Regione Calabria, il grande affare dei “distacchi” nelle strutture di assessori e consiglieri

E intanto il cittadino fesso paga:
Io non so se ci siano dipendenti regionali buoni o cattivi
So che ci sono quelli distaccati nelle strutture politiche et similia
E so anche, da documenti in mio possesso, che alcuni (parecchi) dopo le diffide all’ente, vogliono procedere ad adire le vie legali contro altri loro colleghi, presunti furbetti della scheda di valutazione della Peo, e i loro protettori
Di seguito tutti i dati della mini-inchiesta⤵️

Fonte: L’Irriverente, il blog di Danilo Colacino

Entrare a far parte di una cosiddetta struttura regionale di un rappresentante politico di Giunta o Consiglio, ovvero di un alto dirigente, soprattutto oggigiorno è un po’ come fare un terno secco al lotto. Lo sanno anche le pietre ormai ed è quindi una “non notizia”. È del resto il motivo per cui c’è chi si vende anche la madre di notte pur di potervi accedere. In particolare, se già opera all’interno della Pubblica amministrazione in qualità di dipendente, poiché in quel caso i vantaggi per il diretto interessato diventano doppi. Anzi tripli: vedasi busta paga. Ma fin qui, nulla quaestio, considerato come la legge lo permetta. Il problema sorge invece se lavori appunto nella Regione stessa e partecipi, sembra in modo indebito, a quella che viene definita la Progressione economica orizzontale (Peo).

Ricevere uno stipendio base e un’indennità mensile aggiuntiva, in alcuni casi anche pari o superiore a 2mila euro, ad alcuni dipendenti regionali “distaccati” nelle cosiddette strutture di assessori, consiglieri e compagnia bella, sembra non bastare, dal momento che pare proprio vogliano entrare subito in lizza anche per la citata Peo. Ma di cosa si tratta? Semplice: di scatti (definiamoli così) – nello stipendio pari anche a circa 90 euro mensili (che diventano fissi una volta assegnati e dunque non più legati a una prestazione da ripetere in futuro tipo il famoso straordinario), tuttavia conseguibili solo in rapporto alla partecipazione a bandi interni emanati dalla Regione e regolati dai Contratti collettivi nazionali del Lavoro (Ccnl) a patto che si siano centrati gli obiettivi professionali fissati dall’ente e presenti nel piano della performance poi assegnati al personale (parametro quest’ultimo fissato nella quota dell’80%) e calcolando la somma degli anni di permanenza nella categoria economica posseduta al momento (20%). Non altro, in pratica. Ecco perché quanto sta invece accadendo necessita di accertamenti certosini per escludere o al contrario appurare – come s’ipotizza – palesi e ingiustificabili violazioni. Sembra infatti che qui sia entrata in gioco quella da me ribattezzata: la “scheda ballerina”.

Si presume una sorta di autovalutazione (forse poi avallata dai dirigenti di Settore responsabili, ma in tal caso senza che sia noto su quali presupposti) operata da pressoché la totalità (rare le eccezioni in merito) dei dipendenti i quali prestavano servizio nelle strutture ausiliarie e/o tecniche (strutture, si badi bene, fuori dal piano della performance dell’ente e a cui nessun obiettivo era stato assegnato, quindi conseguentemente prive di prestazioni da raggiungere nel periodo di riferimento), con tanto di punteggi massimi assegnati da loro stessi (?) come ovvio in tutte le voci. Un escamotage che se effettivamente perpetrato sarebbe stato utile a beffare i colleghi (i quali hanno invece dovuto soggiacere alla regola dello scarto quadratico medio, meccanismo tecnico su cui qui sorvoliamo), in vari casi persino scavalcati in graduatoria, al contrario impegnati nelle loro mansioni quotidiane per l’ottenimento degli obiettivi dipartimentali.

Emblematica, a riguardo, la situazione del personale dei Centri per l’Impiego che dopo la riforma renziana si è ritrovato a essere regionale, dopo l’inquadramento provinciale per lunghissimo tempo, soltanto a partire dal 2018. Eppure, ecco asseritamente comparire come per magia le sue unità nella graduatoria Peo 2019 con tanto di valutazione per il periodo ’15-’17, malgrado lavorassero in un altro ente salvo avere una scheda il cui “valutatore” risulta essere un dirigente della Regione! Circostanza singolare, o almeno da chiarire, risultando complicato comprendere come il medesimo dirigente abbia potuto accertare l’attività prestata dai soggetti in questione in enti diversi. Senza dimenticare come fosse indispensabile pure rendersi conto se gli obiettivi da raggiungere fossero mai stati assegnati da questi enti.Non un dettaglio.

Malgrado ciò, in base ai documenti redatti su tali dipendenti, la loro struttura di appartenenza avrebbe raggiunto il 100% in quanto a performance organizzativa. Peccato, però, per quel “piccolo particolare” che non fa quadrare le cose: non vi è traccia delle stesse strutture nel piano della performance e il relativo personale non ha lavorato per la Regione fino a tutto il 2017. Ma ancor più incredibile risulta essere il punteggio assegnato ai dipendenti nella “scheda di valutazione” sul raggiungimento degli obiettivi individuali: anche in questo caso il 100% di prestazioni mai sancite e assegnate, asserzione facilmente riscontrabile peraltro!

Alla luce di quanto fin qui detto, non è pertanto difficile capire il motivo per cui le schede siano da considerarsi… ballerine. E come non si potesse in alcun modo certificare un’attività professionale, diciamo così, “ora per allora”. Parola anche del dg Bruno Zito che lo ha anche messo “nero su bianco” (nota n. 5747 del 9 gennaio 2020 in mio possesso), bocciando con una circolare un modus operandi a suo avviso illegittimo. Spiace, tuttavia constatare, che sembra come “a voce” tale autorevole e in apparenza vincolante pronunciamento sia stato disatteso e la scorsa estate la graduatoria con dentro tutti i nomi dei “gratificati”, inclusi quanti neanche avrebbero dovuto e potuto partecipare al bando, sia spuntata fuori comunque. Una beffa atroce, l’ho premesso, oltreché un serio danno arrecato a chi – da avente diritto allo “scatto” – si sarebbe ritrovato fregato da un possibile furbetto della…schedina.

È il motivo per cui sarebbero già partite le prime diffide a non dar corso a una simile procedura, apparentemente viziata. Atti recanti la riserva, in caso di mancato intervento correttivo da parte dell’ente regionale, di adire le vie legali, interessando la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti anche per l’eventuale configurazione di un danno erariale e patrimoniale in capo ai dirigenti artefici delle valutazioni “postume” del tutto irregolari.