Praia. La morte invisibile degli operai dell’ex Marlane 

La morte invisibile degli operai dell’ex Marlane 

di Francesco Cirillo

La morte tragica degli operai nella centrale idroelettrica di Suviana è un fatto terribile che come ogni giorno riporta a galla la questione irrisolta della sicurezza sul lavoro. Ma non è solo su queste tragedie immediate e terribili che si dovrebbe porre l’attenzione. Ci sono morti invisibili che avvengono quotidianamente, senza riflettori accesi, senza inchieste giornalistiche e televisive, senza grandi scioperi dei sindacati, e sono quelle delle morti da tumore in fabbriche malsane, dove spesso la complicità del silenzio fra padroni, sindacati e ispettori del lavoro è palese.

Prendiamo il caso della fabbrica ex Marlane di Praia a Mare in Calabria dove i proprietari fino a pochi anni fa sono stati la famiglia Marzotto. Ebbene, quando la fabbrica era funzionante sia le visite dei Nas sui terreni, antistanti i capannoni, che quelle delle parti civili accertarono la presenza di tonnellate di rifiuti tossici provenienti dalla fabbrica stessa. A seguito delle denunce di un gruppetto di operai, con alla testa Luigi Pacchiano e Alberto Cunto dello Slai Cobas, la Procura di Paola aprì un’inchiesta giudiziaria che portò all’accertamento di oltre 120 casi di operai ed operaie decedute per malattie collegate ai tumori. Una strage che portò al processo sia Marzotto che tutti i dirigenti della fabbrica. Un processo che si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati  grazie ad una transazione fra gli accusati e le parti civili e lo stesso comune di Praia a Mare che ritirò la sua presenza in aula, ad eccezione del comune di Tortora che rifiutò ogni transazione monetaria.

Nel processo vennero fuori non solo la presenza dei rifiuti tossici ma anche un sistema di connivenza fra i sindacati che gestivano piccole aziende collegate alla fabbrica, gli ispettori del lavoro che quando facevano sopralluoghi non vedevano le condizioni degli operai e la politica che vedeva nella fabbrica una fabbrica di voti, gestiti in maggioranza dal sindaco pro tempore Praticò, sindacalista e referente all’interno della stessa fabbrica.

Quando alcuni operai cominciarono a denunciare pubblicamente queste connivenze e le morti degli operai, i sindacati con un manifesto pubblico si scagliarono contro questi operai additandoli, con nome e cognome, come nemici del lavoro. Questa è storia. Poi negli anni a seguire la Cgil si costituì parte civile nel processo, ma mai chiese scusa a quegli operai additati nel loro manifesti come nemici degli operai stessi. Intanto i veleni sono ancora sotterrati nei terreni fra Praia a Mare e Tortora, la fabbrica è chiusa dal 2015, nessuno parla di bonifica ed i processi di appello sono ancora in corso sia al Tribunale di Paola che a quello di Catanzaro, ma degli operai morti e di quelli che ancora continuano a morire a causa di quel lavoro senza alcuna sicurezza nessuno ne parla.