Pollichieni&Minniti in “007, la spia che mi amava sul Ponte sullo Stretto”

Pollichieni&Minniti

Il direttore del Corriere della Calabria è nervoso. Molto nervoso. Tutto questo scartabellare nella vita (pubblica e privata) di Marco Minniti in odore di candidatura a premier e ormai già virtualmente a capo di un partito nel partito all’interno del Pd, non gli piace proprio per niente perché, alla fine, ci sarà sempre qualcuno che tirerà fuori i loro rapporti “particolari” e questo non gli garba per niente, come direbbe Renzi. E’ talmente nervoso il direttore del Corriere della Calabria che qualcuno l’ha costretto a scrivere cose che voi umani… con tutto quel che segue.

Sì, il direttore è arrivato addirittura a sostenere (ipse scrixit!) che lui “Marco Minniti lo conosce superficialmente, anzi a malapena…”. Roba da stropicciarsi gli occhi per capire se è vero oppure è tutto un “sogno”,

Sì, Paolo Pollichieni rinnega clamorosamente un’amicizia trentennale con il suo politico di riferimento, un politico – beninteso – che in oltre trent’anni di carriera, come ben sanno tutti gli addetti ai lavori, lui non ha mai osato criticare ma soltanto osannare, in perfetto stile panegirico. Salvo poi dichiarare, nel giorno di grazia 10 settembre 2017, che lui praticamente non lo conosce. Sì, non lo conosce!

Ci vuole un bel coraggio a dichiarare certe cose, o meglio una buona dose di facciatosta ma tant’è. Facciamocene tutti quanti una ragione: Pollichieni&Minniti, sì insomma Paolo&Marco non si sono mai frequentati. Vi siete fatti tutti quanti un film! Certo, il Corriere della Calabria tratta Minniti con tutti gli onori del tycoon di riferimento e lo omaggia con continui salamelecchi ma, vivaddio, lo fa solo perché è “oggettiva” la sua santità e quindi che male c’è a dire che, in fondo, neanche si conoscono? Del resto, chi è il “pazzo” che si permette di criticare Minniti?
Ma nel nostro ambiente – e chi vi scrive ormai ha accumulato un’esperienza ultratrentennale – non c’è un solo giornalista che non sappia chi è il padrino politico di Paolo Pollichieni. E questi altri non è che Marco Minniti.
E Pollichieni va sempre su tutte le furie quando qualcuno gli ricorda il suo passato. Perché gli vengono in mente i fantasmi e va in paranoia.

Intanto, però, visti i chiari di luna e i pericoli sempre incombenti che qualcuno vada a “cancellare” ricordi troppo ingombranti, è bene che qualcuno ricordi i rapporti tra Minniti e Pollichieni. Perché la storia rimane scritta e nessuno la può cancellare. Neanche i servizi segreti.

Marco Minniti

I due compagnucci (secondo quanto scrivono i loro rispettivi biografi) si conoscono da quando portavano i calzoni corti e la leggenda narra che sono stati anche compagni di scuola (ma prendetela con beneficio di… leggenda!). Ebbene sì, sono stati giovani anche loro! Negli anni Novanta, quando Pollichieni, all’epoca cronista di punta della Gazzetta del Sud, finisce impelagato in una delicata vicenda giudiziaria, gli investigatori intercettano anche una telefonata che vede protagonisti il giornalista e Marco Minniti.

Minniti, in particolare, parlando al telefonino di Pollichieni (sicuramente a sua insaputa!), rassicurava il direttore della Gazzetta del Sud Nino Calarco, all’epoca presidente della “Ponte sullo Stretto”, che avrebbe fatto di tutto per inserire in finanziaria 5-6 miliardi delle vecchie lire per pagare gli advisor della società rimasti senza una lira.

“La chiamo oggi perché sono qui a Scilla con Marco e la voleva salutare” dice il giornalista al proprio direttore, appunto Nino Calarco, nel corso di una telefonata intercettata dagli investigatori il 30 luglio 1999. Il cellulare passa a Marco, lo 007 alla luce del sole: “Senti una cosa… l’unica potenza che tu non riesci a esplicare… con questi maledetti burocrati del ministero dei Lavori Pubblici… ancora questo decreto del bando non c’è!”.

Si trattava di un bando per il finanziamento della Società Stretto di Messina: Calarco, il presidente, avrebbe voluto che fosse acquisita dall’Anas. Un tema già trattato direttamente dal direttore della Gazzetta del Sud col premier Giuliano Amato.

Ancora Minniti: “Con Giuliano Amato com’è andata?”. Calarco: “Oh! Favoloso, favoloso… Però il problema, caro Marco, è che bisogna trovare nella Finanziaria un po’ di spiccioli perché io debbo chiudere la società: non ho più una lira!… Non è che è una grossa cifra… 4… 5 miliardi…”.
Insomma, che saranno stati mai? Bruscolini! Altro che Maroni e la Lega!

E non finisce qui. Calarco, tornando alla carica, segnala qualche “problema”: “Ti volevo segnalare due cose… primo che questa Finanziaria… qualche cosa la dovete inserire… L’altro è che Bargone (Antonio Bargone, ex sottosegretario Pd ai Trasporti, ndr) rema contro… ancora… dice che è andato da D’Alema a dire… ma quale ponte sullo Stretto!”.

E Minniti: “Ho capito, boh… adesso vedo io…”.

Alla fine il governo trovò i soldi, ripartirono stime e progetti e il nuovo corso pro-Ponte conquistò l’attenzione dei mass media di regime e di certa imprenditoria assetata di commesse.

Nino Calarco

Così spiegherà poi Minniti quelle strane conversazioni: “L’interessamento richiestomi, che io ritengo legittimo nella sostanza, non nella forma, era finalizzato alla concessione di fondi per il pagamento degli advisor. Devo precisare che lo stanziamento dei fondi era stato autonomamente previsto dal ministero del Tesoro proprio per il pagamento degli advisor. Non mi sono più interessato della questione Ponte sullo Stretto di Messina, ma ritengo che con l’approvazione della Finanziaria sia stato concesso il finanziamento necessario al pagamento degli advisor”.

Passano i secoli, mutano i tempi e di Ponte sullo Stretto si è ricominciato a parlare di nuovo, circa un anno fa, con l’esecutivo Renzi… Guarda un po’ che coincidenza!

Perché Pollichieni è convinto che siamo tutti suoi sudditi. Con l’anello al naso. O che forse abbiamo rimosso la campagna stampa ossessiva della Gazzetta del Sud sul Ponte, che ha impedito il confronto tra le parti, ha avvelenato le competizioni elettorali, ha irresponsabilmente mistificato dati ed informazioni e demonizzato gli avversari.

Preoccupata di smussare ogni angolo – scrive il sociologo Fulvio Mazza in un volume sul ruolo dell’editoria nel Mezzogiorno – la Gazzetta del Sud ha avuto un ruolo determinante di costruzione del consenso pro-infrastruttura. Da ‘giornale-ponte’ tra la Sicilia e la Calabria, è diventato il ‘giornale del Ponte’, sponsorizzando qualsiasi iniziativa e qualsiasi politico (dalla destra ai diessini di governo) favorevoli alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina”. E succhiando denaro allo stato che Dio solo lo sa…
Altro che commissario di Roma!

Ma non solo. Anche il generale dei carabinieri Francesco Delfino (condannato in primo grado per truffa ai danni dell’imprenditore sequestrato Giuseppe Soffiantini) in una telefonata intercettata il 9 settembre ’99 si rivolgeva a Pollichieni per sollecitare un intervento di Minniti in relazione alla sua vicenda processuale.

L’INCHIESTA

Quelle indagini condurranno all’arresto, l’anno dopo, di undici personalità, tra cui anche Paolo Pollichieni, allora responsabile della redazione reggina della Gazzetta del Sud.
Tutto nasceva da un’indagine su un gruppo che avrebbe operato pressioni per l’accaparramento di appalti in città, soprattutto nel campo sanitario.
Ci sarebbe stata una organizzazione operante nel territorio di Reggio Calabria in cui Mario Audino guidava le attività criminali e l’Edilminniti, amministrata da Giovanni Minniti, costituiva una delle espressioni economiche di maggior rilievo del sodalizio. Ci sarebbe poi stata una seconda componente, definita dagli inquirenti politico-affaristica, di cui tra gli altri avrebbero fatto parte Chizzoniti e Pollichieni, in grado di condizionare e influenzare scelte e decisioni degli enti pubblici locali e regionali, limitando e intimorendo l’ex vertice dell’azienda ospedaliera di Reggio Calabria.

Le indagini sarebbero partite da un attentato incendiario all’automobile di Giuseppe Costantino, in passato direttore generale dell’azienda ospedaliera di Reggio Calabria. Un clima intimidatorio che avrebbe avuto come fine quello di far appaltare all’impresa Edilminniti il contratto di conduzione e manutenzione globale degli impianti termici, condizionamento, idrici e antincendio delle strutture ospedaliere di Reggio Calabria, per oltre tre miliardi e mezzo di spesa. Nell’inchiesta, condotta dal procuratore antimafia di Reggio Calabria Salvatore Boemi, compaiono circa quattromila pagine di intercettazioni telefoniche.

Il giornalista alla fine uscirà senza conseguenze dalla vicenda giudiziaria ma perderà il posto alla “Gazzetta” e sconterà un bel po’ di quarantena prima di rientrare, ovviamente da protagonista, nel panorama giornalistico calabrese.

Pierino Citrigno

Prende in mano Calabria Ora fin dal primo momento, contando sugli ammiccamenti dell’editore-usuraio Citrigno e sulla mancanza di attributi del direttore che firma (un certo Leporace). E così si diverte a smontare pezzo per pezzo l’indagine Why Not di De Magistris salvaguardando gli interessi di tutti i politici (senza distinzione di colore) finiti nella melma. Tra i quali anche l’intercettatissimo Marco Minniti, ci mancherebbe altro. Anche se loro non si conoscono, beninteso o meglio si conoscono solo superficialmente. A malapena, si dice così no?

Memorabile il sequestro di 3 milioni e mezzo di euro alla frontiera del Lussemburgo che annuncia dalle colonne del giornale come frutto delle indagini di De Magistris e di cui il magistrato viene a conoscenza leggendo… Calabria Ora! Perché lui è tutto e tutto può: investigatore, avvocato di parte, pubblico ministero, giudice, boia…

Chi ti ha dato la notizia della frontiera? La fatina turchina o l’uccellino di Del Piero? Nessuno dei due, perché lui è… la legge. Nel senso che la fa, legifera. Dal produttore al consumatore. I verbali secretati? Lui può pubblicarli, gli altri no. Da quelli di Foggetti a quelli di Lamanna, da quelli di Bruzzese a quelli di chi volete voi. Operazioni tanto spregiudicate quanto imbarazzanti ma che, per qualcuno, sono state possibili. Perché lui ce l’ha più sopra, lo sanno tutti. E nessuno deve fiatare. Altrimenti arrivano Marco e i suoi amici. Anzi, no, adesso non più. Perché ha dichiarato pubblicamente che non si conoscono… Anzi, si conoscono a malapena, si dice così no?

Lo scriviamo da anni: meglio rinunciare agli scoop informatissimi nei quali la verità non c’entra nulla. Perché Pollichieni la verità non solo non è capace di dirla o di scriverla ma non sa neanche cos’è. Se è vero, com’è vero, che arriva addirittura a rinnegarla con un colpo di spugna.

La spia che mi amava

Tutto il resto è… 007, la spia che mi amava… sul Ponte sullo Stretto. Prossimamente su questi schermi. Insieme ad altre magnifiche avventure dentro i carrozzoni di Calabria Verde e della depurazione cosentina. Sì, perché anche lì c’è la longa manus di Marco&Paolo. Tuttavia, finché ci sarà Gratteri a vigilare, no problem. O meglio: tuttappo’. Ma ce ne occuperemo la prossima volta.