Processo Aemilia, condannato prende ostaggi in un ufficio postale

E’ Francesco Amato, condannato a 19 anni per il processo «Aemilia», l’uomo chiuso dentro un ufficio postale di Pieve Modolena, in provincia di Reggio Emilia, armato di coltello: sulla testa di Amato pendeva un ordine di carcerazione, cui si era sottratto. Secondo quanto appreso, l’uomo avrebbe fatto uscire tutti i clienti, tenendo in ostaggio 5 dipendenti delle Poste, fra i quali la direttrice della filiale. «Vi ammazzo tutti – avrebbe urlato, secondo quanto riferisce il sito Reggionline -. Sono quello condannato a 19 anni, mia madre è in questo ufficio da 6 anni». Sul posto le forze dell’ordine, che hanno chiuso le strade e avviato la trattativa. Si valuta l’intervento di forze speciali. Amato era stato condannato in rito abbreviato per associazione a delinquere di stampo mafioso a 19 anni e 1 mese insieme al fratello Alfredo. Non è l’unico sfuggito all’ordine di arresto emesso dai giudici: all’appello mancano ancora i fratelli tunisini Baachaoui e l’albanese Bilbil Elezaj.

La prima richiesta di Amato: “Fatemi parlare con il ministro Salvini”. Amato sta dialogando con le forze dell’ordine utilizzando una dipendente delle Poste come tramite. Ha fatto sapere di essere pronto ad accoltellare qualcuno in caso di irruzione di agenti o militari. Una delle dipendenti in ostaggio è stata fatta uscire dall’ufficio e ha avuto un mancamento.

Assieme al fratello Alfredo, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, Francesco Amato era «costantemente in contatto con gli altri associati (e della famiglia Grande Aracri) in particolare per la commissione su richiesta di delitto di danneggiamento o minaccia a fini estorsivi, commettendo una serie di reati». Nel 2016, all’inizio del dibattimento, lo stesso Amato aveva affisso un cartellone provocatorio davanti al tribunale di Reggio Emilia, scritto a pennarello e pieno di invettive: l’uomo si era autodenunciato poi in aula definendosi l’autore di quel cartellone in cui, diceva, «era anche contenuto il nome dell’autore delle presunte minacce al presidente del tribunale Cristina Beretti», per le quali sono state arrestate nelle scorse settimane due persone, tra cui un sacerdote.