Roma, usura ed estorsioni: Rango “recuperava” i soldi per la ‘ndrangheta

Maurizio Rango

C’e’ anche l’ombra del boss di camorra Michele Senese nella maxioperazione che dall’alba di oggi ha portato all’arresto di 17 persone e al sequestro di beni per 16,5 milioni di euro a Roma, da parte dei Finanzieri del Comando Provinciale.

I reati contestati sono associazione a delinquere, usura, estorsione, abusivismo finanziario, reimpiego di capitali illeciti, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e accesso abusivo a sistemi informatici. In molti casi le condotte risultano aggravate dal metodo mafioso, considerata la forza intimidatrice esercitata e lo stato di assoggettamento (spesso degenerato in terrore) provocato nelle vittime. Terrore che veniva indotto anche “spendendo” il nome del boss Senese, con il quale i membri dell’organizzazione criminale vantavano uno stretto legame.

Michele Senese

Le indagini, condotte dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale, hanno avuto inizio nel 2013, a seguito della denuncia sporta dalla vittima di reiterate estorsioni, connesse a prestiti usurari. In tale contesto, è emerso fin da subito l’illecito rapporto tra un affermato imprenditore romano e due pluripregiudicati di origine campana, da tempo trasferitisi a Roma: un vero e proprio sodalizio criminale contiguo con ambienti malavitosi di stampo camorristico e ‘ndraghetista.

In particolare, Francesco Sirica detto “Franco o’ pazz” e Luigi Buonocore, nonché l’imprenditore romano Alessandro Presutti – attivamente coadiuvati da Alessandro De Palma, Carmine Buonocore (fratello di Luigi), Domenico Sirica (padre di Francesco), Mirko Calì e Ilenia Tempesta (ex moglie del Presutti) erano gli esattori dello strozzinaggio, applicando classiche minacce di tipo mafioso: “…Ci devono pagare lo strozzo….omissis… sto aspettando… omissis… mi metto sulla moto e lo butto di sotto! ….omissis… tocca ammazzarlo!””.

Le intercettazioni hanno consentito di documentare, infatti, che Presutti si rivolgeva a soggetti dall’elevato spessore criminale per il recupero dei crediti vantati ed ancora non riscossi, tra cui il boss Maurizio Rango, reggente della cosca di ‘ndrangheta Rango-Zingari di Cosenza ed attualmente in carcere per associazione mafiosa, attraverso cui reclutare anche un presunto killer di ‘ndrangheta, sicuramente più “convincente” in ipotesi di ulteriori ritardi nei pagamenti.

Decine le vittime degli usurai, costretti a fronte di ingenti prestiti di denaro contante a corrispondere tassi di interesse mensili fino al 20%, subendo, in caso di inadempimento, gravi minacce, intimidazioni e ritorsioni anche con il ricorso alla violenza (le indagini hanno documentato, tra l’altro, un caso di accoltellamento).