Salvini, Putin e i cazzoni americani

Pensava di fare fesso Trump, giocando su più tavoli. Pensava, dopo il viaggio a Washington, di aver sistemato ogni cosa. Pensava di aver convinto i cazzoni americani di stare dalla loro parte, accreditandosi come l’unico “tramite” possibile tra “oriente” e “occidente”. Pensava di aver convinto Trump a starsene zitto e buono, con la finta promessa che nulla sarebbe cambiato nei rapporti politici tra l’Italia e l’America. Pensava di aver raggiunto il suo scopo: attirare Trump dritto dentro ad un tranello, così come gli aveva ordinato il suo amico Putin: fare il finto amico degli americani, per tenerli a bada e buoni, e nel mentre lavorare, sottobanco, al consolidamento dei rapporti tra Russia e Italia e molti altri paesi europei che non gradiscono le “intrusioni americane” negli affari europei. Il tutto per ridimensionare il ruolo degli americani e della Nato in Europa. Un piano che Putin aveva studiato bene, ma che non ha tenuto conto della minchionaggine di Salvini, sgamato dopo 3 millesimi di secondi da Trump. Che gli ha fatto credere di aver abboccato, sapendo già tutto degli accordi sottobanco tra Putin e Salvini. Compresi quelli di natura economica che non ha tardato a tirar fuori, attraverso l’agenzia di stampa BuzzFeed con sede a New York, per far capire a Salvini e a Putin che se le cose stanno così, o meglio se è il gioco sporco che cercano allora lo sputtanamento dell’affare della vendita del petrolio russo all’Eni, con annessa bustarella (di 65 milioni di euro) per Salvini, è solo l’inizio di un lungo racconto di intrallazzi tra la Lega e il sottobosco politico (in capo a Putin) russo. Se è un ritorno alla guerra fredda che vogliono, per Trump non ci sono problemi.

Quello che non ha pensato Salvini in tutto questo, perché si crede intelligente, è che in Italia, dal 1946 in poi, per governare il nostro paese, non basta il voto popolare, ma serve anche l’approvazione degli Stati Uniti d’America. Pensava, Salvini, di essere più intelligente di Moro e Berlinguer, autori nel lontano 1977 del famoso “compromesso storico”.

Il messaggio di Trump è chiaro: se gli italiani non sono capaci di sbattere fuori personaggi ambigui come Salvini, che tramano alle sue spalle, ci penserà lui con i suoi servizi segreti a far arrivare all’attenzione dell’opionione pubblica tutti gli intrighi di cui è responsabile. E sono talmente tanti da far sgonfiare il mito che si è creato in questo ultimo anno, in pochi minuti. Ecco perché Salvini bassa la testa e non risponde sul denaro russo. Ha capito di aver fatto incazzare Trump. E Trump non è Zingaretti. E rimediare è quasi impossibile. Questo potrebbe essere l’inizio della sua fine.

Una cosa è certa: pensare unnè cazzu du sua. L’unico pensiero che può formulare Salvini è quello di non pensare. O al limite pensare di andarsene definitivamente affanculo.