Quando il potere si fa tribù: le affollate carovane sulla Meloni Airways

(di Filippo Ceccarelli – repubblica.it) – Con Giorgia si vola, la Meloni Airways augura dunque buon viaggio a una pletora di accompagnatori attraverso cui si capisce che se in altri ambiti è finita la pacchia, in quello del trasbordo aeroportuale e della densità delle comitive è iniziata la cuccagna.

Perché sì, certo, i giornalisti sono scocciatori spesso surreali e maligni, specie quelli radical chic con il ditino alzato e moralizzatore, però diamine, vorrà pure dire qualcosa che l’attuale premier in pochi mesi ha polverizzato tutti i precedenti record di viaggi “in branco”, staff, collaboratori, assistenti, parenti di qua e di là per il mondo, ora una missione di Stato, e va bene, ora per degnamente onorare l’arresto del superlatitante, ora trascinandosi appresso un intero Consiglio dei ministri; e s’immagina l’energia, il tempo e i quattrini spesi per quella tarda passerella pseudo-espiatoria, ma poi tocca aggiungere il blitz per raggiungere in tempo il compleanno a sorpresa del vicepresidente del Consiglio; e una volta lì, tra emulsione di prezzemolo e palloncini ectoplasmici, marito, figlia e Angelucci, aderire al più istituzionale dei karaoke. Tutto questo mai da sola o col minimo dello staff, no, c’è sempre qualcuno che si ‘accolla’, dicono a Roma, auto blindate, sirene, stridio di pneumatici, il classico vistoso codazzo caciarone declinante verso la caricatura: un po’ per indiscutibili esigenze di sicurezza, beninteso, un po’ magari per ritrovarsi attorno facce amiche e sentirsi umanamente sostenuta – anche se poi fra qualche mese ci scapperà l’intervista intimista o la video-confessione sulla solitudine del potere.

Intanto: volare oh oh, in affollata carovana. Sono più di trent’anni che nelle orecchie degli italiani risuona questa melodia, un’intera generazione di giornalisti ha scritto e riscritto lo stesso pezzo con giuliva e sgomenta rassegnazione aggiornandolo ai potenti di turno: Craxi in Cina “con i suoi cari”, come dixit Andreotti (al ritorno il volo fu esteso a Macao e quindi in India per un saluto al fratello santone del premier); De Mita con sparring-partner di tresette in Usa e casse di vino avellinese in Urss; De Michelis che a un certo punto gli era presa con i capodanni esotici e in gruppo se la filava ad Hanoi, a Pechino…

Perché Meloni, modello di underdog planata in classe exclusive-plus, lo sa benissimo che aerei ed elicotteri sono inconfondibili segni di status, ascese al cielo conseguite senza fare la fila, senza aprire le valigie, senza doversi levare scarpe e cinture, senza ritardi, misteri, angherie. Dice: lascia perdere il passato, ma nulla più del passato spiega che ci cascano tutti, vecchi e giovani governanti, maschi e femmine, virtuosi del privilegio ed esuli in patria. L’aeroplanuccio comodo che li porta subito dove è necessario ha il potere di unificare, livellare e omologare la classe politica nei suoi peccati veniali: la fiera degli arrosticini di Remo Gaspari, il Gran Premio di Formula 1 per Mastella e Rutelli, la Sardegna d’estate di Casellati.

Se governare è una faticaccia, e per una mamma ancora di più, beh, che almeno sia garantita una rapida e affollata mobilità, se del caso “a gratise”. Renzi, che su queste faccende ha la delicatezza di un rinoceronte, insieme al “Renzicottero” fece addirittura comprare allo Stato un maxi Boeing, Pontassieve Air Force, peraltro utilizzato una sola volta o due. Con Berlusconi, che nelle missioni in Canada e Sudameria pretese di imbarcare una signorina poi identificata, nomen omen, come “la Dama Bianca”, ecco, con tale effervescente pretesa si chiuderebbe il provvisorio repertorio dei viaggetti meritevoli di ricordo a futura memoria.

Per aggiungere tuttavia, tornando a Meloni e alle eloquenti cifre riportate ieri su Repubblica da Antonio Fraschilla, che l’alto quoziente di addetti e le relative spese per biglietti, vitto e alloggio mostrano anche qualcosina di regressivo che ha a che fare con la tribalizzazione del potere, il suo accentuato rinserrarsi in compagnie chiuse come autentici clan – si chiamino cerchi, gigli, raggi o tortelli magici. In qualche modo è l’Italia di sempre che ritorna o non se n’è mai andata: consiglieri, confidenti, sorelle, cognati, creature, bambinaie. Saperlo non cambia molto, però in fondo sì.

Voli di Stato, Tajani e Crosetto al top. E per Nordio tappa fissa a Treviso

Voli di Stato, Tajani e Crosetto al top. E per Nordio tappa fissa a Treviso

(di Antonio Fraschilla – repubblica.it) – ROMA – I ministri del governo Meloni sembrano preferire l’aereo di Stato ai voli di linea: non solo per partecipare a incontri all’estero, ma in alcuni casi anche per trasferte in territorio nazionale. I componenti del governo Meloni, con la presidente stessa che nei suoi viaggi si è portata al seguito le delegazioni più corpose e con molti esterni, nei primi tre mesi del loro incarico hanno utilizzato voli di Stato 39 volte: nello stesso iniziale arco di tempo più dei componenti dei governi Draghi, Conte II, Conte I e Renzi. Meno solo dei ministri del governo Gentiloni.

Per fare un raffronto, nei primi tre mesi del governo Draghi i voli di Stato dei ministri sono stati 20, nel governo Conte II 25, nel Conte I 11 e nel governo Renzi 15. Fuori quota solo il governo Gentiloni: nei primi tre mesi i suoi ministri hanno utilizzato 65 volte l’aereo di Stato e spesso anche per tratte nazionali ben coperte da aerei di linea.

Tornando al governo Meloni, la classifica dei ministri che hanno utilizzato di più aerei della flotta statale vede in testa il titolare degli Esteri Antonio Tajani (12 volte), seguito dal collega della Difesa Guido Crosetto (7) e poi dal ministro della Giustizia Carlo Nordio insieme a quello degli Interni Matteo Piantedosi (5 entrambi). E, ancora, segue il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto (4), quello dello Sviluppo economico Adolfo Urso (3) e poi i ministri Paolo Zangrillo, Matteo Salvini ed Elvira Calderone con un volo a testa da novembre a gennaio scorso.

Non mancano le curiosità. A esempio il ministro Nordio nei suoi voli anche all’estero fa quasi sempre scalo nell’aeroporto della sua città, Treviso. In due occasioni ha utilizzato voli di Stato per tratte interne: il 12 novembre per andare a Palermo alla cerimonia d’intitolazione a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino dell’aula bunker dell’Ucciardone e il 15 novembre per andare a Catanzaro (atterrando a Lamezia Terme) per partecipare all’inaugurazione della nuova sede della procura guidata da Nicola Gratteri: nel primo volo atterra a Treviso al ritorno, nel secondo parte invece da Treviso. Dal ministero della Giustizia sottolineano che il ministro ha avuto innalzati tutti i protocolli di sicurezza per la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito. Anche se non mancano comunque i voli di linea per Lamezia e Palermo. Come anche per Bari: il 4 novembre per la giornata dell’Unità nazionale il ministro della Difesa Crosetto ha utilizzato un volo di Stato per andare nel capoluogo pugliese. Mentre il ministro pugliese Raffaele Fitto il 21 novembre è partito con un volo di Stato da Brindisi per andare a Berlino e incontrare la ministra tedesca per gli Affari europei e il clima Anna Luhrmann. Davvero esigenze di Stato e sicurezza per voli anche interni o per destinazioni di capitali europee come Parigi, Berlino o Bruxelles molto coperte da voli di linea?

Di sicuro sarà difficile arrivare ad alcuni record passati, come quelli di ministri del governo Gentiloni: in quei mesi l’ex ministro Angelino Alfano ha utilizzato undici volte l’aereo di Stato anche per partire o atterrare a Palermo o Trapani. Ma il segnale del governo Meloni è che forse si può tornare ai quei bei tempi. E dopo l’articolo di Repubblica sulle ampie delegazioni al seguito di Meloni, Alleanza verdi e sinistra annuncia una interrogazione con Nicola Fratoianni: “La destra che ha vinto le elezioni non è diventata padrona delle istituzioni”.