San Demetrio Corone, ciao Angelo “Bettega”

Lo conoscevano tutti e per quelli della mia generazione, né troppo giovani, né troppo vecchi, era il top player, l’uomo in più, quello che faceva la differenza in campo, perché rispetto agli altri, a tutti gli altri, lui sapeva davvero giocare al calcio.

Quella che stava giocando è stata una partita difficile; ma non l’aveva voluta lui, né l’aveva cercata, l’aveva soltanto subita, per colpa di una legge forte con i deboli e debole con i forti; lui le partite difficili non le aveva mai sbagliate, anzi, spesso le aveva risolte, anche entrando negli ultimi minuti, segnando un gol come solo lui sapeva fare; questa volta, però, non ce l’ha fatta; era ferito, stanco, nonostante l’affetto dei suoi cari, di Gennaro, il Mister, come anche lui lo chiamava, le scarpette le voleva davvero appendere al chiodo; stamattina l’intera comunità è rimasta attonita nell’apprendere la notizia della sua prematura dipartita: Angelo De Cicco, alias “Bettega”, come tutti lo conoscevano in paese, ci ha lasciati, aveva  61 anni.

Il suo nome ci porta lontano, ma non troppo; non erano gli anni 50, quelli epici, ormai leggendari, della Sandemetrese, bensì gli anni 70 e questo ragazzone biondo, dai piedi buoni e con un gran colpo di testa, faceva impazzire le difese delle squadre di tutta la Calabria a suon di dribbling e di gol, che puntualmente arrivavano ogni domenica e facevano vincere la nostra squadra: sandemè cià, cià, cià, si urlava al Comunale, tra grossi tamburi e bandiere granata; ma non c’era internet, neanche facebook; non c’erano nemmeno i telefonini e se volevi vedere la partita, se volevi fare il tifo per i tuoi beniamini, dovevi andare al campo; ed il vecchio comunale era pieno di bandiere, era pieno di gente reale, che si incontrava e si salutava, che si scontrava sulle cose più strane; al campo incontravi la fidanzata, incontravi i tuoi amici; al campo incontravi Renato, che quando iniziava la partita stava al centro degli spalti, per poi rincorrere l’azione, quasi a stare tra i piedi degli attaccanti, con il corpo o solo con il capo e con la sua immancabile radiolina sulle spalle, sino alla bandierina del calcio d’angolo, avanti e indietro, avanti e indietro; ma al campo, o in via del campo, ci andavi sperando di imbatterti in quella che credevi potesse diventasse la ragazza della tua vita.

Non sono passati molti anni, ma era davvero un’altra epoca, intrisa di storie, di accadimenti; ecco, Angelo De Cicco è stato uno dei protagonisti di quel periodo, in quell’ambito; se un giorno qualcuno scriverà la storia della Sandemetrese, il suo nome troverà il posto che merita, il più forte di tutti, il più bravo.

Anche a quelli come me, che non amavano tanto il calcio, era simpatico; sarà stato per il modo di atteggiarsi in campo, per come riusciva ad emulare i giocatori veri, come quel Roberto  Bettega, il numero 11 della Juve, cui somigliava davvero per i dribbling, per l’eleganza nel movimento, per il colpo di testa, chissà; qualche volta, se lo stuzzicavi, te lo diceva, avendo accarezzato il calcio che conta, quello che avrebbe davvero potuto cambiargli la vita, che a lui, molti di loro, di quei tanti giocatori veri, avrebbero potuto pulirgli le scarpe.

La sua carriera agonistica è stata lunga e piena di successi: anche lontano dagli spalti del vecchio comunale fece gioire i tifosi, lo ricordano e lo rimpiangono ad Acri, a Corigliano, a Terranova, in tutte le squadre dove ha giocato.

Domani, probabilmente, al suo funerale, ci saranno tante bandiere granata, tante maglie granata, magari si penserà ad uno striscione da portare domenica in campo, magari un minuto di raccoglimento, magari sarà ritirata la sua magia, ma questa è un’altra storia.

Ciao campione, sei stato il più forte giocatore della Sandemetrese, io la ricordo la tua ultima partita ufficiale, ricordo il tuo ultimo goal in quella partita, ricordo l’esultanza, ed anche quando, prima della fine della partita, cinque minuti prima, come accade ai grandi campioni, a quelli che giocano a San Siro o all’Olimpico, chiedesti di uscire per la standing ovation e lanciasti la tua maglietta ai tifosi; mi colpì tanto questo gesto, tanto che scrissi un articolo sul giornale.

Domani, probabilmente, al tuo funerale ci sarà tanta gente. Ciao campione.

San Demetrio Corone 9/02/2019

Adriano D’Amico