Pnrr, è rischio flop nel Mezzogiorno

Le lancette scandiscono inesorabili il tempo e la scadenza del 30 giugno 2026 entro la quale realizzare gli obiettivi del Pnrr per il Mezzogiorno rischia di trasformarsi in un incubo. La relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza presentata due settimane fa dal ministero per gli Affari europei mette nero su bianco il quadro maturato negli ultimi due anni, tra prospettive e rischi.

Gli obiettivi del grande piano europeo puntano a risollevare il Sud riducendo i divari territoriali e accrescendo la coesione territoriale. I ritardi che la Calabria ha su vari fronti rispetto alle altre regioni del Centro-Nord sono ben noti: sanità, servizi sociali, infrastrutture, scuole, in particolare asili nido.

Divari che il copioso stanziamento di risorse per il Mezzogiorno dovrebbe riuscire a ripianare. Ma osservando l’evoluzione del quadro complessivo e lo scorrere del tempo con solo parte degli interventi già posti sulla giusta strada, la scadenza del 2026 si può percepire quasi come dietro l’angolo.
Il primo aspetto che emerge dalla relazione del governo è che la dotazione per il Sud di almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente è stato rispettato: il Pnrr destina 75 miliardi di euro (che diventano 81,6 se si considera anche il Piano nazionale per gli investimenti complementari) per gli scopi prefissati. Ma il ministero fa un ragionamento ben preciso, toccando con mano la scarsa capacità di utilizzo delle risorse dimostrata negli anni passati al Sud. Ha quindi svolto una ricognizione degli interventi finanziati dalle politiche di coesione 2014-2020 «al fine di individuare l’effettivo stato di relazione, individuare le sinergie e complementarietà con le misure finanziate dal Pnrr, evitando sovrapposizioni che potrebbero rallentare l’attuazione del Piano». E stando a quanto emerso, il quadro attuativo ottenuto si è rivelato «evidentemente critico: a fronte di 126 miliardi di euro previsti per il periodo 2014-2020, il livello di attuazione al 31 ottobre 2022 è risultato pari al 34%. In altri termini, dopo otto anni sono stati spesi solo 45 miliardi di euro».

Se l’andamento dell’utilizzo delle risorse del Pnrr restasse questo, allora sarebbero dolori veri anche per la Calabria. «Con questo trend, il Mezzogiorno non sarà in grado di realizzare gli obiettivi previsti dal Pnrr entro il 30 giugno 2026, con ripercussioni negative sui divari territoriali». Tra l’altro, le regioni del Mezzogiorno saranno allo stesso tempo impegnate anche anche ad avviare e attuare gli interventi finanziati dalle politiche di coesione europee e nazionali 2021-2027.

Ecco perché il governo ha proposto un approccio unitario e integrato per definire le priorità di impiego. Ma ha anche messo in conto un monitoraggio costante in quanto eventuali difficoltà in fase attrattiva potrebbero non garantire la riduzione dei divari territoriali.

Un altro degli aspetti che potrebbe mettere a rischio l’attuazione e quello della carenza di personale addetto alla gestione del Pnrr dei Comuni calabresi. Proprio nei giorni scorsi l’allarme era stato lanciato dal capoluogo di regione con il dirigente alle Grandi opere del Comune di Catanzaro, Giovanni Laganà, che aveva evidenziato di avere più volte fatto presente all’Agenzia di coesione territoriale le esigenze sulla necessità di avere un numero maggiore di professionisti ma senza ricevere alcuna risposta. Fonte: Gazzetta del Sud