Rende, sesso al Parco Robinson: i carabinieri hanno utilizzato una videocamera nascosta nella divisa

A Cosenza non si parla d’altro ormai da giovedì scorso. Eppure Occhiuto continua a sparare cazzate, è tornato il “figliol prodigo” Tutino, è stata annunciato un film sulla storia di Roberta Lanzino. Niente da fare. Nulla può avvicinarsi neanche lontanamente al “caso Parco Robinson”. Se ne discute animatamente in ogni angolo della città nonostante tutti i giornali di regime (di carta e online, senza differenza) stiano accuratamente evitando la “notizia”, prostrati come sono a 90 gradi nella difesa (indifendibile, scusate il bisticcio di parole) dell’Arma dei carabinieri, che ne esce con le ossa rotte e non riesce proprio ad avere dignità nell’ammettere un abuso di potere grande quanto la fiamma che portano sul berretto.

Ogni giorno ormai emergono nuovi particolari che rendono aberrante il comportamento dei due carabinieri che sono intervenuti al Parco Robinson per mettere fine allo “spettacolo” della coppia che faceva sesso sotto un albero all’una e mezza del pomeriggio.

Non è un mistero che Iacchite’ sta attivamente cercando i carabinieri responsabili della pubblicazione del video girato nel momento in cui i due amanti sono stati scoperti e finora tutti eravamo praticamente certi che i carabinieri avessero usato il fatidico smartphone a mo’ di pistola per “immortalare” il tutto. E invece non è andata esattamente così.  I carabinieri non avevano uno smartphone in mano ma hanno girato il video con una telecamera nascosta nella divisa e questo spiega la reazione rassegnata della coppia, che si vede scoperta ma ancora non sa di essere stata ripresa né tantomeno cerca di fermare il “filmino”, semplicemente perché non sa che quei mattacchioni dei carabinieri li stanno riprendendo.

Il Comando Generale dell’Arma dei carabinieri ha autorizzato ormai da tempo l’utilizzo tecnico di sistemi di videoripresa portatili il cui uso può essere ricondotto alle già consolidate forme di “documentazione dell’attività di polizia giudiziaria” previste dal codice di procedura penale. “L’uso di queste videocamere – si leggeva nelle notizie diffuse qualche tempo fa per giustificare la novità – sarà strumento di uso facoltativo utile a documentare l’adempimento delle funzioni di polizia giudiziaria in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta diretta verso il personale operante o verso terzi”.

I dispositivi sono individuati sulla base di determinate caratteristiche tecniche come dimensioni, peso, risoluzione delle immagini, autonomia di registrazione, capacità di memoria interna e di compatibilità nell’essere integrati nell’uniforme e con le specifiche modalità di utilizzo.I dispositivi sono stati assegnati all’inizio in dotazione ai Nuclei radiomobili di Roma, Torino e Bari ma poi sono stati forniti in tutta Italia. Consegnati ad inizio turno ai Capi equipaggio che dovranno fissarli sull’uniforme con appositi ancoraggi oppure dentro la divisa come fanno i detective.

L’Arma spiegava anche che “… i dispositivi potranno essere attivati per documentare condotte suscettibili di rilevanza penale, comprese eventuali violenze nei confronti dei militari o terzi. L’Arma dei carabinieri, per il tramite della Direzione di Commissariato, dopo gli esiti della sperimentazione ha provveduto a realizzare un idoneo supporto che permetta l’applicazione dei dispositivi sulle varie tipologie di uniformi e anche all’interno… “.

Insomma, il Capo equipaggio di nome Salvatore, appena ricevuta la notizia che ci sono due amanti che fanno sesso in pieno giorno, attiva la videocamera nascosta e interviene filmando tutto all’insaputa dei due amanti. Eppure non si sta consumando nessuna violenza e men che meno Salvatore e il suo collega stanno rischiando di essere presi a pugni o di essere aggrediti.

L’Arma spiegava che “… la necessità di avere questi supporti documentali video inizia ad essere una necessità a tutela dello stesso personale operante”.E aggiungeva che “… ora di tutta questa sperimentazione se ne interesserà il garante della privacy…”. Eh sì, crediamo proprio che se ne interesserà il garante della privacy ma in questo caso solo per certificare un abuso di potere che non ha precedenti nel nostro Paese e che – in un Paese normale e civile – sarebbe già dovuto diventare un caso nazionale.