie che vanno dal furto di sdraio, ombrelloni a quello della tubatura dell’acqua sino addirittura allo scolo della fogna. Poi sono arrivate le frane provocate dai vicini, le invasioni nel suo arenile. «Adesso mi hanno ordinato anche lo sgombero dei locali, ma noi attendiamo speranzosi l’esito del ricorso. Io, che ho dovuto affrontare la disabilità, e gli altri volontari, non cederemo. Vogliono che svendiamo questo che è il terreno della mia famiglia. Resisteremo». Vedrete che Carrmen Malfarà ce la farà, come Pizzo e i suoi abitanti.